1° Maggio a Milano e a Napoli: la radicalità operaia sbaraglia le inutili passerelle dei confederali – SI Cobas (Italiano, English)

1 MAGGIO 2023: A MILANO E NAPOLI LA RADICALITÀ OPERAIA SBARAGLIA LE INUTILI PASSERELLE DEI CONFEDERALI!

Ieri, 1° Maggio, la presidente Giorgia Meloni ha convocato il Consiglio dei ministri per abrogare il reddito di cittadinanza, per rendere ancora più destrutturato e precario il lavoro e sposare integralmente il programma di Confindustria.

Contro queste scelte, che si aggiungono all’approvazione del decreto Cutro (spacciato come un aiuto alle donne) e all’abolizione del sostegno agli affitti, a Milano circa 15 MILA tra lavoratori, lavoratrici, precari e studenti hanno preso parte alla manifestazione unitaria, organizzata dal SI Cobas assieme quasi tutti i sindacati di base e a svariati movimenti sociali, comitati e organizzazioni politiche, mentre in mattinata a Napoli circa 2 MILA sono scesi in piazza rispondendo all’appello del SI Cobas, di SGB e dei movimenti dei disoccupati organizzati.

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Kazakistan: scioperi di massa dei lavoratori dell’industria petrolifera, solidarietà dei disoccupati, repressione di stato (English)

Su segnalazione del compagno Fabrizio riprendiamo dal sito In Defence of Communism una cronaca dettagliata e lucida di una forte lotta operaia scoppiata nella prima metà del mese di aprile nella regione occidentale del Kazakistan a seguito dell’arresto avvenuto nella capitale Astana (ora ridenominata Nur-Sultan) di una delegazione di operai dell’industria petrolifera licenziati che protestavano, con un semplice sit-in, contro il proprio licenziamento e, più in generale, contro il processo di privatizzazione della industria petrolifera nazionale.

L’articolo, istruttivo, mostra la continuità sostanziale tra la “era Nazarbayev” (32 anni di “riforme liberalizzatrici”) e l’attuale governo capitanato da Toqaev nel segno delle politiche “neo-liberiste” che hanno spalancato la strada agli investitori stranieri, sia quelli occidentali (su cui insiste l’articolo), sia quelli russi e cinesi – investitori richiamati da condizioni favorevolissime stabilite nel corso dei decenni dal precedente governo-regime (esenzione di dieci anni dall’imposta societaria, di 8 anni dall’imposta sugli immobili, e il congelamento per 10 anni sulla maggior parte delle altre imposte, e perfino un “difensore civico” per i diritti e gli interessi degli investitori…) con la creazione di dieci zone economiche speciali, ognuna con una sua particolarità quanto ai “settori prioritari di sviluppo”.

Questo accadeva e accade nella sfera di influenza russa, e – in questo caso – russa-cinese, nella quale, inutile dire, date queste regole fiscali così sfacciatamente favorevoli al capitale, si sono precipitati anche i capitali multinazionali con base negli Stati Uniti e in Europa. Ecco un altro paese all’interno del quale infuria lo scontro tra pescecani dei due campi imperialisti a confronto e scontro in Ucraina. Il processo di privatizzazione, creazione di appalti e sub-appalti, decurtazione brutale del numero dei dipendenti, ha assestato colpi su colpi ad una classe operaia chiamata sempre più a fronteggiare anche un’inflazione rampante – queste le precondizioni di forti lotte operaie. Che sono da far conoscere, e con cui solidarizzare, spazzando via la pidocchiosa riserva mentale secondo cui gli operai, i proletari, gli sfruttati dell’area di influenza russo-cinese si muovano a comando dell’Occidente.

Il testo è in inglese, una scrittura lineare e chiara. Meglio sarebbe stato tradurlo in italiano, ma per realizzare in modo sistematico questo lavoro, servono nuovi aiuti, non bastando gli attuali traduttori. Compagne, compagni, fatevi avanti! Inviate la vostra disponibilità a com.internazionalista@gmail.com (Red.)

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Friday, April 14, 2023

Kazakhstan: Mass strikes in Zhanaozen and Mangistau following the arrest of oil workers in Astana

Kazakhstan is again shaken by events related to mass rallies and strikes, which also began in the oil-producing western region of the country. 

The reason for the protests was the mass arrest on Tuesday of a delegation of dismissed oil workers who went to Astana (now Nur-Sultan) to seek the truth from officials of the Ministry of Energy.

