9 ottobre – in piazza a Roma le associazioni delle vittime del profitto

MOZIONE

L’ assemblea nazionale dei lavoratori combattivi e il Sicobas aderiscono alla manifestazione organizzata dal Comitato NOI, 9 OTTOBRE.

Nella Giornata Nazionale in Memoria delle vittime delle stragi industriali e ambientali (9 ottobre) le vittime del profitto scendono in piazza.

DAL VAJONT A VIAREGGIO, DALLA TORRE PILOTI AL PONTE MORANDI, DALLE STRAGI SUL LAVORO E DELL’AMIANTO ALLE TERRE DEI FUOCHI, DALLE LEGGI SU SICUREZZA E PREVENZIONE IGNORATE AI PROCESSI SENZA GIUSTIZIA E ALL’IMPUNITÀ PER I CRIMINI DELLE IMPRESE.

Con lo sblocco dei licenziamenti varato dal governo Draghi peggiorano le condizioni salariali e di vita di milioni di lavoratrici e lavoratori, proletarie e proletari. Più disoccupati, aumento della precarietà, ricatti e salari da fame, peggioramento delle condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro, aumento dei morti sul lavoro, dei ritmi, inasprimento della repressione contro gli scioperi e contro le lotte sindacali e sociali. Questo è il prezzo che gli operai, i lavoratori pagano per aumentare i profitti dei padroni.

Separare il movimento dei lavoratori dalle lotte sociali e ambientali anticapitaliste è servito in questi anni a isolare le lotte a tutto vantaggio del capitale.

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Per lo sciopero generale dell’11 ottobre indetto da tutto il sindacalismo “di base”

Fin dal primo lancio del Patto d’azione anti-capitalista (settembre 2018) e dell’Assemblea delle lavoratrici e dei lavoratori combattivi (settembre 2020), abbiamo martellato sulla necessità che si costituisse un polo di opposizione di classe al padronato e al governo il più ampio possibile, sulla scia tracciata negli ultimi anni dalle lotte dei facchini della logistica, lotte che hanno avuto nel SI Cobas il principale vettore di auto-organizzazione e di organizzazione. Anche se in molti lo fanno scivolare in secondo piano, infatti, è del tutto evidente che si è arrivati allo sciopero del 18 giugno, e ora a questo sciopero dell’11 ottobre, sulla spinta dello scontro con la FedEx-Tnt e dei suoi duri risvolti repressivi, fino all’uccisione di Adil Belakhdim. 

Accogliamo perciò con soddisfazione l’indizione dello sciopero generale dell’11 ottobre da parte di una molteplicità di sigle del cd. sindacalismo di base. Se le organizzazioni firmatarie di questo appello si impegneranno a fondo alla loro riuscita, sarà un passo in avanti rispetto all’iniziativa del 29 gennaio scorso, specie se si riuscirà a coinvolgere almeno un primo contingente di operai e di lavoratori/lavoratrici che fanno tuttora riferimento a Cgil, Cisl, Uil, e alcuni settori dell’immenso mondo del lavoro precario e ultra-precario non sindacalizzato.

Detto questo, e ammesso che – inevitabilmente – una sintesi di posizioni tra 14 differenti sigle non poteva non risentire dello sforzo “diplomatico” necessario a conservare l’unità, ci sono almeno tre rilievi critici da fare, come Tendenza internazionalista rivoluzionaria.

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Luglio 2021. Ricordando Carlo e la repressione, ma non solo – Csa Vittoria

A distanza di 20 anni dalle giornate di Genova 2001 e dall’assassinio di Carlo Giuliani notiamo un “risveglio giornalistico” in alcuni esempi basato su una “sensibilità democratica” ma che ripropone, nella stragrande maggioranza dei casi, una narrazione falsata della realtà quasi a giustificare la barbarie e la disumanità della repressione, nelle modalità omicida e “sudamericana” di quei giorni, come contraltare alla “violenza” dei manifestanti.

