Il SI Cobas e lo sciopero del 16 dicembre

Nonostante la più che comprensibile resistenza di consistenti settori dei suoi stessi lavoratori, molto spesso nel mirino della CGIL (la FedEx-Tnt di Piacenza è soltanto l’esempio più clamoroso), il SI Cobas nazionale ha deciso di prendere parte alla giornata di sciopero del 16 dicembre con sue proprie iniziative e posizioni, organizzando scioperi in una serie di fabbriche dell’Emilia-Romagna (elencate qui sotto in questo post), nei magazzini FedEx di Bologna (dove si è verificata la paradossale situazione che i pochi iscritti CGIL non hanno scioperato…) e Unes di Vimodrone, volantinando al corteo di Milano, etc. La decisione è stata accolta con favore anche in altre strutture del sindacalismo “di base” e dai compagni del sito Pasado y presente del marxismo rivoluzionario, vedi qui. A quel che ci risulta, solo i delegati USB Stellantis di Melfi e lo Slai Cobas per il sindacato di classe hanno adottato una posizione analoga.

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Metalmeccanici, chimici, ceramiche: in numerose fabbriche il SI Cobas oggi ha scioperato, al fine di aprire una stagione nuova di conflitto e costruire un fronte unico di classe autonomo da padroni e vertici confederali.

Tra i metalmeccanici hanno scioperato: GSM di Villanova, Stellantis di Cento, Atti Fonderia di Bentivoglio, Officine Selleri Castel Maggiore, Fini compressori Zola Predosa.

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Italia, lo sciopero generale CGIL e UIL del 16 dicembre, di Fabrizio Burattini

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo articolo di Fabrizio Burattini, comparso su Brescia anticapitalista e, in traduzione francese, sul sito Alencontre. Questo testo inquadra in modo equilibrato e argomentato la proclamazione dello sciopero generale di CGIL e UIL del 16 dicembre scorso, “debole e clamorosamente tardivo”, non preparato da assemblee, senza “una vera piattaforma rivendicativa” e – in sostanza – con la sola rivendicazione che “il governo ascolti i vertici sindacali”. E, quanto al suo esito, coglie come solo segnale rilevante il fatto che in numerose aziende sia emersa,
nonostante la “stasi pluriennale”, una “significativa disponibilità alla lotta”. Non ci si può fare alcuna illusione, infatti, circa un cambiamento della linea ferocemente filo-padronale del governo Draghi a seguito dello sciopero, occultato e sbeffeggiato dalla quasi totalità dei mass media, e attaccato frontalmente nella giornata di ieri anche dalla CISL nella sua manifestazione filo-governativa a Roma.

Forse “una burocrazia sempre più inerme”, collaborazionista e subordinata tanto all’azienda-Italia, quanto alle singole aziende, dall’aver riempito alcune piazze potrà trarre “un po’ di respiro”, ma il rischio da non sottovalutare è che “sempre più numerosi siano le lavoratrici e i lavoratori che riterranno inutilmente testimoniali le iniziative di sciopero”. Quell’effetto-boomerang di “scioperi generali/non scioperi generali” che anche noi abbiamo indicato essere nell’ordine delle cose. Del tutto fuori discussione è, infatti, come
suppongono al Manifesto, che si possa trattare dell’“inizio di una nuova stagione” della CGIL all’insegna del conflitto di classe.

Altrettanto oggettiva è la registrazione di una divaricazione all’interno del “sindacalismo di base” tra una posizione di boicottaggio attivo o passivo dello sciopero, e la posizione assunta dal SI Cobas e da qualche struttura USB, come quella dei delegati Stellantis di Melfi, di affiancare nella lotta le lavoratrici e i lavoratori della CGIL “non rinunciando di sottolineare i pesantissimi limiti della iniziativa del 16 e di proporre percorsi alternativi”. E ci par di capire chiaramente quale di queste due posizioni politiche condivida il compagno che scrive.

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Nella giornata del 16 dicembre nelle piazze di numerose città italiane si sono raccolte decine di migliaia di lavoratrici e di lavoratori che hanno partecipato alla giornata di sciopero generale proclamato da Cgil e Uil. 

Il governo italiano presieduto da Mario Draghi si è insediato nel febbraio 2021 e si è caratterizzato fin dai suoi primi passi come un governo sfacciatamente filopadronale. Si è caratterizzato così per le modalità della sua istituzione, per la composizione dei suoi ministri, per le sue iniziative, il tutto esplicitato dall’entusiastico appoggio da parte delle organizzazioni del padronato. Lo abbiamo già dettagliatamente illustrato in un altro articolo.

