La guerra nello Yemen, Kashoggi e i crimini dell’Italia, a supporto di Arabia saudita e Stati Uniti

Pubblichiamo qui un articolo di O. Hassan ripreso da “Alencontre” nel quale si dà conto, molto in breve, della devastazione portata in questo paese dalla guerra scatenata dall’Arabia saudita nel marzo 2015 contro una ribellione popolare che non è circoscritta alle sole popolazioni Houthi – e che è nata nella scia della grande sollevazione di massa (qui definita, impropriamente, “rivoluzione”) avvenuta in questo paese nel 2011, sull’onda delle sollevazioni tunisina ed egiziana. Abbiamo voluto sottolineare questo passaggio tratto da un rapporto internazionale: circa 14 milioni di persone rischiano di morire di fame. È la peggiore carestia al mondo da oltre 100 anni. Sedici milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile e 22 milioni di persone, il 75% della popolazione, dipendono dagli aiuti esterni. L’abbiamo fatto perché mostra quanto l’aggressione saudita e occidentale, che ha fatto finora decine di migliaia di morti essenzialmente tra i civili, abbia i caratteri di un’azione terroristica, di terrorismo di stato capitalista-imperialista, che non recede dinanzi all’approssimarsi di un vero e proprio genocidio.

Se gli Stati Uniti hanno di recente proposto una tregua, è esclusivamente perché si sono convinti che la guerra a terra è persa (lo Yemen è il Vietnam del regno saudita, dicono in molti), e sperano di poter riprendere influenza nel paese attraverso i mezzi diplomatici ed economici. L’efferato omicidio di Kashoggi, come ha rivelato il Daily Express alcuni giorni fa, ha molto a che vedere con questa guerra, poiché questo giornalista stava per rendere pubbliche le notizie in suo possesso sull’ampio uso di armi chimiche contro le popolazioni yemenite da parte dell’aviazione saudita. Una rivelazione che avrebbe messo in difficoltà, evidentemente, non solo la sanguinaria famiglia regnante e il suo rampollo favorito, ma anche i soprastanti occidentali che li guidano (Stati Uniti e Gran Bretagna in testa), e che nel caso della Siria hanno indossato la ripugnante maschera di protettori delle popolazioni massacrate da Assad e dai suoi amici proprio, tra l’altro, dall’uso delle armi chimiche.

Come si nota nell’articolo, però, anche Francia, Svizzera, Australia sono implicate a pieno nel sostegno bellico al regno saudita, pilastro della dominazione imperialista nel Golfo al pari dello stato di Israele.

E l’Italia? Come scrive G. Bongiovanni sul sito antimafiaduemila, nella guerra dello Yemen “gli assassini criminali sono anche italiani“. L’Italia, infatti, fornisce alla satrapia saudita sia bombe che armi leggere, oltre che il suo pieno appoggio diplomatico. E di sicuro tra gli impianti bellici italiani coinvolti ci sono quelli della Rmw Italia, appartenente al gruppo tedesco Rheinmetall Defence. Quale Italia? Quella del Pd del trio Renzi-Pinotti-Mogherini soltanto? No, anche l’Italia di Lega e Cinquestelle, ovviamente. Interrogata, la ministra della Difesa Trenta, imprenditrice/reclutatrice di milizie private, ha assicurato che controllerà “la regolarità del contratto tra Rmw Italia e i sauditi”… Cinica buffonata in perfetto stile grillino. Assassini sì, ma con tanto di regolare contratto.

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Yemen – Arabia Saudita: “Lo Yemen non esiste più”. La sua popolazione muore
Omar Hassan, Alencontre, 30/10/2018
English Version – Red Flag, 29/10/2018

La guerra condotta dall’Arabia Saudita [regno governato dalla dinastia di famiglia Saud dal 1932; ora preso in mano dal clan del principe ereditario Mohammed bin Salman, chiamato MBS] contro lo Yemen, ha devastato un paese già paralizzato dalla povertà diffusa e da una sistematica negligenza dei suoi governanti.

Dal 25 marzo 2015 [con i preparativi fatti a partire dal 2014] l’Arabia Saudita e i suoi alleati [in parte per dare alla cosa l’aspetto politico di una coalizione: Egitto, Giordania, Sudan, Marocco e i membri del Consiglio di cooperazione di Golfo, con l’eccezione dell’Oman] hanno lanciato quello che è diventato un attacco atroce e spietato contro una popolazione indifesa – battezzato nello stile di marketing del Pentagono Tempesta decisiva e subito ridenominato Ripristinare la speranza (sic). [In questo attacco gli Stati Uniti svolgono un ruolo decisivo anche per quello che riguarda l’informazione, la gestione dei bombardamenti, la vendita di armi e l’addestramento per il loro uso]. Il loro obiettivo è sconfiggere i ribelli Houthi, che si sono rifiutati di sostenere il governo fantoccio installato dai sauditi nel 2011-2012 [Abdrabbo Mansour Hadi, ex maresciallo e vice presidente nel periodo 1995-2012, è stato formalmente eletto nuovo Presidente della Repubblica dello Yemen, a “suffragio universale”, essendo l’unico candidato, il 21 febbraio 2012; questo, in accordo con l’Arabia Saudita e le “monarchie del Golfo”, stati familiari patrimoniali].

