
Venerdì 10 marzo, un’altra giornata piuttosto movimentata nella piazza di Napoli: ancora una volta i disoccupati organizzati del Movimento 7 novembre a fare pressione sulle istituzioni locali perché diano immediata attuazione alle misure che la lotta di anni ha strappato alla controparte. Ancora una volta un fronteggiamento senza paura con la polizia. E il rilancio, alla scala di tutto il Sud e ben oltre, della denuncia e della lotta contro la decisione del governo Meloni/governo dei padroni di tagliare il reddito di cittadinanza a beneficio delle spese militari e degli “aiuti” alle imprese. Stamattina è convocata una riunione su zoom (Red.)
GENERALIZZIAMO LA LOTTA.
RILANCIAMO LA MOBILITAZIONE.
Domenica 12 marzo, h 10 assemblea telematica da Sud.
(Per link zoom scriveteci in privato)
Ieri [venerdì 10] è stata una giornata di lotta, l’ennesima, per centinaia di proletari e proletarie di questa città.
Dinanzi all’ennesimo rinvio da parte delle istituzioni locali e alle continue provocazioni delle forze dell’ordine, nessuno è indietreggiato dimostrando ormai una assunzione di responsabilità fortissima e quotidiana.
Tante cose sono accadute in 9 anni ma quando diciamo che è nel fuoco della lotta di classe che si creino le condizioni affinché gli sfruttati e le sfruttate assumano coscienza e consapevolezza, ci riferiamo proprio a quanto accaduto ieri e in tante altre occasioni: tanti e tante, al fianco della necessaria rivendicazione di un salario garantito e per un lavoro stabile e sicuro di pubblica utilità in una città che necessità urgentemente di tutto ciò – scendono in piazza con la consapevolezza che non esista battaglia singola che possa risultare vincente senza una lotta complessiva all’attuale sistema economico e sociale.
Gli slogan scanditi ieri “Lavorare tutti, lavorare meno”, “Come in Francia pure qua”, “Dimezzano i salari, aumentano le spese militari”, sono la restituzione più evidente di tutto ciò.
Chi oggi lotta per il lavoro sa benissimo che, pur riuscendo a conquistare con la lotta il posto di lavoro, l’inflazione al 13% e la drastica diminuzione della portata del reddito di cittadinanza-abbiamo scritto un post pochi giorni fa sulla sua trasformazione- stanno già cominciando a peggiorare drasticamente le condizioni di vita degli strati più poveri e in difficoltà della popolazione.
Ecco che allora, a differenza di quanto raccontano le strumentalizzazioni giornalistiche, chi oggi scende in piazza per il lavoro sa benissimo che la lotta per il superamento del capitalismo passa per una complessità di piani ineliminabili che si incrociano tra di loro, si parlano, si arricchiscono e si rafforzano a vicenda.
Del resto l’attacco che stiamo subendo è frontale e complessivo. C’è una linea infatti che unisce Cutro all’attacco al reddito.
Crediamo sia importante mettere in evidenza che quelli in Calabria sono morti ammazzati dalle strategie padronali e dalle politiche governative.
Governo che, tramite i propri decreti, non farà che creare barriere e situazioni ancora peggiori per chi vorrà venire in Italia o in Europa.
Una guerra criminale scatenata contro chi proviene dai paesi controllati, dominati e devastati dall’imperialismo.
Forza lavoro che affollerà le metropoli capitaliste nel prossimo futuro, insieme, tra l’altro, agli attuali percettori di reddito – si assottiglierà ancora di più con la riforma Meloni- concorrendo ad abbassare il costo complessivo della forza lavoro stessa, scatenando la peggiore guerra tra poveri.
Dobbiamo attaccare i piani padronali e la logica del profitto in ogni modo: rivendicando lavoro per tutti e tutte lottando per la riduzione della giornata lavorativa a parità di salario, estendendo la platea dei percettori e delle percettrici aumentando la quota di reddito percepita sottraendo risorse destinate alle aziende e alle spese militari imponendo, ad esempio, una patrimoniale al 10% più ricco della popolazione.
Prendiamo i soldi dove i soldi ci sono e non alimentiamo la guerra tra poveri che si scannano per poche briciole.
Domani abbiamo lanciato, assieme al percorso cittadino napoletano sul reddito e alle realtà del sud con cui siamo entrati in contatto prima e dopo la data di convergenza del 5 novembre a Napoli, un momento di confronto e discussione condiviso tra chi si sta muovendo per contrastare l’attacco al reddito di cittadinanza.
Una campagna portata avanti h 24 a reti unificate dagli stessi parassiti incollati da decenni a poltrone di lusso da 15.000 euro al mese che, a loro volta, altro non sono altro che la voce dei padroni seduti su poltrone ben più remunerate.
Ci sono state numerose iniziative contro il taglio del Reddito di Cittadinanza in particolare a Sud da Palermo a Napoli, da Cosenza a Catania (su varie posizioni, angolature e con varie forme di lotta) ma tutte sfilacciate, scoordinate nei tempi, manchevoli di una proiezione pubblica unitaria, lasciando così ampio spazio alla narrazione dominante e alla sua capacità strumentalizzante.
Essendo già di per sé non “particolarmente partecipate rispetto a quanto si auspicherebbe” non hanno prodotto fiducia, aggregazione ulteriore e quindi un ciclo di mobilitazione. Perché mai un disoccupato percettore dovrebbe sostenere e partecipare attivamente a queste iniziative senza una prospettiva chiara, materiale e credibile? Perché dinanzi ad una attacco governativo così imponente dovrebbe seguire percorsi che non indicano a lui la concretezza di come ottenere un salario o un modo per campare?.
Per questo motivo domani, alle ore 10, invitiamo tutta la platea dei disoccupati e delle disoccupate e le realtà politiche e sindacali con cui siamo in contatto, a partecipare a questo momento di confronto online che rafforzi i percorsi già esistenti, coinvolgendo le realtà e singolarità che si sono organizzate e si vogliono organizzare in termini di “difesa ed attacco” sul tema del taglio del Reddito di Cittadinanza dentro una riflessione più complessiva sull’economia di guerra ed i costi sociali scaricati sui lavoratori, disoccupati e strati popolari.
Abbiamo tante proposte da fare e non ci fermeremo fino a quando non avremo ottenuto tutto quello che ci spetta.
Vogliamo il pane e anche le rose.
