Riceviamo dal compagno Luc Thibault e ben volentieri accogliamo, proponendone una traduzione in italiano della compagna Giulia L. (seguita dall’originale inglese), la segnalazione di questa bella intervista ad un lavoratore chicano di Amazon che mostra il titanico sforzo in atto a Chicago per costruire un vero organismo sindacale di lotta degli “amazonians” su scala non solo metropolitana, ma nazionale, e battersi contro le infami condizioni di super-sfruttamento vigenti nel ventre della bestia, anche in questo caso particolarmente pesanti per migliaia di lavoratrici (come non ci stancheremo mai di denunciare). Il lavoratore che parla, differenzia giustamente l’azione in corso a Chicago da quella in corso in Alabama (e altrove), dove al crescente malcontento degli operai e delle operaie dei magazzini si sta rispondendo, invece, con il tentativo di costituire un organismo sindacale per via legale, essenzialmente attraverso campagne di opinione, come organismo di pressione anziché di lotta. Il compagno mostra, poi, di essere ben informato sugli sforzi analoghi in atto in Germania e Polonia – internazionalismo, internazionalismo, internazionalismo! Proletario, ovviamente. Al capitale globale, e alle sue concrezioni transnazionali, si può rispondere in modo efficace solo ed esclusivamente con la globalizzazione delle lotte e dell’organizzazione politica e sindacale di classe.
Pronti alla lotta: organizzarsi in Amazon
“Non stiamo seduti ad aspettare che qualcuno ci riconosca come sindacato, per essere o agire come tale”. Un lavoratore di Amazon a Chicago racconta a Rampant cosa ci vuole per sindacalizzare il colosso.
Zama, intervistato da Dana Blanchard & brian bean – 11 marzo 2021
Durante l’ultimo anno di pandemia globale, gli affari sono andati a gonfie vele per Amazon, con un aumento del 200 per cento dei profitti e un aumento esponenziale delle infrastrutture di consegna. Durante tutta la pandemia, i suoi lavoratori essenziali hanno portato avanti una serie di campagne organizzative contro un ambiente di lavoro in radicale cambiamento, caratterizzato da condizioni estreme ed enormi profitti sottratti ai lavoratori. Lo scorso marzo, con Amazonians United, i lavoratori di un magazzino di Chicago hanno conquistato le ferie pagate per tutti e hanno continuato a organizzarsi per i problemi di sicurezza. Rampant ha parlato con un organizzatore operaio sullo stato attuale della lotta e sulla campagna sindacale dei lavoratori Amazon a Bessemer, Alabama.
Nel corso della pandemia, Amazon ha fatto profitti record basati sul supersfruttamento dei lavoratori, che lavorano spesso in ambienti non sicuri. Parlaci un po’ delle condizioni in cui lavori per Amazon a Chicago.
Le condizioni sono state a dir poco anomale al DCH1, dove lavoro, da quando abbiamo scioperato per la sicurezza nell’aprile 2020. DCH1, la prima stazione di consegna di Amazon a Chicago, ha ridotto il volume dei pacchi di circa il 50% subito dopo i nostri scioperi per la sicurezza, e poi lo ha nuovamente ridotto del 50% a ottobre. Di conseguenza il volume è molto basso. Il VTO, tempo libero volontario, è previsto per ogni singola giornata. È strano da dirsi, ma molte notti ci sono tre o quattro ore in cui non facciamo niente, in cui stiamo solo seduti a parlare. Le ragioni sono molte, ma tra queste c’è sicuramente il fatto che Amazon ha aperto molte nuove stazioni di consegna.
Amazon ha gestito un volume [di traffico] maggiore tramite le nuove stazioni di consegna e, per qualche motivo, ha mantenuto nella nostra stazione personale in eccesso. Penso che facesse parte di un processo di transizione verso il nuovo turno megaciclo. Forse è anche una conseguenza degli scioperi che abbiamo fatto per la sicurezza, perché è allora che abbiamo visto l’immediata diminuzione del volume. E penso che sia anche per farci calmare, perché meno lavoro e più VTO disponibili sono sostanzialmente una valvola di sfogo per la rabbia della gente. Molte volte, se i lavoratori sono arrabbiati, se sono incazzati, si prendono il VTO. C’è una tale quantità di VTO che possiamo ricorrervi giorni prima del nostro turno programmato, minuti prima del turno, persino nel bel mezzo del turno mentre stiamo lavorando. Molti colleghi, se si sentono sovraccarichi di lavoro o incazzati al posto di lavoro per qualche stronzata, dicono semplicemente “fanculo”, prendono il VTO e se ne tornano a casa. È davvero facile, tutto quello che dobbiamo fare è andare sulla nostra app Amazon e cliccare “accetta VTO”. Il rovescio della medaglia è che le nostre buste paga subiscono un duro colpo.
La diminuzione del volume e l’aumento del VTO hanno principalmente avuto l’effetto di valvola di sfogo sulla rabbia, oppure ai lavoratori sembra di aver vinto qualcosa e si sentono più forti e sicuri? Com’è l’umore?