Nonostante decine di migliaia di attacchi aerei e un estenuante blocco navale e aereo, l’Arabia saudita e i suoi alleati non sono riusciti a rimuovere i ribelli dalla capitale Sanaa. In effetti, gli Houthi controllano ancora una parte significativa del paese.

Spesso presentati cinicamente come burattini dell’Iran, gli Houthi ricevono molto meno sostegno di quanto si pensi comunemente. E il loro movimento è meno motivato dall’amore degli ayatollah di quanto lo è invece da rivendicazioni socio-economiche di vecchia data contro i diversi governi dittatoriali appoggiati dai sauditi, e dalla loro esclusione da un governo di transizione istituito dopo la rivoluzione del 2011.

Questa imbarazzante verità è stata ignorata dal regime saudita, che ha ingigantito il rischio posto da un presunto agente iraniano alle sue porte per giustificare un massiccio intervento militare. Di conseguenza, lo Yemen affronta la più grande emergenza umanitaria che ci sia oggi sul pianeta [1].

Secondo un rapporto del World Food Program, circa 14 milioni di persone rischiano di morire di fame. È la peggiore carestia al mondo da oltre 100 anni. Sedici milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile e 22 milioni di persone, il 75% della popolazione, dipendono dagli aiuti esterni.

Le Nazioni Unite stimano che oltre 3 milioni di yemeniti siano fuggiti dalle loro case, alla disperata ricerca di sicurezza. Molti vivono oggi in campi profughi improvvisati, le loro tende logore sono gli unici segni di vita in un paesaggio altrimenti inospitale.

Per costringere i ribelli Houthi alla resa, i sauditi hanno ripetutamente attaccato e chiuso il porto di Hodeida, che gestiva il 70% delle importazioni di cibo prima della guerra. Hanno cercato di intimidire le Ong per porre fine ai programmi di aiuto nelle zone dei ribelli. Quando la persuasione è fallita, hanno fatto ricorso alla violenza. Gli ospedali gestiti da Medici senza frontiere sono stati più volte bombardati.

Save the Children, un’organizzazione internazionale per la difesa dei diritti umani, stima che lo scorso anno 50.000 bambini siano morti per cause legate alla povertà. Ogni giorno 137 “paia di occhi sorridenti” si spengono, e ogni 10 minuti c’è un ultimo amaro abbraccio di famiglia.

Le divisioni sociali del paese – etniche, culturali e religiose – si trasformano in fossati con precise linee di divisione geografiche. Gli Houthi controllano le regioni settentrionali e centrali; Al-Qaeda nella penisola arabica controlla il sud-est; le forze fedeli agli Emirati Arabi Uniti controllano l’area che circonda il porto strategicamente vitale di Aden, e immaginano una secessione unilaterale dal nord.

In verità, lo “Yemen” (come entità unitaria) non esiste più. Impoverito da decenni di sotto-investimenti, corruzione della classe dirigente e attacchi neo-liberisti, il paese è stato duramente colpito dai sauditi e dai loro alleati.

Questa calamità comporta la messa in stato di accusa del cosiddetto ordine mondiale. In particolare, è un’accusa ai governi statunitense e britannico, che estendono le loro vendite militari ai sauditi, così come al governo francese [2]: un esempio della barbarie bipartisan che spesso viene in evidenza su questioni di politica estera, una politica imperialista praticata dai democratici come dai repubblicani, dai socialdemocratici come dai conservatori.

Una bomba che ha ucciso 40 bambini su uno scuolabus nell’agosto 2018 è stata quasi certamente prodotta in Texas dalla Lockheed Martin. Non contento di facilitare le uccisioni indiscriminate, l’Occidente ha fornito il suo supporto all’aggressione saudita, anche con informazioni sui possibili obiettivi da colpire, il rifornimento in volo per le campagne di bombardamento e un flusso infinito di equipaggiamento militare di fascia alta.

Un rapporto degli investigatori delle Nazioni Unite ha trovato prove di massacri, torture e stupri di civili. Tuttavia, di fronte ai fatti, il segretario alla Difesa americano Jim Mattis ha insistito sul fatto che l’uccisione di migliaia di civili yemeniti disarmati è stato un atto di autodifesa da parte della monarchia saudita e degli Emirati. Il Segretario di Stato Mike Pompeo era stato più onesto in una nota per il Congresso in cui giustificava l’intervento dell’Arabia Saudita in termini di riduzione dell’influenza dell’Iran.

