U.S.A. “Cacciateli via”: La protesta degli studenti contro la NRA

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Trovate qui di seguito in traduzione un articolo del “Guardian” sulla protesta degli studenti statunitensi contro la NRA. Crediamo che questa grande iniziativa non abbia ricevuto tutta l’attenzione che meritava, e per questo proponiamo alla vostra attenzione questa cronaca. Naturalmente sappiamo che un settore del partito democratico ha sostenuto l’iniziativa sperando di trarne un tornaconto elettorale, e che questo rischia di mettere un’ipoteca sul futuro del movimento, ma i protagonisti di questa mobilitazione solo stati altri. Per verificarlo invitiamo a vedere i video relativi alla manifestazione – ci sono in rete.

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Stati Uniti. “Marcia per le nostre vite”: in centinaia di migliaia scendono in strada contro la lobby pro NRA.

Oliver Laughland, The Guardian, 24 Marzo 2018

Migliaia di persone si sono riunite a Washington DC e in altre città americane sabato, per manifestare chiaramente le proprie proposte per la riforma delle leggi sulle armi da fuoco.

Per 5 minuti e 25 secondi Emma Gonzales (di origine cubana), 18 anni, ha mantenuto una folla di centinaia di migliaia di persone in un silenzio quasi totale. Con il volto rigato di lacrime, a occhi chiusi, l’immobilità di questa adolescente racconta la propria storia.

Pochi istanti prima aveva pronunciato il nome di ognuno dei suoi compagni di classe e degli insegnanti ammazzati cinque settimane fa. Quando ha rotto il silenzio, Gonzales stava sul palco da sei minuti e venti secondi, lo stesso lasso di tempo impiegato da un individuo armato per sopprimere 17 vite nella sua scuola, la Marjory Stoneman Douglas High, a Parkland, in Florida.

“Nessuno poteva comprendere le conseguenze devastatrici, né come tutto ciò sarebbe andato a finire, nè a cosa avrebbe portato” ha dichiarato. “Per coloro che non possono mai capire, perchè si rifiutano di farlo, vi dirò a cosa ha portato tutto ciò: a una fossa profonda due metri”.

Il fatto che una adolescente sconosciuta abbia potuto in poco più di un mese arrivare a imporre un silenzio così pieno di rispetto e indurre ad una introspezione così profonda una manifestazione di questa portata mostra fino a che punto il movimento diretto dagli studenti e dalle studentesse per rispondere al massacro di Parkland sia divenuto imponente.

Manifestanti da tutti gli Stati Uniti avevano riempito la Pennsylvania Avenue da cima a fondo (é la strada che unisce la Casa Bianca al palazzo del Congresso), dilagando nelle vie laterali e portando cartelli che denunciavano la violenza armata endemica, l’inettitudine dei politici e i movimenti estremisti di difesa del diritto all’uso delle armi da fuoco che li tengono sotto scacco, per paura della perdita di consensi sul piano elettorale.

Gli studenti di Parkland, uno alla volta, sono saliti sul palco per fare una serie di discorsi combattivi e carichi di emozione rivolti alla folla che riempiva la strada.

“Se i politici inviano pensieri e preghiere, noi diciamo: ora basta!” ha dichiarato David Hohh, 17 anni. “dico ai politici: Preparate i vostri CV (curriculum vitae), per provare la vostra posizione e il vostro voto!”

“Benvenuti nella rivoluzione”, ha dichiarato Cameron Kasky, anche lui diciassettenne, “o rappresentate il popolo, o ve ne andate!”

“Abbiamo finito di nasconderci” ha detto Ryan Deitsch, 18 anni “non siamo più pieni di paura. E’ l’inizio della fine. D’ora in avanti, ci batteremo.”

La folla ha risposto a tratti con lo slogan “cacciamoli via”, e ad un certo momento, ha cantato “tanti auguri a te!” a Nicolas Dworet, uno degli studenti assassinati il 14 febbraio, che avrebbe compiuto 18 anni il 24 marzo.