È cambiato con il passare del tempo. Subito dopo gli scioperi per la sicurezza c’era paura e incertezza perché Amazon si stava rivalendo su di noi. Hanno consegnato ad alcuni dei nostri compagni degli ultimatum scritti e di conseguenza noi abbiamo presentato delle istanze contro delle pratiche di lavoro ingiuste e lanciato una petizione contro le ritorsioni. Abbiamo messo sotto i riflettori le ritorsioni di Amazon, non ci siamo tirati indietro. Siamo rimasti saldi e abbiamo continuato a raccogliere il sostegno dei nostri compagni di lavoro.
Dopo un po’ di tempo e con la pandemia che ci logorava, i lavoratori andavano a svolgere il poco lavoro che c’era e poi se ne andavano. Non c’era molta attività ad essere onesti. Ma verso la fine dell’estate sono cominciate a circolare molte voci perché DCH1 continuava a funzionare, con troppo personale, con così poco lavoro, tutti i giorni. La cosa non aveva senso.
Circolavano domande del tipo: “DCH1 chiuderà? Cosa ci succederà qui?”. Facevamo questo tipo di domande, senza ricevere alcuna risposta. I dirigenti dicevano solo: “Non sta succedendo nulla. Tutto procede normalmente”. Poi giunse settembre e Amazon ci offrì l’opportunità di trasferirci in una delle tre nuove stazioni di consegna aperte di recente. Non molti lavoratori si trasferirono perché nelle nuove stazioni di consegna si poteva fare solo il turno megaciclo, che è un turno di dieci ore, dall’1:20 alle 11:50 del mattino. Il nostro turno più lungo al DCH1 è quello notturno di otto ore, dalle 20:15 alle 4:45; gli altri sono turni di quattro ore. Perciò il megaciclo era un cambiamento notevole. Ma poi, solo pochi giorni dopo l'”opportunità” di trasferirsi, Amazon ha dichiarato che tutti i badge bianchi dovevano trasferirsi oppure sarebbero stati licenziati. I badge bianchi sono considerati lavoratori stagionali, anche se la maggior parte dei nostri compagni con badge bianco al DCH1 lavorava in Amazon da più di un anno.
Ci incazzammo e sollevammo la questione, ma Amazon introdusse questo cambiamento molto velocemente e non potemmo fare molto al riguardo. Continuavano a circolare voci sulla chiusura di DCH1, tipo: come può continuare ad andare avanti così, come possiamo continuare a venire al lavoro, se non c’è lavoro? Cosa accadrà? E poi, il 25 gennaio, i dirigenti annunciarono che il DCH1 sarebbe stato chiuso e che dovevamo trasferirci al megaciclo. Eravamo incazzati.
Sembra proprio che siano in corso grandi cambiamenti sul posto di lavoro, con personale costretto ad andarsene, a spostarsi in posizioni diverse, e un’incertezza generale. Quanto di tutto questo pensi che sia una tattica consapevole da parte dei capi come ritorsione per la vostra vittoria per il PTO?
Penso che questo abbia un certo peso, ma il motivo principale di questi cambiamenti è la volontà di Amazon di espandersi. Amazon calcola rischi e minacce, ma non credo che la sua preoccupazione principale siano i sindacati o i lavoratori che si organizzano e interrompono la catena logistica. La loro principale preoccupazione è l’espansione. Stanno aprendo stazioni di consegna e centri di logistica a un ritmo folle. Non so nemmeno quanti ne abbiano aperti nell’area Chicagoland solo durante lo scorso anno, credo siano più di dieci, e lo stanno facendo in ogni città! Ora Amazon consegna la maggior parte dei suoi pacchi. Mentre quando ho iniziato la maggior parte dei pacchi veniva consegnata tramite USPS e UPS. È un grosso cambiamento.
Puoi spiegarci un po’ cos’è il megaciclo e come sono queste condizioni per i lavoratori? Quali sono le difficoltà che si incontrano per organizzarsi a riguardo?
Il megaciclo è un turno dall’1:20 alle 11:50. È una combinazione di due turni attualmente esistenti alla DCH1. Il primo turno è il ciclo uno e il secondo turno è quello del carico. Il ciclo uno, il turno in cui lavoro attualmente, va dalle 20:15 alle 4:45. Riceviamo i pacchi dai centri di logistica e li smistiamo nei sacchi. Il carico, il turno dopo il mio, prende i sacchi e li distribuisce agli autisti delle consegne. Dunque ci sono due turni: uno per la ricezione dei pacchi e un altro per caricarli sui furgoni. Si tratta di un totale di dodici ore di lavoro nell’insieme di questi due turni, condensate su un turno di dieci ore. Ed è l’unico turno che abbiamo. Prima erano tutti a tempo parziale, ora saranno tutti a tempo pieno. È un cambiamento per le stazioni di consegna di Amazon in tutto il paese.
So che i lavoratori di Amazon stanno organizzando una campagna per permettere un adattamento degli orari per i dipendenti. Com’è l’organizzazione riguardo ai megacicli? Quali problemi vi aspettate?
