L’Ucraina: Eldorado dell’industria della morte – Giulia Luzzi

Riprendiamo dal sito Combat-COC questo ben documentato articolo sulle crescenti sinergie tedesco-ucraine nell’industria degli armamenti, giustamente ridenominata dai compagni che scrivono: industria della morte. C’è di sicuro anche questo fattore dietro il progressivo allentamento del ruolo di freno agli “aiuti” bellici a Kiev svolto in un primo momento dal cancelliere tedesco Scholz rispetto all’assatanata ministra degli esteri Baerbock: gli “aiuti” debbono essere in primi luogo incentivi, profitti – meglio ancora se super-profitti – assicurati, al capitale germanico. Una regola, del resto, universale.

Di quale atroce auto-inganno cadono vittime i lavoratori e le lavoratrici ucraine se si illudono che le sinergie tedesco-ucraine nell’industria bellica, o le gigantesche forniture di armi da parte degli Stati Uniti e dei paesi europei, serviranno alla difesa della loro vita e della loro libertà. (Red.)

Abbiamo sostenuto che la guerra in Ucraina è una guerra imperialista per lo sfruttamento della classe lavoratrice e delle risorse naturali ucraine.

La rapina era già in corso da anni, con i capitali occidentali ad occupare spazi ceduti dai gruppi capitalistici russi – e ucraini – in difficoltà.

La Germania aveva tenuto una posizione attendista, non volendo guastare i rapporti con la Russia, principale fornitrice di energia e acquirente di macchinari, oltre che terreno di investimento.

Con la guerra Russia/NATO in Ucraina la Germania è stata costretta (dagli USA) a tagliare parte dei rapporti economici con la Russia, ma in cambio pretende la fetta più grande della torta ucraina, e non sta a guardare.

Il settore che più tira di questi tempi è quello degli armamenti: domanda e profitti sono assicurati. In Ucraina armi e munizioni sono certamente gli articoli più richiesti e … consumati (insieme alle casse da morto).

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Zelensky: il “nostro uomo” a Kiev. E, ove andasse male, a Forte dei Marmi…

La parossistica propaganda di guerra montata in questi giorni intorno alla visita di Zelensky in Italia ci obbliga a dire qualcosa su questo “personaggio”, i suoi mandanti, il suo destino. Come potete immaginare, se ci leggete anche velocemente, non è certo il ruolo e il destino di costui in quanto individuo che ci può interessare, quanto il cinico uso che ne fanno i “nostri” padroni e governanti all’interno dei loro piani di guerra – contro i quali si sta facendo maledettamente poco! (Red.)

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Stavolta la Meloni ha sbagliato davvero di un nulla nel sostenere che “L’Ucraina combatte anche per noi”. C’è solo un anche di troppo. L’Ucraina, sia il governo dell’Ucraina che il suo esercito, combatte realmente per “noi”. Per “noi” Italia, UE, NATO, Stati Uniti, da burattini dei capitalisti dell’UE, della NATO, degli Stati Uniti, quali sono attualmente diventati i suoi governanti, Zelensky in testa.

Nel diluvio di frasi di circostanza sulla visita di costui a Roma, nessuno ha osato ricordare che questo individuo vinse le elezioni nella primavera del 2019 promettendo non guerra, bensì colloqui con la Russia. Vinse da “moderato” contro Poroshenko che, al contrario, aveva caratterizzato tutta la sua campagna elettorale in chiave violentemente bellicista e anti-russa con lo slogan “esercito, lingua e fede”, uno slogan gridato andando in giro in tuta mimetica (vi ricorda qualcuno?). L’attuale sottufficiale della Nato Zelensky stravinse (con l’87% dei voti) proprio nelle zone orientali dell’Ucraina, le più abitate dagli ucraini di origini russe – un particolare, questo, indigesto anche ai filo-russi.

Nessuno osa ricordare, allora lo ricordiamo noi, che solo 4 anni fa il “grande personaggio” onnipresente alle riunioni del G-7, dei vertici europei, nei summit finanziari, nei festival canori (perfino ove fosse, in via eccezionale, assente come nella 67^ edizione di Eurovision) veniva preso per i fondelli anche da oscuri redattori dell’Ansa e dell’Agi.

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“La guerra in Ucraina: scontro tra imperi sulla pelle dei popoli”. Video della relazione di Pietro Basso al Kinesis di Tradate – 20 aprile

Il 20 aprile, al Centro sociale Kinesis di Tradate, Pietro Basso ha presentato il libro scritto dai compagni e dalle compagne della TIR, “La guerra in Ucraina e l’internazionalismo proletario”, giunto alla seconda ristampa.

Gli organizzatori di questo incontro partecipato e molto vivace hanno messo in rete la relazione iniziale, stringata, concentrata sull’essenziale, che qui riprendiamo. (Red.)

Milano, 11 giugno. Assemblea per rilanciare l’iniziativa di classe internazionalista contro la guerra imperialista in Ucraina – Fc, Fgc, Iskra, Tir

La guerra in atto tra il blocco USA-NATO-UE e Federazione Russa nel territorio ucraino conosce una continua escalation dagli esiti imprevedibili. Sul campo, centinaia di migliaia di soldati combattono un conflitto sanguinosissimo, con una terribile distruzione di vite umane e ambientale, dando così l’idea di quale apocalittica catastrofe potrebbe essere, per l’umanità e la natura, una nuova guerra mondiale in pieno ventunesimo secolo.

