Contro l’islamofobia – un libro, in arabo, di Pietro Basso e Fabio Perocco

Con la nuova sollevazione palestinese, puntuale e “inevitabile”, è arrivata un’altra velenosa razione di arabofobia e di islamofobia, promossa e guidata dalla formidabile macchina della propaganda israeliana.

Questa macchina, come ha osservato Moni Ovadia, ha la capacità di trasformare l’occupante, il colonizzatore, il demolitore di case, lo stato che organizza la pulizia etnica ai danni dei palestinesi, in vittima delle popolazioni che opprime con ogni mezzo da più di 70 anni.

La realtà è semplicemente rovesciata.

Questa operazione, poi, trasforma lo scontro sociale in atto, che è insieme nazionale e di classe, in una contesa tra il solo stato democratico e la sola società democratica del Medio Oriente, rappresentante lì della superiore civiltà democratica (e “giudaico-cristiana”), da un lato, e il “terrorismo” e la “inciviltà” araba e islamica che ne minaccierebbe l’esistenza, dall’altro.

Una volta di più è in azione l’industria dell’islamofobia, insonne, attiva h24, dominante, falsificatrice, ricattatoria; per la quale ogni critica dello stato di Israele, del suo colonialismo, della situazione di apartheid, della “pulizia etnica” in atto, della caccia agli arabi a cui possono dedicarsi, protette dallo stato, le bande dei coloni più fanatizzati, ogni denuncia e condanna di questo orrore è “anti-semitismo”, da assimilare a quello storico dei nazisti.

La diffusione di questo virus razzista (è il razzismo di stato, dello stato del capitale, che tanti/e, a differenza di noi, hanno paura di chiamare con il suo vero nome) non trova ancora una contro-reazione adeguata, per quanto siano state incoraggianti in questi giorni, anche in Italia, oltre che a Chicago, New York, Londra, Sidney, etc., le prime affollate e animate manifestazioni di sostegno alla causa palestinese. Che è, alla fin fine, la causa degli sfruttati e degli oppressi di tutto il mondo, atei o religiosi che siano, tanto quanto la causa dello stato e del governo di Israele è la causa degli sfruttatori e degli oppressori di tutto il mondo, quelli del mondo arabo perfettamente inclusi – a cominciare dagli squallidi petrolmonarchi per finire con tutti gli altri governanti, nessuno escluso.

Tra le pochissime voci fuori da questo coro, anzi: frontalmente contrapposte a questo coro istituzionale arabofobico e islamofobico, da posizioni di classe, internazionaliste, c’è questo blog, fiero della sua costante attenzione al movimento dei proletari delle proletarie e di tutte le masse oppresse del mondo “arabo-islamico”. Da materialisti marxisti, non siamo credenti, ma da anti-capitalisti e perciò anti-imperialisti, siamo irriducibili nemici di ogni forma di islamofobìa in quanto strumento di sfruttamento, di dominio, di malefica contrapposizione tra sfruttati/e.

Proprio su questo tema, la struttura e la funzione della industria dell’islamofobia, in Italia, in Europa, in Occidente, ci permettiamo qui di segnalare alle giovani leve palestinesi e di origini arabe che per la prima volta stanno animando qui in Italia e nel mondo occidentale le proteste di massa contro Israele e i governi occidentali complici, un libro da poco uscito per l’editore Dar Fadaat di Amman, dedicato proprio alla critica dell’islamofobia e alla denuncia delle terribili conseguenze che essa ha sulla vita degli immigrati e delle immigrate, anzitutto dei lavoratori e delle lavoratrici, in Italia e in Europa. Ne sono autori Pietro Basso, uno degli animatori di questo blog, e Fabio Perocco, professore della università Ca’ Foscari di Venezia.

La redazione del blog ha a sua disposizione un piccolo numero di copie che saranno inviate gratuitamente a chi le chiederà al seguente indirizzo email: com.internazionalista@gmail.com

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“La posta in gioco…” – siamo già alla prima ristampa

Con nostra sorpresa, siamo già alla prima ristampa del Quaderno del “Cuneo rosso” dedicato alla condizione delle donne e alla lotta delle donne nel mondo – intendiamo (come è ovvio): la stragrande maggioranza delle donne, operaie, proletarie, casalinghe, salariate o contadine povere.

Dai rimandi finora ricevuti, interpretiamo la cosa in questo modo: era tempo che venisse fatto un primo tentativo di inquadrare quella che oggi viene definita “la questione di genere” in un’ottica anticapitalista rivoluzionaria, come questione specifica che, però, non sta a sé. E come questione di prima importanza, non accessoria e marginale, nella lotta al sistema sociale capitalistico. Forse è piaciuto anche che questo primo tentativo, tale lo consideriamo, si sforzasse di rispondere ai più urgenti interrogativi sindacali, sociali e politici che si pongono su questo terreno.

Come rispondere all’attacco alle donne messo in atto in occasione della pandemia? Come difendersi dalla minaccia alla salute, dai futuri licenziamenti, dalla disoccupazione cronica, dalla povertà incombente, dall’isolamento portato dallo smart working, dal superlavoro che caratterizza il “nuovo modello” di casalinga, sulle cui spalle si scarica il lavoro di cura e di riproduzione sociale sempre meno sostenuto dallo stato e sempre più affiancato al lavoro precario e sottopagato? Come combattere la violenza individuale, forma parcellizzata di repressione dell’autonomia delle donne, e quella di stato che reprime le lotte e nega le possibilità di aggregazione? Come mettere fine alla mercificazione del corpo delle donne nelle forme inedite ed estreme in cui si manifesta oggi? Come contrastare l’attacco alle conquiste delle precedenti ondate del movimento femminista? Come affrontare l’aggressione alla natura e le minacce di nuove guerre ai popoli del sud del mondo, che spesso si spaccia per difesa dei diritti delle donne? 

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Amadeo Bordiga was the last Communist to challenge Stalin to his Face. An Interview with Pietro Basso, by David Broder (Jacobin)

In the hail of articles and books that appeared in Italy on the occasion of the 100th anniversary of the birth of the Communist Party of Italy in Livorno-1921, with the sole exception of Livorno Ventuno, the imposing figure of Amadeo Bordiga is canceled, or at least obscured, and – in any case – “appropriately” vilified. Not only by little men lacking in historical science and devoid of dignity, but also by young and old comrades, and mostly because, despite being genuineously interested in Bordiga, they have unfortunately come across a discredited view of his political and theoretical work. This interview with Pietro Basso by David Broder, which appeared on Jacobin some months ago, is dedicated to them.

Founder of the Communist Party of Italy in 1921, Amadeo Bordiga is little known today, even among scholars of that country’s Marxist traditions. Fifty years after his death, the first English-language collection of his writings shows why Bordiga shouldn’t be overlooked.

Amadeo Bordiga.

Even after the demise of the Italian Communist Party (PCI) in 1991, Antonio Gramsci’s influence has spread far beyond the ranks of the Left. But if Gramsci is better known for his reflection on culture and hegemony than for his direct Party involvement, there is an even greater veil of ignorance over his comrade Amadeo Bordiga. The party’s founder in 1921, Bordiga was expelled in 1930, to then be silenced and defamed by a party increasingly in the grip of Stalinism.

This — accompanied with Bordiga’s retreat from political activity under Fascism — have condemned his record to near-total oblivion. Even among his small band of comrades, Bordiga resisted any “celebrity,” in postwar decades publishing his political writings anonymously. Yet while he proudly asserted his own “inflexibility” — claiming only to restore the insights of Karl Marx, in the face of various falsifiers — Bordiga was himself a highly original thinker.

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