Abbiamo iniziato riunioni del comitato organizzativo (CO) dove abbiamo discusso i problemi che il megaciclo crea, e la chiusura del DCH1. Lavorare dall’una di notte a mezzogiorno è dannoso per i nostri organismi e soprattutto per le madri, così abbiamo deciso di lanciare una petizione dei lavoratori e una campagna per la ristrutturazione dei megacicli. La nostra richiesta principale è che Amazon preveda modifiche di orario per coloro che ne hanno bisogno – un semplice cambiamento che potrebbe essere fatto dalle Risorse Umane. Dato che si tratta di un cambiamento a scala di sistema che riguarda migliaia di madri in tutti gli Stati Uniti, abbiamo deciso di incoraggiare i lavoratori di tutti gli Stati Uniti a far circolare la petizione anche nelle loro strutture. Abbiamo fatto firmare la petizione ai compagni di lavoro, abbiamo invitato nuove persone alle riunioni del nostro comitato organizzativo e abbiamo diffuso la petizione anche nei nuovi punti di consegna.
Amazon è circa a metà del processo di transizione al megaciclo, e non abbiamo visto molti altri lavoratori esprimersi a riguardo o lottare contro di esso. Allora abbiamo pensato di lanciare questa petizione, di estenderla a tutti i lavoratori di Amazon, ovunque si trovino. Al momento attuale la stanno firmando lavoratori di molti stabilimenti in tutto il paese. Il nostro lavoro è quello di aiutare i compagni in altri siti a costruire le loro campagne e a creare comitati organizzativi mediante la discussione e l’azione sul tema. Abbiamo anche una petizione pubblica per chiedere sostegno e solidarietà al pubblico, con alcune opzioni diverse su come la comunità può contribuire alla crescita della nostra campagna.
Cosa ne pensi di quello che sta succedendo in Alabama. Sembra che tutti gli sguardi siano puntati sulla campagna sindacale a Bessemer. Cosa pensi sulle prospettive di sindacalizzazione dei lavoratori di Amazon? Che relazione c’è tra l’organizzazione per il riconoscimento del sindacato che loro stanno portando avanti, e l’organizzazione su specifiche lotte concrete, condotta dagli Amazonians United? Come influisce quello che sta succedendo in Alabama su quello che state facendo voi?
Dobbiamo partire da cosa significa costruire un vero sindacato e che tipo di lavoro ci vuole per costruire un vero sindacato. Noi, Amazonians United Chicagoland, siamo un sindacato. Non stiamo seduti ad aspettare che qualcuno ci riconosca come sindacato per essere o agire come tale. Non siamo nemmeno interessati alle procedure legali richieste per essere considerati un sindacato dal governo.
Perché non siamo interessati a queste procedure? Perché non abbiamo interesse a giocare un gioco con regole che i nostri oppressori hanno stabilito per limitare la nostra capacità di lottare.
Continueremo a costruire il nostro sindacato con queste campagne incentrate sui contenuti, e con la costruzione della solidarietà e della comunanza con i nostri compagni di lavoro. La base delle nostre relazioni, della nostra esistenza come organizzazione, è la lotta contro i nostri padroni, la lotta contro le condizioni oppressive e di sfruttamento in cui viviamo.
Per noi, il successo non dipende da un’elezione sindacale, ma dalla crescita di ciò che abbiamo costruito passo dopo passo e dal fatto che questa crescita sia guidata dai lavoratori e controllata dai lavoratori. Siamo un sindacato di lavoratori che lotta direttamente. Quando ci sono problemi, li affrontiamo direttamente. Man mano che ci espandiamo e organizziamo lotte e portiamo con noi altri compagni di altre strutture, questo aiuta anche loro a fare lo stesso.
Quando vediamo delle stronzate sul lavoro, invece di pensare: “Troviamo un sindacato che ci possa aiutare”, il nostro pensiero è: “Ci sono dei problemi, va bene, come li affrontiamo? Cosa facciamo?”
Per quanto riguarda l’elezione del sindacato in Alabama, sono totalmente solidale con i nostri compagni di lavoro locali, ma il sindacato, RWDSU, ha fatto una cazzata fin dall’inizio. È una vergogna che RWDSU stia conducendo una campagna il cui unico risultato può solo essere un fallimento. Dovremmo tutti essere più critici riguardo a questi tentativi di “sindacalizzare i lavoratori”.
Cercherò di essere più chiaro. Ho visto che lo staff e i membri di RWDSU sono stati bravi a raccogliere le union authorization cards [si tratta di documenti – nella forma di tessere o petizioni – in cui i singoli lavoratori autorizzano un sindacato a negoziare accordi che li rappresentino, N.d.T.], ma un sindacato costruito sulla carta non sta in piedi. I miei compagni di lavoro in Alabama, per quello che ne so, non hanno un forte comitato organizzativo che porta avanti le lotte sul posto di lavoro. Gli organizzatori di RWDSU potrebbero aiutarli a organizzarsi, ma non lo fanno. Perciò non incolpo i lavoratori, ma accuso i burocrati del sindacato di aver indirizzato in modo sbagliato i lavoratori. Ho saputo che alcuni lavoratori dell’Alabama hanno sollevato dei problemi nel posto di lavoro, ma non ho sentito che abbiano pensato a come affrontarli direttamente con qualche azione collettiva. Questi lavoratori in Alabama erano arrabbiati per quei problemi, così hanno deciso di rivolgersi a un sindacato per chiedere aiuto, e il sindacato ha risposto: “D’accordo. La soluzione a questi problemi è dare vita a un sindacato, e il modo per farlo è tramite un’elezione sindacale”. Così i sindacalisti iniziarono a raccogliere le union authorization cards. Hanno fatto firmare molte tessere, hanno adempiuto ad alcune procedure di legge e poi hanno organizzato le elezioni sindacali con un’unità di contrattazione allargata. Inizialmente avevano chiesto un’unità di contrattazione di circa 1.500 persone, ora è un’unità di contrattazione di 5.800 persone.
