Questo articolo comparso su Senza Tregua, giornale del Fronte della gioventù comunista, denuncia in maniera chiara e puntuale un aspetto particolare dell’azione anti-operaia del governo Meloni che è di grande importanza per l’intensificazione dello sfruttamento dei lavoratori salariati di tutti i settori di attività, soprattutto dei più giovani. (Red.)
Dopo aver smantellato il Reddito di Cittadinanza e aver promosso una Legge di Bilancio lacrime e sangue per i proletari, il Governo Meloni si prepara, attraverso la modifica del Decreto Dignità, a liberalizzare ulteriormente i contratti a tempo determinato. Infatti, dopo la “Santa Crociata” a reti unificate in “favore” del lavoro e dell’occupazione, l’obiettivo dell’esecutivo sarebbe di allargare le maglie dei contratti a tempo determinato, eliminando del tutto le causali e allungando così la durata massima della precarietà e della flessibilità di questi contratti. Non c’è che dire: il problema urgente per il governo è dare lavoro a quegli scansafatiche che non vogliono fare nulla. Poi se questo lavoro è sempre più precario, sottopagato e si presta maggiormente a forme di ricatto, poco male!
In particolare, l’indirizzo espresso nelle dichiarazioni rilasciate fino ad ora, si concentra nel rimuovere tutta una serie di vincoli (sebbene già molto morbidi e facilmente aggirabili per i padroni) che il Decreto Dignità prevedeva, e che rendevano più difficile per le aziende prorogare la durata di un contratto a tempo determinato oltre i 12 mesi. Fino ad oggi, stando alla regolamentazione prevista dal Decreto Dignità, era possibile assumere lavoratori con contratto a tempo determinato per un massimo 12 mesi senza fornire alcuna causale, cioè senza il vincolo di dover indicare il motivo del lavoro temporaneo. Dopo i primi 12 mesi, per poter prorogare lo stesso contratto di altri 12 mesi, era invece necessario indicare tutta una serie di causali, come ad esempio esigenze temporanee e oggettive estranee all’attività ordinaria, sostituzione di lavoratori, incrementi temporanei e significativi dell’attività; tutte motivazioni comunque facilmente giustificabili e aggirabili da parte del datore di lavoro. Esauriti i 24 mesi non era più possibile procedere con la proroga del contratto a tempo determinato, quindi giunti al termine di questo lasso temporale si poneva la necessità di assumere la persona in modo stabile o, nella maggior parte dei casi ad onor del vero, di procedere con un licenziamento per rimpiazzarla con altri lavoratori.
Lungi dall’illusione che il Decreto Dignità abbia mai potuto rappresentare una qualche forma di avanzamento per le condizioni di vita dei lavoratori, è evidente come la nuova manovra sferri un altro duro colpo ai diritti dei proletari, in un contesto già di forte precarietà e sfruttamento nei luoghi di lavoro. Infatti, con la rimozione dei vincoli precedentemente previsti, come anticipato nel nuovo disegno di legge, il Governo lascia completa libertà ai padroni di prorogare un contratto di lavoro a tempo determinato a 24 mesi che, in alcuni casi, potrà essere prolungato ulteriormente, anche fino a 3 anni. Ovviamente tutto questo sarà reso possibile senza la necessità di dover fornire alcuna garanzia di assunzione a tempo indeterminato allo scadere di questi. Appare evidente, dunque, come questa nuova manovra avrà l’effetto di facilitare ulteriormente e aprire a maggiori possibilità per i padroni, piccoli e grandi, di affinare e portare al massimo il riciclo costante di forza-lavoro precaria, come già avviene ad esempio nel settore della logistica.
Ma cosa significa, per un proletario, avere un contratto a tempo determinato per due o anche tre anni?
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