La verità è però un’altra, e vogliamo solo ricordare, oltre all’assassinio di Carlo Giuliani e ai danni permanenti riportati dai feriti della Diaz sgomberata manu militari da una squadraccia fascista in divisa, ci sono state condanne a più di 10 anni per numerosi compagni e compagne incappati nella vendetta di stato, mentre invece la direzione dei massacratori ha fatto carriera sul sangue di centinaia manifestanti.

Nel 2001, insieme a decine di realtà territoriali e ad un pezzo del sindacalismo di base, avevamo contribuito a fondare il “Network dei diritti globali” anche aggregando strutture politiche, sindacali e antifasciste europee su posizioni di critica alla globalizzazione da un punto di vista di classe.

Questo aggregato ha rappresentato a Genova le opzioni anticapitaliste più coerenti e certamente non proiettate alla ricerca smodata di forme di rappresentanza istituzionale, come altri pezzi dell’allora movimento.

Quell’opzione politica però, con il suo concentramento in Piazza Da Novi, fu la prima piazza tematica spazzata via della trappola ben orchestrata ma, insieme alla denuncia della mattanza e della scientifica repressione applicata per fermare quel generico ma evidentemente pericoloso immaginario collettivo, non viene mai accoppiata una riflessione, un fare i conti noi tutti, con quelle giornate per evitare errori da non più ripetere. Per chi vorrà farlo.

In molti, parlando solo di repressione e di “Black block”, si sono dimenticati di analizzare quelle giornate da un punto di vista politico, nel sondare le speranze eterogenee espresse da quelle centinaia di migliaia di manifestanti che hanno continuato a marciare sotto i candelotti, nel verificare le ipotesi costitutive, qualora ce ne fossero state in senso compiuto e condiviso, o se fosse il mettere insieme una generica protesta.

Riproponiamo a questo proposito delle brevi riflessioni del 2019 su quelle giornate perché ci sembrano ben calzanti e precise. Proprio in quell’anno incominciava a sedimentare il percorso del Patto d’Azione Anticapitalista che ha dato vita, in seguito, all’ Assemblea dei Lavoratori Combattivi e crediamo quindi che gli “anticorpi” di Genova abbiano generato qualcosa di positivo.

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In cammino verso lo sciopero generale contro il padronato, il governo Draghi, l’Unione europea – Assemblea nazionale a Bologna, domenica 11 luglio – SI Cobas

Come è scritto nel documento della Tendenza internazionalista rivoluzionaria, è del tutto evidente che il governo Draghi, approfittando del calo dei contagi e della propaganda di regime sulla ripresa (dei profitti) e sull’utilizzo dei fondi europei, sta accelerando il suo attacco all’insieme della classe lavoratrice.

L’ultima messinscena consumata ieri (29 giugno) a Roma con l’intesa tra governo, Confindustria e Cgil-Cisl-Uil, che prevede la raccomandazione alle imprese di ricorrere – prima di licenziare – alla cassa integrazione gratis, pagata per gran parte dalla stessa classe lavoratrice attraverso la fiscalità generale, costituisce l’ultimo via libera all’attacco del governo Draghi, che ha dato un contentino formale a Landini&Co. in cambio di un’ulteriore subordinazione reale delle burocrazie sindacali allo sblocco dei licenziamenti.

In questo quadro, sull’onda della settimana di forti mobilitazioni seguite allo sciopero della logistica del 18 giugno e all’assassinio di Adil Belakhdim, e mentre avviene un nuovo tentato omicidio contro un picchetto operaio ai cancelli della Miliardo Yida di Pontecurone (Alessandria), acquista ulteriore importanza la preparazione (per l’autunno) di un grande sciopero generale contro il padronato, il governo Draghi, l’Unione europea, delineata in questo testo che il SI Cobas ha proposto alle diverse componenti del sindacalismo “di base” e all’opposizione in Cgil. E che ha ricevuto ieri (29 giugno), in una riunione tenutasi a Roma, a cui hanno partecipato delegazioni dell’USB, dell’AdlCobas, dell’SGB, della CUB, dell’area Riconquistiamo Tutto – Opposizione CGIL, dell’USI, una prima risposta positiva.