E in pratica quello che ora stanno facendo è mobilitare un voto favorevole, chiamando o mandando messaggi ai lavoratori: “Ehi, come va, vota sì per il sindacato!” Ma dov’è l’organizzazione di lotta dei lavoratori? Tutto quello che ho visto sono manifestazioni di solidarietà di lavoratori non-Amazon ed un sacco di copertura mediatica che descrive i lavoratori Amazon come vittime impotenti della campagna antisindacale di Amazon.
Se i lavoratori non hanno solide organizzazioni di lotta sul posto di lavoro, la campagna antisindacale di Amazon è destinata a riuscire perché loro non sono in grado di combatterla. Le manifestazioni di solidarietà e la copertura mediatica vanno bene, ma la maggior parte dei lavoratori non le vede e non se ne cura, e non servono a molto per i lavoratori obbligati a partecipare [in un contesto lavorativo] a riunioni il cui scopo è convincerli che un sindacato sarebbe un male per loro. I comizi all’esterno e gli innumerevoli articoli che spiegano come questa sia un’elezione storica e fondamentale non hanno alcun peso sulla decisione dei lavoratori se votare sì o no per un sindacato. La stragrande maggioranza dei lavoratori prende decisioni basate su ciò che vede e sente direttamente da persone di cui si fida, e sulla loro valutazione sull’impatto diretto che questo avrà sulle loro vite.
Se i lavoratori, ogni giorno, vedono tutta questa propaganda antisindacale sul posto di lavoro e non vedono una forte campagna di contrasto all’interno, se i lavoratori non lottano contro di essa, non se ne fanno beffa, non ne ridono, l’RWDSU perderà quelle votazioni. Supponiamo però che l’RWDSU riesca a vincere le elezioni. Come farà a far accettare ad Amazon un contratto collettivo di lavoro? Come può un sindacato avere un qualche potere negoziale con Amazon se ha solo un centro di logistica organizzato? Amazon ha centinaia di strutture negli Stati Uniti. Ha creato ridondanze nella rete logistica per poter gestire le situazioni di crisi; quindi perché Amazon dovrebbe accettare un contratto senza essere costretta a farlo?
In Europa abbiamo l’esempio dei lavoratori tedeschi di Amazon che hanno sindacati legalmente riconosciuti nei loro centri di logistica. Ogni volta che i lavoratori tedeschi scioperano, Amazon semplicemente dirotta gli ordini verso i centri di logistica in Polonia per aggirare le strutture in sciopero, e riesce ad indebolire il potere di contrattazione del sindacato, perché ad Amazon non importa se i lavoratori scioperano, i pacchi arrivano comunque ai consumatori. Per questo motivo, i lavoratori tedeschi hanno iniziato a sostenere gli sforzi organizzativi dei lavoratori polacchi, e questo è stato l’inizio di Amazon Workers International. È evidente che sindacalizzare Amazon tramite elezioni sindacali sito per sito è una strategia fallimentare.
Sì, e i sindacati NLRB non hanno avuto buoni risultati nel sud proprio a causa delle dinamiche che descrivi. Mi sembra che quello che stai dicendo sia fondamentale, che si diventa un sindacato lottando e non che si fonda un sindacato per lottare.
Sì, questo è il modo migliore e più conciso di dirlo.
Hai parlato dei limiti della strategia di stampo burocratico del NLRB a livello di ogni singolo luogo di lavoro. Come immagini una strategia su base nazionale? Cosa bisogna fare per sindacalizzare Amazon?
La maggior parte delle persone immagina la sindacalizzazione di Amazon come qualcosa che alcuni sindacati aziendali realizzeranno vincendo un’elezione sindacale nazionale. La maggior parte delle persone, conoscendo solamente quella che è null’altro che la patetica imitazione di un movimento sindacale, restringe la sua visione dentro il quadro del diritto del lavoro concepito per assicurare il libero flusso del commercio. È il momento di esercitare un atteggiamento critico e creativo.
La sindacalizzazione non è un dato di fatto, è un processo. La sindacalizzazione è un processo in movimento, quando i lavoratori si riuniscono per formulare le rivendicazioni e un piano per ottenere il consenso della maggioranza dei compagni di lavoro. La sindacalizzazione si realizza quando compagni di lavoro precedentemente non coinvolti aderiscono ad azioni collettive contro la direzione e quando un nuovo membro del comitato organizzativo distribuisce le newsletter di Amazonians United durante la pausa. La sindacalizzazione avviene quando tra di noi si crea un senso di appartenenza, quando ci incontriamo per i barbecue e momenti di svago, quando ci aiutiamo l’un l’altro nei momenti di bisogno. Quell’elettricità che c’è nell’aria quando piombiamo su un dirigente e lo innervosiamo presentandogli la nostra petizione ed esprimiamo le nostre rivendicazioni come gruppo, indebolendo il suo potere e rafforzando noi stessi… quella sensazione è il nostro sindacato, un vero sindacato dei lavoratori, che sta nascendo.