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Per uno sciopero generale vero – Si Cobas

Dopo 7 anni di letargo i bonzi di CGIL e la UIL hanno indetto uno sciopero generale.

Uno sciopero vero, di quelli che fanno male a padroni e governo? Non pare proprio.

Uno sciopero vero non si prepara in 6 giorni, senza fare assemblee in tutte le fabbriche e luoghi di lavoro.

Non si chiamano i lavoratori a scioperare su obiettivi fumosi mentre l’inflazione manda in fumo i salari. Non si indice uno sciopero generale contro la politica antioperaia del Governo dicendo che il suo capo, Mario Draghi, “è una risorsa per il paese”.

Non si fa sciopero generale per un mancato contentino, promesso da Draghi a Landini e Bombardieri per salvare loro la faccia, e bocciato dalla maggioranza del governo (il rinvio di un anno dello sgravio IRPEF a chi guadagna più di 75mila euro, in cambio riduzione di mezzo punto dei contributi in busta paga)!

Questo sciopero pare più un attestato di sopravvivenza, senza nessun progetto di lungo respiro, senza avere al centro i bisogni di milioni di lavoratori e lavoratrici, le cui condizioni materiali peggiorano rapidamente e quotidianamente.

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Sullo sciopero generale indetto da CGIL e UIL

E allora, a meno di una revoca dell’ultimissimo momento a fronte di concessioni insignificanti da sbandierare come conquiste dovute alla minaccia dello sciopero, il prossimo 16 dicembre si terrà lo sciopero generale convocato da CGIL e UIL.  

Se così sarà, siamo stati smentiti, ed è bene riconoscerlo. Forse, però, è altrettanto vero affermare che non siamo stati smentiti.

Partiamo dalla smentita.

Avevamo predetto che non ci sarebbe stato alcuno sciopero generale indetto dalla CGIL: “Né sulle pensioni, né contro i licenziamenti. Né contro la disoccupazione, né contro il carovita e l’assalto a quel che resta di pubblico e di non totalmente aziendalizzato nei servizi pubblici. Né per protestare contro la strage di morti sul lavoro, né contro il discriminatorio “green pass”. Né per denunciare l’esistenza in tanti luoghi e settori di una Textprint in via di estensione con orari di lavoro fino a 12 ore (formalizzati anche in alcune Usl del Veneto). Né contro le ripetute violenze della polizia e dei carabinieri ai picchetti e le restrizioni al diritto di manifestare. Né per l’insulto di un PNRR che incentiva ulteriormente l’aziendalizzazione della sanità e l’allontanamento di ogni rapporto personale tra medico e paziente. Né per protestare contro il balzo in avanti (+8%) delle spese militari mentre si ritorna a lesinare sulla spesa sociale. Né – ovviamente – per tutti questi temi assieme. Niente di niente, ad eccezione di qualche sciopero di settore obbligato, una tantum, e rigorosamente separato da ogni altra vertenza.”

Ora, davanti alla proclamazione dello sciopero, la prima domanda da porsi è: chi ha obbligato i vertici di CGIL e UIL a questo passo? La loro base fremente di sdegno per la macelleria sociale messa in atto dal governo Draghi e per l’illimitata arroganza di Confindustria? Non pare. Nelle fabbriche e negli altri luoghi di lavoro c’è scontento ed anche rabbia per il modo in cui sono trattati nella finanziaria i “lavoratori essenziali”, ma – al momento – prevalgono la sfiducia e la tendenza a cercare delle minime “compensazioni” a livello aziendale, con straordinari e premi di produzione. Né si può sostenere che la decisione sia stata presa per la paura di essere messi all’angolo nell’immediato dal sindacalismo di base – infatti, senza nulla togliere al valore della partecipazione degli operai dell’Elettrolux di Susegana e della Gkn, dobbiamo ammettere che gli scioperi dell’11 e 15 ottobre non sono riusciti a coinvolgere una quota minimamente significativa degli operai e proletari iscritti alla CGIL, inclusi quelli che si riconoscono nell’opposizione ‘il sindacato è un’altra cosa”. Che a sua volta non può certo intestarsi una vittoria, rivendicando che la proclamazione dello sciopero generale è il frutto della sua protesta ferro-e-fuoco (nessuno l’ha vista, francamente).

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