L’assemblea di Bologna di domenica 11 luglio dovrà essere un passaggio utile, serrato e costruttivo in questa direzione, che la nostra Tendenza preconizza da anni. Pensare in grande, vincendo il particolarismo e lo spirito minoritario, rivolgerci alla massa del proletariato industriale e delle lavoratrici e dei lavoratori salariati, ai movimenti sociali nati sulle contraddizioni di genere, di razza, ecologiche irrisolvibili dal capitalismo, in una prospettiva internazionalista rivoluzionaria: è questa la consegna del momento.

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Invito a un’Assemblea nazionale in presenza – domenica 11 luglio a Bologna contro i licenziamenti, per fermare la violenza contro gli scioperi, per preparare un forte SCIOPERO GENERALE contro il padronato, il governo Draghi, l’Unione europea

Le intense giornate di sciopero e di mobilitazione di piazza di venerdì 18 e sabato 19 giugno, l’immediata, larga reazione all’assassinio del nostro compagno Adil Belakhdim, hanno dato ulteriore slancio alla proposta di arrivare, nei tempi necessari, ad un grande sciopero generale contro i licenziamenti, contro la repressione, contro Confindustria e il governo Draghi – una proposta già avanzata dall’Assemblea delle lavoratrici e dei lavoratori combattivi e da altri consessi.

La forza propulsiva di questa iniziativa viene dalle realtà operaie e proletarie in lotta, grandi e piccole, in primo luogo dalle lotte della logistica e dei trasporti. E l’abbiamo vista positivamente in azione nei giorni scorsi nello sciopero del 18 giugno, diventato lo sciopero dell’intero sindacalismo di base (Usb, Adl, Cub e Slai Cobas – una cosa del genere non accadeva da anni), proprio sotto la spinta della strenua resistenza dei licenziati FedEx di Piacenza e dei lavoratori TNT-FedEX organizzati con noi. Dopo l’uccisione di Adil e le aggressioni di stampo mafioso/squadristico ordite da FedEx-Zampieri a san Giuliano Milanese e Tavazzano, avvenute tutte sotto la protezione delle “forze dell’ordine”, dopo una sequenza di azioni repressive ad esse paragonabili (compiute anche dalla magistratura), l’organizzazione dello sciopero generale ha assunto anche un evidente significato di denuncia del ruolo svolto dal governo Draghi nel processo di strisciante messa fuori legge dello sciopero – in modo sostanziale o, nella logistica, in modo formale con il ricorso all’art. 146.

Su impulso di queste e altre lotte proletarie (nei porti e all’Alitalia ad esempio), e territoriali (con la ripresa della mobilitazione del movimento No Tav e le proteste per il diritto all’abitare), possiamo puntare ad allargare il perimetro della preparazione dello sciopero generale molto al di là del settore logistica e trasporti. Oltre a coinvolgere la più vasta area possibile del sindacalismo “di base”, l’organizzazione di questo sciopero dovrà raggiungere i tanti/e iscritti ai sindacati confederali sconcertati e scontenti per la politica di subordinazione ai padroni e al governo di Cgil-Cisl-Uil, e i tantissimi/e giovani senza sindacato, precari, disoccupati. A consentirlo sono proprio gli attacchi in gestazione dell’asse padronato/governo, per quanto Draghi&Co. stiano facendo un’incredibile demagogia sulla “ripartenza” – mentre già ci sono i segni sanitari, economici e politici che la mettono in discussione.