Stiamo costruendo un vero sindacato, non un inutile sindacato d’impresa, che è solo un sistema organizzato per il prelievo delle quote i cui addetti non sono altro che una sorta di para-legali a cui i lavoratori possono rivolgersi. Non ci interessa consegnare il nostro potere collettivo a qualche burocrate che si presenta ogni tre anni per “negoziare” un contratto di concessione attraverso accordi segreti con i nostri padroni. Non abbiamo bisogno del riconoscimento del NLRB o di Amazon per formare il nostro sindacato, far crescere il nostro sindacato, o lottare come sindacato. Il nostro sindacato siamo noi lavoratori, organizzati, che agiamo collettivamente, costruendo unità, crescendo in solidarietà, lottando come uno solo.
Quindi cosa serve per sindacalizzare Amazon? Servono perseveranza, umiltà e lotta. Ci vogliono molti lavoratori fortemente impegnati nell’organizzazione, sparsi in tutte le strutture di Amazon, che formino gruppi di lavoro per affrontare questioni che interessano i compagni di lavoro. Ogni volta che otteniamo un cambiamento grazie all’organizzazione, i compagni di lavoro comprendono il potenziale dell’azione collettiva. È così che possiamo iniziare a trasformare il luogo di lavoro da una mentalità individualistica abituale a una mentalità collettiva. È così che creiamo una cultura di militanza per cui tutti noi mettiamo i nostri manager incompetenti al loro posto invece di inchinarci davanti al loro disprezzo. Ogni comitato organizzativo, fedele ai principi di Amazonians United, è il fondamento del nostro sindacato, e cresciamo da qui, sviluppando collettivamente la nostra strategia e visione mentre procediamo.
Amazonians United è nato a Chicago quando abbiamo costituito il nostro Comitato Organizzativo a seguito della campagna di petizione per l’accesso regolare all’acqua potabile nel DCH1. Ma Amazon sta chiudendo DCH1 e ci sta distribuendo in tutte le sue nuove stazioni di consegna di Chicago. Così ora stiamo per diventare un sindacato su più stabilimenti, e facciamo crescere il nostro CO in ogni luogo di lavoro. Con la diffusione di campagne coordinate tra i siti di Chicagoland, costituiremo probabilmente un consiglio regionale. E con i compagni di lavoro di altre città che stanno facendo lo stesso, alla fine avremo dei consigli regionali che si coordineranno tra loro. Questi sono gli elementi di base del nostro sindacato internazionale dei lavoratori di Amazon.
La sindacalizzazione non è un momento, è un processo.
La nostra ultima domanda è cosa si può fare per sostenere la vostra lotta qui a Chicago e a livello nazionale per Amazonians United? Cosa vuoi che facciano coloro che stanno leggendo questo articolo per sostenere il vostro lavoro di organizzazione?
Se tu che stai leggendo sei un compagno lavoratore di Amazon o un futuro lavoratore di Amazon, e pensi che il modo in cui stiamo lottando sia giusto, mettiti in contatto con noi in modo che possiamo aiutarti per costruire un comitato organizzativo nel tuo posto di lavoro.
Un altro modo per sostenerci è firmare e condividere la nostra petizione pubblica sul megaciclo. Abbiamo anche la petizione megaciclo per i lavoratori, quindi se conosci un lavoratore di una stazione di consegna Amazon, condividila con loro. L’ultimo modo in cui si può aiutare è aderire ad un comitato di solidarietà. Abbiamo un comitato di solidarietà qui a Chicago, e ci sono comitati di solidarietà in altre città che sostengono il lavoro di organizzazione dei membri di Amazonians United.
La cosa importante è che coloro che vogliono dare il loro sostegno si pongano sotto la guida dei lavoratori di Amazon che sono organizzati, non solo attivisti casuali che fanno cose qua e là. Voglio dire, anche questo va bene a volte, ma la cosa importante qui è aiutare a far crescere la nostra lotta, il nostro movimento, il nostro sindacato, come lavoratori. Abbiamo bisogno di sostegno per far crescere quello che avviene all’interno più che cose spettacolari all’esterno. L’organizzazione interna è ciò che qui importa.
Zama – è un chicano dell’Illinois rurale e membro di Amazonians United Chicagoland.
Dana Blanchard – Dana Blanchard è membro del collettivo editoriale Rampant.
brian bean – è membro del collettivo editoriale Rampant e redattore e collaboratore del libro “Palestine: A Socialist Introduction”, della Haymarket Books.
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Primed for Struggle: Organizing Inside Amazon
“We’re not sitting around waiting for anyone to recognize us as a union in order to be or act as a union.” An Amazon worker in Chicago talks to Rampant about what it will take to unionize the behemoth.