Decine di migliaia di altre persone si sono riunite in città e contee degli Stati Uniti, tra cui New York, Phoenix, Atlanta, Oakland e nella stessa Parkland, con più di 800 manifestazioni organizzate in tutto il mondo.

Ma gli organizzatori di Washington hanno mirato a fare di questa manifestazione un avvenimento inclusivo, con molti discorsi appassionati pronunciati da giovani vittime della violenza armata anche in altre regioni degli Stati Uniti.

Edna Chavez, 17 anni, della Manual Arts High a sud di Los Angeles, è salita sul palco salutando a pugno chiuso. Con sicurezza e indignazione ha raccontato (in un inglese  inframmezzato da espressioni in spagnolo) come suo fratello maggiore sia stato abbattuto quand’era bambino. “Ho vissuto tutta la vita a sud di Los Angeles, e ho perduto molte persone care a causa della violenza armata. E’ normale, così normale che ho imparato a schivare le pallottole prima di imparare a leggere”, ha detto chiedendo alla folla di scandire il nome di suo fratello: Ricardo. “Era un giorno come tutti gli altri. Il sole scendeva sul centro-sud. Sentiamo i colpi pensando che fossero fuochi d’artificio. Non erano petardi. Vedi la melanina della pelle di tuo fratello diventare grigia”. Naomi Walder, (giovane allieva nera) di Alessandria, in Virginia, ha parlato con una semplicità e un’eloquenza molto superiore ai suoi 11 anni. Walder ha detto ai manifestanti che era lì per “riconoscere le ragazze afro-americane le cui storie non occupano le prime pagine dei giornali nazionali, le cui storie non occupano le prime pagine dei giornali della sera. Le donne afro-americane che sono ridotte a semplici statistiche, mentre sono ragazze belle e vibranti, piene di potenziale”.

Anche alcuni ragazzi di Chicago e di New York, e alcune vittime dei massacri di Sandy Hook hanno preso la parola.

“Sono qui per parlare a nome dei giovani di Chicago che hanno l’impressione che la loro voce sia stata soffocata da troppo tempo” ha dichiarato Trevon Bosley, 19 anni. “E sono qui per parlare a nome di tutti quelli che credono che l’assassinio di un bambino, ucciso da una pallottola, a Chicago o in qualunque altra città, sia sempre inaccettabile”.

Non è solo Emma Gonzales ad aver osservato il silenzio il giorno in cui centinaia di migliaia di persone si sono radunate a Washington. Donald Trump, che ha passato il fine settimana nel suo club a Mar-a-Lago, nel sud della Florida, non ha rilasciato alcun commento o tweet sui manifestanti. La Casa Bianca si è limitata a pubblicare una breve dichiarazione prima dell’inizio della manifestazione, limitandosi ad applaudire i “giovani americani coraggiosi che esercitano i diritti previsti dal primo emendamento”, il diritto alla libertà di espressione.

Trump, che era sembrato pronto a rispondere ad alcune richieste di controllo delle armi da fuoco dopo la tragedia di Parkland, si è poi tirato indietro sotto la pressione del NRA (National Rifle Association). Il presidente ha invece spinto gli insegnanti a dotarsi di armi da fuoco per respingere gli aggressori. Proposta che è stata a più riprese respinta dalle persone riunite a Washington.

“Armare gli insegnanti non funzionerà”, ha affermato Edna Chavez, 17 anni. “Più polizia nelle nostre scuole non funziona. La politica di tolleranza zero non funziona. Ci fanno sentire dei criminali. Dovremmo sentirci appoggiati e responsabilizzati nelle nostre scuole”.

Alla fine della manifestazione, i manifestanti si sono dispersi nelle strade del centro di Washington, scandendo sempre quello che è diventato uno dei temi principali della manifestazione, un tema capace di rendere nervosi gli eletti in Campidoglio: “Cacciateli via!”

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