Il governo australiano è stato altrettanto compiacente nella stessa direzione. All’inizio di quest’anno, il sito di notizie indipendente New Matilda ha riferito che le licenze per la vendita di materiale militare ai sauditi sono di recente quadruplicate. Christopher Pyne, ministro dell’industria militare dal 2016, ora ministro della Difesa, e altri ministri del governo si sono impegnati in colloqui di alto livello sullo sviluppo della Royal Saudi Navy. Inoltre, è stato rivelato l’anno scorso che le navi da guerra australiane stavano conducendo esercitazioni congiunte con i sauditi, cioè proprio con quella marina che sta bloccando l’aiuto disperatamente necessario a 22 milioni di civili. Per finire, un ex generale dell’esercito australiano, Mike Hindmarsh, ha diretto le forze combattenti degli Emirati (presenti nello Yemen). La sua ricompensa sarebbe uno stipendio annuo di 500.000 dollari australiani. Si può solo immaginare quali reazioni isteriche ci sarebbero se gli iraniani pagassero un simile stipendio. Ma in questo caso, in Australia non c’è stata alcuna critica o censura da parte del governo o dei principali media.

Quasi 30 milioni di yemeniti subiscono un brutale assedio militare. È giunto il momento che l’Australia e altri paesi pongano fine alle sue relazioni con il deprecabile regime saudita e il suo coinvolgimento in crimini di guerra.

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Note

[1] Secondo l’AFP del 29 ottobre 2018: “Ahmed Hassan urla di dolore nel momento in cui il medico la mette delicatamente su una bilancia per pesarla. Viso e corpo vuoti, questo bambino yemenita di pochi mesi ha fame. All’ospedale Sabaeen di Sana’a, gli infermieri preparano latte in polvere e riempiono le siringhe, razionando le porzioni somministrate ai  bambini malnutriti che arrivano per cure di emergenza. “La vita è diventata molto difficile (…) ma stiamo facendo del nostro meglio, date le circostanze”, dice Oum Tarek, il cui bambino di nove mesi viene trattato per malnutrizione. “Non siamo di qui, affittiamo una casa molto vecchia per 10’000 riyal (circa 35 euro) a Hiziaz”, a sud di Sanaa, ha dichiarato all’AFP. Il suo bambino, dice, si è ammalato perché lui non poteva più permettersi di comprare latte in polvere, data la grande quantità di soldi da versare per l’affitto della casa. All’ospedale di Sabaeen, il pediatra Charaf Nachwan dice che alcune famiglie non possono nemmeno permettersi di pagare il trasporto per arrivare alla clinica. “I loro figli sono lasciati per giorni, per settimane, a soffrire di malnutrizione, fino a quando qualcuno non li aiuta con un po’ di soldi. Ma a questo punto, ci occupiamo di casi molto gravi “, si lamenta. A volte i bambini ricoverati non sono in grado di ingoiare nulla, da quanto il loro corpo è indebolito, e vengono quindi nutriti con delle sonde. Dall’intervento nel marzo 2015 di una coalizione militare guidata dall’Arabia Saudita a sostegno del governo yemenita, il conflitto ha causato quasi 10.000 morti, ma le Ong per la difesa dei diritti umani affermano che il bilancio sarebbe in effetti cinque volte più grave, e si tratta soprattutto di civili. L’ONU ha richiesto questa settimana un “cessate il fuoco umanitario” intorno alle strutture coinvolte nella distribuzione di aiuti alimentari, ma né Ryad e i suoi alleati né i ribelli sostenuti dall’Iran sembrano aver risposto al piano. I ribelli controllano la capitale Sanaa e importanti aree nel nord e nell’ovest del paese, compresa la città di Hodeida. Quasi tre quarti degli aiuti umanitari che entrano nello Yemen transitano attraverso il suo porto. La coalizione guidata dai sauditi, che controlla lo spazio aereo nello Yemen, sta imponendo un blocco quasi totale sul porto e sull’aeroporto della capitale. Di fronte a questa situazione, il dottor Nachwan dice che lo staff medico sta facendo del suo meglio per salvare i bambini. “I casi di cui ci stiamo occupando qui in ospedale sono seri. A volte ad un passo dalla morte. Facciamo il nostro lavoro, facciamo tutto il possibile per restituire (ai bambini) la loro salute “, dice. “Alcuni ce la stanno facendo. Altri stanno morendo”. (Nota di Alencontre)

[2] L’NZZ (Neue Zürcher Zeitung, giornale svizzero) del 27 ottobre 2018 ha evidenziato che dal 2013 al 2017 le più grandi vendite di armi sono state quelle degli Stati Uniti e del Regno Unito, seguite da quelle di Francia, Spagna e Svizzera. Per la Svizzera, dal 2013 al 2017, la quota delle vendite di armi all’Arabia Saudita ammonta al 20,4% delle esportazioni totale di armi. Tuttavia, i discendenti di Henri Dunant – “uomo d’affari, umanista e cristiano protestante”, secondo la definizione ufficiale, in altre parole: il Comitato internazionale della Croce Rossa – gode … di fondi sauditi. L’anno scorso, l’organizzazione ha firmato un accordo con l’Arabia Saudita per 10 milioni di dollari per finanziare le sue operazioni nello Yemen (sic). “L’Arabia Saudita è trattata come qualsiasi altro donatore”, ha detto un portavoce del CICR.

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