Zama, interviewed by Dana Blanchard & brian bean · March 11, 2021
During the past year of global pandemic, business has been booming for Amazon with a 200 percent rise in profits and transformative increase in delivery infrastructure. Throughout the pandemic, its essential workers have carried out a series of organizing campaigns against a radically changing workplace, characterized by extreme conditions and massive profits stolen from workers. Last March workers at one warehouse in Chicago with Amazonians United won paid time off for all workers and have continued to organize around safety issues. Rampant spoke with one worker organizer about the current state of struggle and about the union drive of Amazon workers in Bessemer, Alabama.
During the pandemic, Amazon has made record profits based on the hyper- exploitation of workers, working often in unsafe environments. Tell us a little about the conditions where you work for Amazon in Chicago.
Conditions have been weird at DCH1, where I work, since our safety strikes in April 2020. DCH1, Amazon’s first Chicago delivery station, reduced package volume by about 50 percent immediately after our safety strikes, and then reduced package volume by 50 percent in October. So the volume has been very low. VTO, voluntary time off, is offered every single day. It’s weird to say, but many nights there are three or four hours where we’re not even doing anything, where we’re just sitting around talking. There are many reasons for this, but clearly one of them is Amazon has been opening up many new delivery stations.
Amazon’s been running more volume through the new delivery stations and have, for some reason, kept our facility overstaffed. I think it’s all been part of a transition process to the new megacycle shift. Perhaps it’s also due to our safety strikes, because that’s when we saw the immediate decrease in the volume. And I think it is also to basically make us chill out because less work and more VTO available is basically like a release valve for people’s anger. A lot of times, if people are angry, if people get pissed off, they just take VTO. There’s so much VTO that we can take it days before our scheduled shift, minutes before our shift, even in the middle of our shift while we’re working. Many coworkers, if they’re feeling overworked or pissed at work due to some bullshit, will just say “fuck it,” take the VTO and go home. It’s really easy because all we have to do is go on our Amazon app and click “accept VTO.” The downside is that our paychecks take a serious hit.
Has the decrease in volume and the increase in VTO primarily had that release valve effect on anger, or do workers feel as though they won something and feel more emboldened and confident? What’s the mood like?
It’s changed over time. Immediately after the safety strikes there was fear and uncertainty because Amazon was retaliating against us. They gave some of our coworkers final written warnings, so we filed some unfair labor practice charges and started a petition against retaliation. We put a spotlight on Amazon’s retaliation and we weren’t backing down. We were standing firm and continuing to build support from our coworkers.
After some time and with the pandemic wearing on us, people were just going in and doing the little work that there was and then leaving. There wasn’t too much activity to be honest. But toward the end of summer a lot of rumors started circulating because DCH1 kept running, overstaffed, with so little work, every single day. Things just didn’t make sense.
The questions circulating were “Is DCH1 going to close? What’s gonna happen here?” We were asking those kinds of questions but weren’t getting any sort of response. Managers would just say, “Nothing’s happening. Everything’s just going along as normal.” Then came September, and Amazon offered us the opportunity to transfer to one of the three new delivery stations that they had just opened up. Not too many people transferred because the new delivery stations only had the megacycle shift as an option, which is a ten-hour shift from 1:20 am to 11:50 am. Our longest shift at DCH1 is the eight-hour overnight shift from 8:15 pm to 4:45 am; the rest are four-hour shifts. So the megacycle was a pretty big change. But then, just a few days after the “opportunity” to transfer, Amazon declared that all white badges have to transfer or they will be fired. White badges are considered seasonal workers, even though most of our coworkers with white badges at DCH1 had worked at Amazon for more than a year.
We were pissed and spoke up about it, but Amazon made this change very fast and we couldn’t do much about it. The rumors about DCH1 closing continued circulating because it was like, how can it continue to be like this, how can we continue coming to work, but there’s no work? What’s gonna happen? And then, on January 25, managers announced that DCH1 was being shut down, and we had to transfer to the megacycle. We were pissed.
It sounds as though there are large shifts in the workplace, with people being forced out, being forced to move to different positions, and general uncertainty. How much of that do you think amounts to conscious tactics by the bosses as retaliation for your PTO win?
I think that it plays some part, but the main reason for these changes is Amazon’s focus on expansion. Amazon evaluates risks and the threats but I don’t think unions or workers organizing and disrupting their logistics chain is Amazon’s primary concern. The biggest thing on their mind is expansion. They’re opening up delivery stations and fulfillment centers at a crazy pace. I don’t even know how many they’ve opened up in the Chicagoland area just this past year, I think it’s over ten, and they’re doing this in every city! Amazon is delivering the majority of their own packages now. Whereas when I started the majority of packages were delivered through USPS and UPS. It’s a major shift.
Can you elaborate a little bit on what the megacycle is and what these conditions are like for workers? What are the challenges to organizing around these?