Nell’assemblea dell’11 luglio dovremo affrontare di petto le questioni che il padronato e il governo Draghi hanno messo all’odg per i prossimi mesi: i licenziamenti di massa dei tempi indeterminati, l’attacco al diritto di sciopero e – più in generale – la sistematica repressione delle lotte, la liberalizzazione degli appalti e dei sub-appalti, la riforma degli ammortizzatori sociali, l’assegno unico familiare, il contratto di scivolamento, lo “smart working” e la didattica a distanza, l’impatto sull’intensificazione dello sfruttamento del lavoro e la riduzione dei posti di lavoro dell’“industria 4.0”. Dovremo nello stesso tempo denunciare che l’attenuazione della pandemia sta servendo non a mettere in discussione le politiche di smantellamento della sanità pubblica e territoriale, ma al contrario all’ulteriore espansione della sanità privata e della commercializzazione del bene-salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro.

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Appello per uno sciopero generale contro i licenziamenti, la repressione, gli omicidi sul lavoro, il governo Draghi (italiano – english – arabo)

Qui di seguito l’Appello approvato ieri in una riunione telematica dell’Assemblea delle lavoratrici e dei lavoratori combattivi per la preparazione di uno sciopero generale contro i licenziamenti, contro la repressione, contro la infinita catena dei morti sul lavoro, contro il governo Draghi. Comincia ora il lavoro – difficile, e fondamentale – per la realizzazione di questo obiettivo, da perseguire rivolgendosi non solo all’intero sindacalismo “di base”, ma anche “ai tanti/e iscritti/e ai sindacati confederali, sconcertati e scontenti per la politica di subordinazione ai padroni e al governo” delle proprie organizzazioni, e “ai tantissimi/e giovani senza sindacato e in formazione”.

Con questa iniziativa, l’Assemblea intende andare molto oltre quello che è stato fin qui il suo perimetro, sulla spinta delle lotte “grandi e piccole” che ne hanno promosso la costituzione e ne hanno fin qui alimentato l’attività.

Ora, chi ha più filo da tessere, tessa!

In queste settimane nei palazzi del potere economico e politico, da Roma a Washington, si respira un’aria di grande ottimismo, se non proprio di festa. Dopo il tonfo dell’economia mondiale nel 2020, il più profondo da decenni, è in moto un processo di rilancio della produzione e dei profitti.

Se questo processo sarà duraturo o no, è tutto da vedere. La sola cosa certa è che è fondato su un enorme indebitamento di stato, e che il peso di questo debito verrà quanto prima scaricato sulla classe lavoratrice.

In Italia è in arrivo lo sblocco formale dei licenziamenti deciso dal governo Draghi dopo che ci sono già stati un massacro di posti di lavoro precari pari a 945.000 unità, in grandissima maggioranza donne, e una grandinata di licenziamenti disciplinari e anti-sindacali di avanguardie di lotta o di semplici lavoratori e lavoratrici con la spina dorsale diritta.

Tra l’estate e l’autunno altre centinaia di migliaia di proletari/e verranno gettati in mezzo a una strada. Nel contempo, agitando il ricatto della disoccupazione e della povertà, il padronato sta intensificando lo sfruttamento del lavoro con forme diffuse di vero e proprio schiavismo, perfino di lavoro totalmente gratuito, ai danni in particolare dei proletari immigrati. Uno degli effetti più scontati e drammatici di questo processo è l’aumento dei morti sul lavoro. 

In questo quadro di inasprimento dello sfruttamento e della precarietà si inserisce la totale liberalizzazione dei subappalti contenuta nel DL semplificazioni, finalizzata da un lato ad imprimere una vertiginosa e generalizzata corsa al ribasso nei livelli salariali e nelle tutele sui luoghi di lavoro, dall’altro ad alimentare ulteriormente i volumi d’affari dei caporali e della criminalità organizzata e garantire a questi ultimi, grazie ai flussi di denaro provenienti dal Recovery Plan, una nuova massiccia penetrazione nel business degli appalti nelle opere pubbliche per infrastrutture e servizi.

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