I governi del blocco imperialista euro-atlantico spingono furiosamente perché il massacro prosegua e si allarghi “fino all’ultimo ucraino”, inviando ingenti quantità di aiuti militari in ogni forma – fino alla fornitura di proiettili all’uranio e alla riaffermazione della dottrina dello “strike first” rispetto all’impiego dell’arsenale atomico statunitense. La propaganda di guerra di Putin e del governo russo non sono da meno, ed esprimono la chiara volontà di proseguire la guerra fino al raggiungimento dei propri obiettivi, alla base della decisione strategicamente ponderata di garantire in questo modo gli interessi della propria borghesia.

Lo scontro bellico in atto in Ucraina appare sempre più come un momento di svolta epocale, in cui la competizione inter-imperialista per il controllo di risorse, infrastrutture e tratte commerciali, mercati e territori strategici scende sul piano militare su una scala enorme, con il confronto a tutto campo tra il tentativo degli USA di mantenere la propria posizione apicale e la volontà da parte di un nuovo blocco in formazione attorno a Cina e Russia di affermare un nuovo assetto internazionale.

È, al tempo stesso, una guerra con pesanti ricadute anche sui lavoratori dei paesi che, per ora, non hanno proprie truppe massicciamente sul campo. È partita una frenetica corsa mondiale al riarmo con giganteschi piani di spese militari, con cui tutti i paesi cercano di farsi trovare più pronti possibile ad ogni evenienza in un contesto di rapida dislocazione di forze tra i blocchi imperialisti e dentro di essi.

Il passaggio ad un nuovo ordine mondiale “multipolare” non sarà in alcun modo pacifico ed indolore. Chi lo sostiene, esprime una posizione opposta agli interessi del proletariato e delle masse oppresse di tutto il globo: un mondo “multipolare”, costituito strutturalmente da campi imperialisti in accesa e costante competizione tra loro, produrrà una tendenza alla guerra sempre più acuta, e un peggioramento globale delle condizioni di vita e di lavoro della classe lavoratrice.

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Rilanciare l’iniziativa di classe, internazionalista contro la guerra in Ucraina e la preparazione di un nuovo massacro mondiale – Dichiarazione di Fc, Fgc, Iskra, Tir

Rilanciare l’iniziativa di classe, internazionalista contro la guerra imperialista in Ucraina e la preparazione di un nuovo massacro mondiale

A più di un anno dall’invasione russa dell’Ucraina, alcuni dati di fatto appaiono incontestabili:

1. Lungi dall’avviarsi a finire, o anche solo a fermarsi con una provvisoria tregua, la guerra in atto tra NATO e Russia nel territorio ucraino conosce una continua escalation dagli esiti imprevedibili. Sono in particolare gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Polonia a spingere furiosamente perché il massacro prosegua e si allarghi “fino all’ultimo ucraino”. La decisione della Corte penale internazionale dell’Aia di incriminare Putin e la fornitura a Kiev di armi sempre più offensive e letali – da ultimo caccia bombardieri e proiettili all’uranio impoverito – non lasciano alcun dubbio a riguardo. All’Ucraina di Zelensky è stato dato l’ordine di impegnare sul campo e provocare la Russia fino al totale esaurimento delle proprie forze, fino all’auto-distruzione.

2. L’avvio della “operazione militare speciale” da parte della Russia di Putin non è stato un folle gesto di disperazione, ma una decisione ponderata strategicamente da parte del governo russo per perseguire gli interessi della propria borghesia e dei propri monopoli, portando la competizione con gli Stati Uniti, l’UE e i loro alleati per il controllo di risorse, infrastrutture e tratte commerciali, mercati e territori strategici, anche sul terreno militare. E nel terribile bagno di sangue di questa nuova guerra avanza in modo ormai esplicito la rivendicazione, da parte di Mosca e non solo, di “un nuovo ordine mondiale multipolare”. La decisione di invadere l’Ucraina, infatti, è stata presa dal governo russo sapendo di avere dietro di sé, accanto a sé, o almeno in posizione non ostile, oltre il “partner strategico” Cina, una serie di potenze regionali che, se non esprimono aperta ostilità nei confronti del blocco imperialista euro-atlantico, quanto meno non riconoscono nel mondo “unipolare” a guida statunitense l’unico orizzonte possibile per l’affermazione degli interessi delle proprie borghesie.

3. Lo scoppio della guerra aperta tra NATO e Russia in Ucraina sta provocando una rapida dislocazione di forze tra i blocchi imperialisti e dentro di essi. Gli Stati Uniti hanno profittato della mossa della Russia per infliggere all’UE, e in specie alla Germania, colpi durissimi sia quanto agli approvvigionamenti energetici, che nella costruzione degli assi commerciali con la Cina. Ciò ha provocato un brusco freno alle spinte all’“autonomizzazione” dagli Stati Uniti dell’UE e dei singoli paesi membri. Ma la recente sortita di Macron dimostra che ai vertici dell’UE, non solo a Parigi, c’è comunque l’intenzione di proteggere in qualche modo i propri interessi dai brutali ricatti della vecchia super-potenza. Importanti cambiamenti in politica estera stanno riguardando anche l’Arabia Saudita, la Turchia, l’Egitto, l’intero Medio Oriente, e sono legati alla intensa tessitura di fili economici e diplomatici che Pechino sta mettendo in atto a scala globale, attraverso i rapporti bilaterali, i Brics, l’Organizzazione di Shanghai per la cooperazione, la nuova Via della Seta, etc. Un quadro di estrema confusione nel quale tutte le grandi e le medie potenze si muovono per guadagnare in proprio “spazio vitale” e risorse, e allontanare da sé, scaricandolo sui concorrenti, il rischio di una violenta esplosione degli antagonismi di classe.

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