The megacycle is a shift from 1:20 am to 11:50 am. This is a combination of two shifts that currently exist at DCH1. The first shift is cycle one and the second shift is the load-out. Cycle one, the shift I currently work, is 8:15 pm to 4:45 am. We receive packages from fulfillment centers and sort them into bags. Load-out, the shift after mine, takes the bags and puts them out for delivery drivers. So it’s two shifts: one for the packages to come in and then another to get them loaded onto vans. It is a total of twelve hours of work between those two shifts, condensed into one shift that is ten hours. And it’s the only shift available. Before, everybody used to be part-time, now everyone will be full-time. This is a change for Amazon delivery stations nationwide.
I know that Amazon workers are now organizing a campaign to allow schedule accommodations for folks. What does the organizing around megacycles look like? What challenges do you anticipate?
We started organizing committee meetings (OC) where we discussed the issues the megacycle creates and the closing down of DCH1. Working from 1 am to noon is bad for our bodies and especially bad for mothers, so we decided to start a worker petition and campaign for megacycle accommodations. Our top demand is that Amazon provide schedule accommodations for people who need them—a simple change that HR could make. Since this is a systemwide change affecting thousands of mothers across the US, we decided to encourage workers across the US to start circulating the petition at their facilities too. We’ve been getting coworkers to sign the petition, inviting new folks to our organizing committee meetings and spreading the petition at the new delivery station sites too.
Amazon is about halfway done making this transition to the megacycle and we haven’t seen too many other workers say anything about it or put up a fight against it. So we figured let’s start this petition, let’s open it up to fellow Amazon workers anywhere. Now workers from many different sites from across the country are signing it. Our work is to help our coworkers in other places build up their campaigns and build up organizing committees through conversation and action on this issue. We also have our public petition seeking support and solidarity from the public, with a few different options for how the community can help our campaign grow.

What are your thoughts about what’s going on in Alabama. It seems like all eyes are on the union drive at Bessemer. What do you think about the prospects for unionizing Amazon workers? What’s the relationship between organizing for union recognition like they’re doing now and organizing around specific concrete struggles like Amazonians United have been doing? How does what’s going on in Alabama affect what you’re doing?
We’ve got to talk about what building a real union means and what kind of work it takes to build a real union. We, Amazonians United Chicagoland, are a union. We’re not sitting around waiting for anyone to recognize us as a union in order to be or act as a union. We’re also not interested in the legal processes required to be called a union by the government.
Why aren’t we interested in these processes? Because we’re not interested in playing a game with rules that our oppressors created to limit our ability to fight. We’re gonna continue building up our union through these issue-based campaigns, and through building solidarity and community with our coworkers. The basis of our relationships, of our existence as an organization, is the struggle against our bosses, the struggle against the oppressive and exploitative conditions that we live within.
For us, success isn’t dependent upon a union election, it’s in growing what we have been building step-by-step and for that growth to be led by workers and controlled by workers. We’re a union of workers that is fighting directly. When there are issues, we take them on directly. As we’re expanding and as we’re putting up fights and bringing other coworkers with us from other facilities, it’s helping them also do the same.
When we see bullshit at work, instead of thinking, “Let’s find a union that can help us,” our thinking is, “We have some issues, all right, how are we gonna deal with them? What are we going to do?”
As far as the union election in Alabama, I’m in complete solidarity with our coworkers there, but the union, RWDSU, fucked up from the beginning. It’s a shame that RWDSU is running a campaign whose only outcome can be failure. We all should be more critical of these attempts to “unionize workers.”
Let me try to be more clear. I see that RWDSU staffers and members have been effective at collecting union authorization cards, but a union built out of paper won’t stand. My coworkers in Alabama, as far as I can tell, don’t have a strong organizing committee that is taking on fights within the workplace. RWDSU organizers could be guiding them in how to organize themselves, but they’re not. So I don’t blame the workers, I blame the union staffers for misguiding workers. I’ve heard a few Alabama workers talk about issues within the workplace, but I haven’t heard of them figuring out how to address them directly by taking some sort of collective action. Workers in Alabama were angry about issues, so they decided to reach out to a union for help, and the union told them, “All right. The solution to these issues is that you have to form a union, and the way to do it is through a union election.” So the union staffers started their collection of union authorization cards. They got a lot of cards signed, went through some legal maneuvers and then got the union election with an expanded bargaining unit. They initially filed for a bargaining unit of like 1,500, now it’s a bargaining unit of 5,800.
And now what they’re doing is basically just mobilizing a yes vote, calling or texting workers, “Hey how’s it going, vote yes for the union!” But where is the fighting organization of workers? All I’ve seen is solidarity rallies of non-Amazon workers and a lot of media coverage painting Amazon workers as helpless victims of Amazon’s anti-union campaign.
If workers don’t have solid fighting organizations within the workplace, Amazon’s anti-union campaign is going to be very effective because they don’t have a way of combating it. The solidarity rallies and media coverage are nice, but most workers don’t see them or care about them, and they don’t do much for workers in captive-audience meetings where they’re being convinced that a union would be bad for them. Outside rallies and endless articles on how this is a historic and monumental election simply don’t weigh heavily on how workers make their decisions on whether to vote yes or no for a union. The vast majority of workers make decisions based on what they see and hear directly from people they trust, and based on their assessment of how this is going to directly impact their lives.
