Marghera: l’ennesimo incidente annunciato, due operai immigrati in fin di vita

incendio_marghera

Oggi a Porto Marghera altri due operai, “di nazionalità straniera” tanto per cambiare, Alin, rumeno, e Pramod, indiano (non ci hanno dato finora neppure i cognomi), sono stati ridotti in fin di vita dall’insaziabile avidità di profitto dei padroni.

E’ successo al petrolchimico nella ditta 3V Sigma, una piccola multinazionale dell’ingegneria chimica che produce solventi e additivi per le plastiche, basata a Bergamo, con 650 dipendenti diretti e impianti in Italia, Stati Uniti, Cina e Brasile. Alle 10.15 è esploso un serbatoio nell’impianto dell’acetone, e i due operai, dipendenti di una ditta di Terni che si occupa di elettrosaldature, quindi – tanto per cambiare – un appalto, sono rimasti gravissimamente ustionati, specie uno dei due. Ora sono negli ospedali di Verona e di Padova, a lottare per sopravvivere.

L’incendio è stato circoscritto, ma non spento. E non si esclude che possano esserci altre esplosioni perché sono ancora attivi, mentre scriviamo, una serie di focolai.

Se c’è un “incidente” annunciato, è questo. Infatti il 9 luglio scorso, poco meno di un anno fa, una rappresentanza sindacale non proprio barricadera indiceva uno sciopero di 24 ore con l’obiettivo, tra le altre cose, di accrescere la sicurezza sul lavoro. Trascriviamo qui da la nuova Venezia del 10 luglio 2019 la dichiarazione di F. Coco della segreteria Femca Cisl, il sindacato più presente in azienda: “Da tempo chiediamo all’azienda di creare le condizioni di sicurezza che permettano di lavorare in sicurezza. Ci sono turni di 12 ore per mancanza di personale, con turni di riposo saltati e gente che ha lavorato per 21 giorni di seguito. Vogliamo turni di 8 ore e assunzioni. (…) Inoltre ci sono linee anti-incendio che almeno una volta al mese devono essere riparate [a proposito…]. Abbiamo chiesto il lavaggio delle tute di lavoro e l’azienda ha comprato, in tutta risposta, due lavatrici domestiche. Le tute vengono fatte asciugare sopra tubi coibentati dentro un impianto che tratta sostanze chimiche. Alcune parti dell’impianto sono prive di illuminazione. Manca un programma serio di formazione e di addestramento del personale con corsi anti-incendio e muletti”. E, perché il quadro sia completo, “chi è scomodo, rischia il posto. Contro un licenziamento abbiamo fatto ricorso impugnandolo”.

La pressione operaia e sindacale è continuata nell’ultimo anno perché il rischio di incidenti era troppo scoperto e grave. Appena 5 giorni fa era stata fatta alla direzione aziendale della 3V Sigma una nuova richiesta di incontro. Risposte? Zero. Anzi no: in risposta a questa pressione i padroni hanno pensato bene di presentare querela per diffamazione contro chi aveva osato mettere in dubbio che tutto nello stabilimento andava nel migliore dei modi possibili. Il buon nome dell’azienda…

Qualche ingenuo si domanderà: e lo stato? Eccolo, arriva. Due mesi fa l’incontro tra una delegazione di lavoratori, l’azienda e il prefetto. Su quale oggetto? Esattamente sui tank da 10 mila litri di prodotto parcheggiati nel cortile della fabbrica, uno dei quali è esploso stamani. Risultato? L’azienda si era impegnata a spostarli, ma non l’ha fatto, forte anche di un verbale Spisal “secondo cui qualcosa non era a posto, ma non c’era niente di scandaloso” a cui rimediare. Nonostante che le sostanze tossiche non dovrebbero assolutamente essere contenute in serbatoi di plastica. E il prefetto ha vigilato? Beh, non potete pretendere che il signor prefetto abbia tempo per simili quisquilie.

E’ notevole anche un altro ‘particolare’: dalle istituzioni statali la 3V Sigma, che lavora sostanze altamente tossiche, è stata lasciata libera (la libertà d’impresa, intoccabile) di non aderire al Sistema integrato di monitoraggio ambientale e gestione delle emergenze istituito nel 1998 per “sorvegliare” Porto Marghera. E anche oggi l’allarme è stato dato non dalla direzione della 3V, ma dai lavoratori. I tecnici dell’azienda sono arrivati tre ore dopo l’incidente.

Però, però, sarebbe ingeneroso accusare lo stato di assenteismo. Perché anni fa, quando la 3V decise di aprire una sua nuova linea produttiva a Marghera, poté beneficiare di un finanziamento a fondo perduto pari al 25% dell’investimento in quanto Marghera è considerata “area complessa” e il progetto della 3V un progetto “innovativo”. Nonostante i piagnistei di rito degli industriali secondo i quali lo stato fa troppo poco per loro, quando si tratta dei padroni, lo stato c’è sempre. E senza distrarsi.

Ciò che in questo momento manca a Marghera (e non solo a Marghera) è un’azione autonoma e organizzata di classe, essendo ormai lontana l’ultima significativa fiammata di lotta, avvenuta alla Fincantieri nel luglio-agosto 2013 (di cui noi del Comitato di sostegno ai lavoratori della Fincantieri e del Cuneo rosso, fummo parte attiva). Quando ritornerà in campo con tutta la forza necessaria, la classe operaia di Porto Marghera dovrà essere inflessibile sulla messa in sicurezza dei luoghi di produzione e nella lotta contro la nocività degli ambienti di lavoro. Pretenderlo, senza curarsi dei costi per il capitale e delle strangolatorie compatibilità capitalistiche. Viva l’aumento dei costi di produzione necessario alla protezione della vita e della salute dei lavoratori e della popolazione!

P.S. – Il Corriere del Veneto di oggi, 16 maggio, ci dà un’informazione sensazionale che è il caso di registrare: “Forse non è un caso che il prefetto di Venezia Vittorio Zappalorto si stia chiedendo se l’azienda andata a fuoco fosse all’altezza della gestione delle sostanze che utilizzava”. Con calma, con calma, che fretta c’è?

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