It all started with the fact that in early April, several hundred workers of the BeraliMangistau Company contractor staged a round-the-clock sit-in protest in the city of Zhanaozen, Mangistau region, at the office of the state company Ozenmunaigas, which is part of the national corporation KazMunaiGas (an analogue of Gazprom). The fact is that they all lost their jobs at once after their private service company lost the tender for carrying out the necessary work.

In this regard, the dismissed workers demanded to include them all in the composition of the state company Ozenmunaigas, repeating the previous statements of the striking oil workers in 2021 and 2022 about the need to cancel the results of production optimization and privatization of auxiliary enterprises with the return of their teams back.

In fact, in practice, this means the demand for nationalization, since as a result of the “reforms” carried out over the past ten years by the Western management of quasi-state-owned companies, tens of thousands of workers ended up in numerous private LLP, losing in the social package and earnings.

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Mestre, 1° aprile: Lotte operaie e sociali, repressione dei padroni e dello stato. Ne discutiamo con Eddy Sorge (Movimento 7 novembre), Mohamed Arafat e Alessandro Zadra (SI Cobas) (inglese, francese, arabo)

Dalla Francia e dalla Grecia ci arrivano in questi giorni segnali chiari e forti di risveglio della grande massa dei lavoratori, scesi in lotta – e che lotta! – contro i loro governi, le spese militari, i tagli alla spesa sociale.

In Italia segnali importanti di risveglio dei lavoratori sono venuti, negli ultimi anni e negli ultimi tempi, dalle lotte dei facchini e dei driver immigrati organizzati con il SI Cobas contro le multinazionali della logistica, e dai disoccupati organizzati di Napoli del Movimento 7 novembre. Queste lotte hanno conquistato grandi miglioramenti dei salari e degli orari di lavoro nei magazzini, e sbocchi di formazione e lavoro a Napoli. E hanno avuto il merito di porre questioni generali come il no alla guerra e all’economia di guerra, il no alla precarietà e al carovita, e denunciare le politiche razziste di guerra agli immigrati. Da queste lotte è partito anche un caldo appello agli studenti, ai giovani ambientalisti, al sindacalismo di base, alla massa delle sfruttate e degli sfruttati per dare vita a un fronte di classe unitario contro il padronato, il governo Meloni, le decisioni di UE e Nato.

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La tragedia di Crotone: i meno colpevoli di tutti sono gli scafisti… (italiano – english)

Non c’era bisogno della testimonianza del medico e soccorritore calabrese Orlando Amodeo per comprendere che il governo Meloni, e per esso il ministro Piantedosi, ha voluto l’orrenda strage di Crotone. Benvenuto comunque, tra moltitudini di quacquaraqua, un autentico essere umano capace di spiattellare in tv una verità elementare: per lo stato era possibile, assolutamente possibile, salvarli.

Chapeau anche al miserabile ministro che ha rivendicato apertamente la necessità di questa e altre mattanze: “Salvarli, non salvarli… il problema è non farli partire”. Un nemico dichiarato degli emigranti (e nostro), perfetta incarnazione del razzismo di stato, lo stato democratico post-fascista.

Insopportabile, invece, è lo scandalo delle mammolette di “sinistra” o pentastellate che hanno già dimenticato i decreti Minniti e i decreti Salvini, da loro votati e lodati (ricordate il Conte-1 sorridente con ai suoi fianchi Salvini e Di Maio?), che hanno tracciato il solco per i decreti Piantedosi.

Doppiamente insopportabile, per il suo cinismo, lo scaricabarile di governo e Quirinale, un tandem molto affiatato, sull’Unione europea che dovrebbe fare questo e quello. Sanno a memoria che la militarizzazione delle politiche migratorie e la esternalizzazione delle frontiere oggi invocate come la soluzione “condivisa” da adottare per “risolvere” il problema delle migrazioni verso l’Europa sono da tempo la politica ufficiale dell’Unione europea – falsissima soluzione, capace solo di produrre indebitamento, schiavitù, tortura, indicibili sofferenze, morte. Una politica che da molto tempo noi internazionalisti rivoluzionari abbiamo definito di guerra agli emigranti e agli immigrati, e denunciato come parte costitutiva di una complessiva guerra di classe ai lavoratori. Con il tentativo, anche, di arruolare gli sfruttati autoctoni contro quelli costretti, costi quel che costi, a immigrare qui dal vecchio e nuovo colonialismo.

Una questione-chiave per la rinascita del movimento proletario e la lotta al capitalismo, ancor oggi messa in secondo piano in molti ambienti militanti.

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