If workers, day-in and day-out, are seeing all this anti-union messaging at work and they’re not seeing a strong campaign against it from within, if workers aren’t fighting against it, mocking it, laughing at it, RWDSU is going to lose that vote. But let’s suppose that RWDSU is able to win the election. How will they get Amazon to agree to a collective bargaining agreement? How is a union going to have any sort of negotiating power with Amazon by only having one fulfillment center organized? Amazon has hundreds of facilities in the United States. They built redundancy into their logistics network to be able to handle disruptions, so why would Amazon agree to a contract without being forced into it?
In Europe we have the example of German Amazon workers who have legally recognized unions at their fulfillment centers. Whenever German workers go on strike, Amazon simply reroutes orders through fulfillment centers in Poland to avoid the striking facilities and successfully undercuts the union’s bargaining power because Amazon doesn’t care if the workers are striking, the packages are still getting to the consumers. For this reason, German workers began supporting Polish workers’ organizing efforts, and this was the beginning of Amazon Workers International. It’s quite simple to see that unionizing Amazon through site-by-site union elections is a failed strategy.
Yeah, and the NLRB unions haven’t had a good track record in southern places because of the very dynamics you describe. It sounds like what you’re saying is really important, that you become a union by fighting and not that you start a union in order to fight.
Yeah, that’s a better and shorter way of saying it.
You have talked about the limitations of the NLRB card drive strategy happening on a shop-by-shop basis. How would you envision strategy on a national basis? What is it going to take to unionize Amazon?
Most people imagine unionizing Amazon as something some business unions will accomplish by winning a national union election. Most people, knowing only our sad excuse of a labor movement, constrain their imagination within the framework of labor law designed to ensure the free flow of commerce. It’s time to be critical and creative.
Unionizing is not a moment, it’s a process. Unionizing is a process in motion when workers meet to formulate petition demands and a plan to get the majority of coworkers signed on. Unionizing is happening when formerly uninvolved coworkers join collective actions against management and when a new organizing committee member hands out Amazonians United newsletters during break. We’re unionizing as we develop a feeling of family between ourselves, as we gather for barbecues and kickbacks, as we help each other out during times of need. That electricity in the air after we roll up on a manager, making him nervous by delivering our petition and expressing our demands as a group, bringing him down and us up . . . that feeling is our union, a real workers’ union, coming into being.
We’re building a real union, not some useless business union that’s simply a dues-extracting organization of lawyer-like staff for workers to call. We’re not interested in handing our collective power over to some bureaucrat who shows up every three years to “negotiate” a concessionary contract through backroom deals with our bosses. We don’t need the recognition of the NLRB or Amazon to form our union, grow our union, or fight as a union. Our union is us workers, organized, acting collectively, building unity, growing in solidarity, fighting as one.
So what is it going to take to unionize Amazon? It’s going to take perseverance, humility, and struggle. It’s going to take many workers with a deep commitment to organizing spread throughout Amazon facilities, forming OCs that tackle issues that resonate with coworkers. Every time we win a change through organizing, coworkers see the power of acting collectively. This is how we begin workplace-wide transformations from the standard individualistic mindset to a collective mindset. It’s how we create a culture of militancy where we’re all putting our incompetent managers in their place instead of bowing our heads to their disrespect. Each organizing committee, committed to the principles of Amazonians United, is the foundation of our union, and we grow from there, collectively developing our strategy and vision as we go.
Amazonians United was born in Chicago when we formed our OC out of our petition campaign for regular access to clean water at DCH1. But Amazon is shutting DCH1 down and spreading us throughout its new Chicago delivery stations. So now we are in the process of becoming a multi-site union, growing our OC at each workplace. As coordinated campaigns grow between Chicagoland sites, we’ll likely form a regional council. And with fellow workers in other cities currently doing the same, we’ll eventually have regional councils coordinating with each other. These are the basic building blocks of our international union of Amazon workers.
Unionizing is not a moment, it’s a process.
Our last question is what people can do to support your struggle here in Chicago and nationally around Amazonians United? For people who are reading this article, what do you want them to do to support your organizing work?
If you’re a fellow Amazon worker or soon-to-be Amazon worker reading this, and you think that how we’re fighting is right, get in contact with us so that we can help guide you on how to build up an organizing committee at your worksite.
Another way of supporting us is by signing and sharing our public megacycle petition. We have our worker megacycle petition too, so if you know an Amazon delivery station worker, share it with them. The last way people can help is to join a solidarity committee. We have a solidarity committee here in Chicago, and there are solidarity committees in some other cities that are there to support the organizing work of Amazonians United members.
The important thing is that folks who want to support are under the guidance of Amazon workers that are organized, not just random activists doing things here and there. I mean, those are nice too sometimes, but the important thing here is to help grow our struggle, our movement, our union, as workers. We need support for growing what’s going on the inside rather than flashy stuff on the outside. The inside organizing is what’s important here.
- Zama – Zama is a Chicano from rural Illinois and member of Amazonians United Chicagoland.
- Dana Blanchard – Dana Blanchard is a member of the Rampant editorial collective.
- brian bean – brian bean is a member of the Rampant editorial collective and an editor and contributer to the book Palestine: A Socialist Introduction, from Haymarket Books.