Lo spettro del socialismo è riapparso alla Casa Bianca…

Donald Trump hugs the flag at CPAC on Saturday. ‘America vs socialism’ was the official theme of this year’s CPAC, a slogan stamped all over the convention centre.

Avete ascoltato il discorso d’investitura di Trump? Oltre il prevedibile sciame di virus sciovinisti – la Brave America, l’America nazione eccezionale nella storia del mondo, il destino americano come destino di comando, e via nauseando – contiene una notizia che ha del sensazionale: oggi la grande, potente, invincibile Amerika, l’Amerika “per cui nulla è impossibile”, secondo Trump, è ad un solo passo dal baratro, minacciata dal socialismo, dai marxisti, dalla sinistra radicale, dall’anarchia. Che il miliardiario bianco Joe Biden possa essere l’uomo di paglia del socialismo marxista impersonato da Bernie Sanders, è una boutade degna di quell’impunito, efficace demagogo che Trump è.

Resta però, il fatto sensazionale: gli Stati Uniti d’America, per un intero secolo il baluardo dell’anti-comunismo, il gendarme universalmente presente dell’ordine capitalistico, in grado di attingere a inesauribili arsenali di merci, bombe, dollari, film, per bocca del loro comandante in capo, ammettono che il nemico di sempre, che sognavano di avere definitivamente schiacciato, è invece vivo, ed è ricomparso minaccioso addirittura dentro le mura di casa con i movimenti di piazza urbani e i suoi pericolosi agitators. Il rischio paventato da Trump, con un’accorta esagerazione propagandistica, è che questo nemico possa arrivare ad issare la propria bandiera sulla Casa Bianca oltraggiando a morte l’inviolabile tempio della sacra libertà, la libertà di sfruttare a volontà e assassinare esseri umani e natura non umana. Del resto, al di là delle esagerazioni propagandistiche, una delle tante dimostrazioni del BLM lo aveva costretto a rintanarsi in fretta e furia nei sotterranei blindati del palazzo presidenziale, un ‘piccolo’ fatto di un certo interesse, per noi.

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20 luglio: scioperi for black lives in 100 città degli Stati Uniti

In più di cento città degli Stati Uniti d’America l’altro ieri, 20 luglio, si è scioperato per la vita dei neri, strike for black lives. Gli essential workers, quelli con paghe misere intorno ai 10 dollari l’ora, prevalentemente afroamericani o latinos, senza malattie pagate e dove i diritti sindacali sono repressi dai padroni, hanno inscenato scioperi spontanei e sospensione del lavoro. Dalle fabbriche della logistica di Amazon, Fedex, gli inservienti di Mc Donalds, i lavoratori degli ospedali, gli auto trasportatori, in ogni posto di lavoro della GIG Economy, fin dentro le fabbriche dall’agroindustria della Yamika Valley e dei lavoratori della United Farm Worker, o nelle fabbriche di macellazione, i lavoratori hanno improvvisato gli scioperi.

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U.S.A. La rivolta afro-americana, e non solo, scuote i lavoratori sindacalizzati

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Pubblichiamo tre materiali tratti da Labor Notes e Jacobin, che danno utili informazioni sulle forme di solidarietà con il grande movimento di protesta afro-americano e multicolore nato dopo l’uccisione di George Floyd, che si sono date nelle scorse settimane negli Stati Uniti da parte di lavoratrici e lavoratori iscritti ai sindacati.

In uno di questi testi si parla di un “sea change”, un radicale cambio di rotta avvenuto nella pubblica opinione (su Repubblica di oggi, 13 giugno, Jascha Mounk considera “strabiliante” che l’89% degli statunitensi ritenga giusto che il poliziotto che ha ucciso George Floyd sia accusato di omicidio – e strabiliante lo è davvero). Questo radicale cambio di rotta ha qualcosa a che vedere anche con l’attività anti-razzista svolta da singoli gruppi di lavoratori e di attivisti di base (“rank and file”), e da un piccolo numero di strutture sindacali locali, appartenenti quasi sempre ai settori dei trasporti e della scuola. Si tratta, ancora, di piccole minoranze attive che stanno tuttavia costringendo un certo numero di organismi sindacali di base, cittadini, a spingere i propri membri a prendere parte alle manifestazioni, mentre la struttura dirigente dell’AFL-CIO si guarda bene dal prendere una netta posizione a favore del movimento, al più limitandosi a qualche blanda dichiarazione verbale sulla necessità di “giustizia”. Del resto, non è un caso che le prime dimostrazioni abbiano preso di mira a Washington anche la sede del sindacato, incendiandola – può anche essere, come suggerisce Heideman su Jacobin, che i dimostranti non sapessero che era la sede del sindacato (noi ne dubitiamo); ma se anche l’avessero incendiata semplicemente perché era un palazzo lussuoso tra gli altri, la circostanza la direbbe lunga su come, perfino nelle sue sedi, l’AFL-CIO non appaia differente dalle sedi del mondo degli affari. Continua a leggere U.S.A. La rivolta afro-americana, e non solo, scuote i lavoratori sindacalizzati

Ultime dalla nostra America: il movimento prende forma

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo nuovo aggiornamento sull’evoluzione della situazione negli Stati Uniti dalla seguente pagina Facebook, il cui autore è impegnato a seguire gli avvenimenti con un’ottica e un sentimento internazionalista militante.

Già durante le prime proteste spontanee degli afroamericani, che stanno pagando a doppio i costi delle conseguenze della crisi causata dal virus e le stesse conseguenze sanitarie del virus (in termini di numeri di ammalati e morti), si è vista schierarsi a loro sostegno incondizionato tantissima gioventù proletaria bianca, di quella parte della gioventù che anche essa è senza riserve in questa crisi sistemica e globale del capitalismo.

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NYC Protesters March to Tweed Courthouse today, June 6, headquarters of NYC Department of Education; Class Struggle Education Workers demand: Police Out of the Schools and the Union! (FB MS)

Il movimento degli afroamericani prende atto del fatto che, forse per la prima volta con questa ampiezza, settori di sfruttati bianchi si schierano con loro senza chiedere nulla in cambio, senza chiedere su che cosa, come e dove organizzare ed orientare la lotta.

Già giovedì 4 giugno a Manhattan la manifestazione partecipata da decine di migliaia di ragazzi, ragazze, giovani precari, lavoratori degli ospedali ed essential workers, neri, bianchi e nocciola esprimeva questa consapevolezza.

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