
Mentre nel mondo dorato delle stelle hollywoodiane Will Smith tirava un ceffone a Chris Rock, nel mondo reale di chi a stento vive del proprio lavoro il neonato sindacato indipendente Amazon Labor Union (ALU) dava una ben piu’ dolorosa sberla al colosso di Jeff Bezos, imponendo la propria combattiva presenza grazie ai voti favorevoli conquistati in un magazzino dello Staten Island, uno dei cinque distretti di New York. Riprendiamo da Labor Notes del 1° aprile l’eccitata cronaca di questa vittoria che i lavoratori e le lavoratrici coinvolte considerano storica. Storica perché, come e più di tutte le aziende di successo di ultima generazione, Amazon ha una spietata e sofisticata politica volta ad impedire ogni forma di organizzazione sindacale.
La notizia e’ davvero importante, ed ha infatti bucato lo schermo dei media ufficiali, perche’ è stata ottenuta contro il gigante delle multinazionali statunitensi. ALU e’ il frutto di un lavoro meticoloso e febbrile dal basso, che ha coinvolto giovani lavoratrici e lavoratori latinos, afroamericani e bianchi. E’ un’espressione schietta del proletariato del XXI secolo, cosi’ negli Stati Uniti, come anche, in misura minore, in Europa: un proletariato multirazziale e forte di una componente giovanile e femminile disposta alla lotta.
Per capire quanto si sta muovendo in termini di lotta nei gironi di Amazon bisogna guardare indietro alle mobilitazioni internazionali dello scorso autunno. Cio’ e’ politicamente opportuno perche’ sia la composizione dei settori di proletariato spremuti dal gigante della logistica, sia l’orizzonte globale dell’azione di Amazon chiamano prepotentemente in causa una prospettiva di lotta internazionalista. Non meno importante e’ la capacita’ di apertura dimostrata da ALU nei confronti di organizzazioni della sinistra radicale e delle associazioni di comunita’. L’attuale giro di vite repressivo contro il movimento di lotta della logistica guidato dal SI-Cobas in Italia conferma come sia cruciale rompere il muro del silenzio facendo uscire la lotta fuori dai luoghi di lavoro – quei grigi magazzini avvolti nella nebbia sporca della Val Padana.
E’ presto per dire se questo esempio di auto-attività proletaria sarà seguito da altri sfruttati in altri magazzini. Comunque vada è un altro segnale che l’altra America, la nostra America, l’America del proletariato, non dorme. L’avventurismo criminale con cui l’amministrazione Biden sta incentivando la guerra in Ucraina e in Europa ha anche questo retroterra costituito da un fronte interno inquieto, molto inquieto – come già ebbe modo di constatare l’amministrazione Trump con il movimento del Black Lives Matter.
Lo scoppio della guerra per l’Ucraina ci ha scaraventati in un nuovo secolo di ferro: di morte, cioe’, e di devastazione potenzialmente illimitata della ricchezza sociale frutto della fatica, del tempo, dell’immaginazione e dell’amore dell’umanita’ che lavora; questo senza parlare della catastrofe ecologica. E’ un abisso che si apre alimentando a sinistra disorientamento e sbandamenti. Si insegue ora la bandiera campista del kompagno Putin, ora quella atlantista di Biden e dei suoi malsicuri colleghi europei – vecchi lupi famelici mal travestiti da agnelli. Il problema e’ che ci si rivolge comunque verso “l’alto”, verso i nostri nemici di classe, mai ai “nostri” fratelli e sorelle. Manca cioe’ una prospettiva di classe internazionalista, l’unica possibile via d’uscita. Soprattutto, e’ vitale che tale prospettiva sia incarnata da un movimento reale. La nascita di ALU da’ un piccolo segnale in questa direzione.
Chi legge noterà quanto insostenibile è la pretesa capitalistica di aver cancellato per sempre l’enorme tradizione di lotta del proletariato internazionale, che riemergerà prepotentemente dal sottosuolo in cui è stata ricacciata, con la speciale irruenza dell’imprevisto e dell'”imprevedibile”. Come dice l’impunito Chris Smalls, ex-promessa dell’hip-hop, diventato d’improvviso avanguardia di una lotta di grande rilievo: “la vita è folle. E’ tutto quel che posso dire. Chi l’avrebbe immaginato?”. (red.)
***
Sembra una roba magica, da film Disney. Ma ieri l’improbabile e’ diventato piu’ che probabile, quando il gruppo di lavoratori malconci che ha messo su l’Amazon Labor Union si e’ posizionato in testa nell’elezione sindacale tenutasi in un magazzino del distretto di Staten Island, a New York, ed e’ cosi’ giunto al traguardo di una vittoria storica dei lavoratori contro il colosso aziendale.
Prima della conta la maggior parte dei cronisti aveva escluso ogni possibilita’ di vittoria per questo sindacato indipendente, trattandolo alla stregua di una curiosita’ nel migliore dei casi. “Penso ci abbiano sottovalutato”, ha detto giovedi’ notte il tesoriere dell’ALU Madeline Wesley. “E penso smetteranno di farlo domani, quando risulteremo vincitori.”
Oggi l’ALU ha strappato una vittoria decisiva, vincendo con largo margine, e vedendo cosi’ premiato l’obiettivo di creare lil primo luogo di lavoro sindacalizzato nella vasta rete di centri Amazon di stoccaggio, distribuzione e smistamento che copre gli Stati Uniti. Tali strutture sono concentrate in aree metropolitane come New York, Chicago e Los Angeles, e cio’ apre la strada alla diffusione dell’organizzazione sindacale.
Continua a leggere New York: i lavoratori di Amazon strappano una vittoria storica – Labor Notes (italiano – english)