Amazon, USA: “Pensi di essere potente? Ma siamo noi che abbiamo il potere”, Chris Smalls sul muso di Jeff Bezos

Amazon Walks Out on New York Headquarters Deal: Opinion - Bloomberg

Tra le cose più importanti accadute nelle scorse settimane ci sono di sicuro le azioni di lotta dei lavoratori di Amazon negli Stati Uniti, e la proclamazione da parte loro di una giornata di sciopero il 1° maggio che ha avuto un buon esito, anche se non vi è stato uno sciopero generalizzato . Tra i documenti più interessanti e battaglieri di queste azioni di lotta c’è di sicuro la lettera, in traduzione piu’ sotto, scritta da un ex-lavoratore di Amazon licenziato in tronco per aver denunciato i rischi gravi per la salute dei lavori corsi nel magazzino Amazon di State Island a New York, e la totale indifferenza dimostrata dai manager del magazzino davanti ad essi. Chris Smalls è un lavoratore nero di circa 28 anni, che ha lavorato in Amazon per 5 anni con la mansione di capo-gruppo. Ringraziamo il compagno che ci ha segnalato la lettera, e chiediamo a chi condivide il lavoro di costruzione di questo blog di provvedere a segnalazioni e contributi.

Fonte: Guardian, 2 aprile 2020

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Caro Jeff Bezos,

quando mi sono proposto per lavorare ad Amazon, la descrizione delle mansioni di lavoro era semplice. Diceva: devi avere un diploma di scuola superiore o anche un semplice attestato scolastico di base, e devi essere capace sollevare 50 libbre [poco più di 25 kg]. Ora, a causa del covid-19, ci è stato detto che i lavoratori Amazon sono “la nuova Croce rossa”. Ma noi non vogliamo essere degli eroi. Noi siamo gente comune. Io non ho alcun attestato medico, né sono stato formato per interventi di pronto intervento. Noi non dobbiamo essere costretti a rischiare le nostre vite per andare a lavorare. Ma, in questa situazione, lo siamo. E se qualcuno deve essere ritenuto responsabile di questo, quella persona sei tu.

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Pandemia, prevenzione e fase 2 (I), di Ense

Tissue Paper Parachute | Howtosmile

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Nell’alluvione di “informazioni” e numeri diffusi dal governo Conte e dai mass media per allarmare o rassicurare, manca sempre un ragionamento sulla prevenzione di questa epidemia e sulla preparazione a contrastarne gli effetti. Già: una scienza medica che si occupi della prevenzione delle malattie e, prima ancora, della preservazione della salute come bene collettivo, sociale … è questa la grande assente. Ma se non vogliamo essere carne da macello, ora che Covindustria e governo Conte hanno decretato la “fase 2” con la riapertura di tutto, dobbiamo tornare ad impugnare quest’arma. E su questa strada andare fino in fondo.

E dunque, visto che non ne parla nessuno, mentre è questa la questione-chiave,  parliamo di prevenzione. E per farlo in modo adeguato, ci avvaliamo del contributo di Giulio Maccacaro, uno degli illustri compagni del passato che sono poco conosciuti, ma i cui scritti sono di strettissima attualità.

Maccacaro era uno scienziato, un medico, un insegnante, uno dei fondatori di Medicina Democratica, il fondatore della rivista Sapere, che indagava i rapporti tra scienza e potere, e sostenne la necessità del controllo sociale, cioe’ del controllo operaio, dei lavoratori sullo sviluppo della scienza in generale e della scienza medica in particolare.

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Non siamo carne da macello. Fermare tutte le attivita’ non essenziali per fermare il contagio (SI Cobas – AdL Cobas)

Non siamo carne da macello 18032020

Negli ultimi giorni decine di magazzini della logistica e di fabbriche si sono fermati. In diversi di questi si sono già verificati casi di lavoratori positivi al coronavirus, ma senza la fermata dei lavoratori molte direzioni aziendali avrebbero cercato di continuare a farli lavorare come se nulla fosse, estendendo il contagio. Al riguardo, rinviamo ad un articolo di Francesca Nava uscito ieri su TPI, che mostra come la provincia di Bergamo sia nell’occhio del ciclone dell’epidemia covid-19 per la scelta assurda di non chiudere e sanificare l’ospedale di Alzano Lombardo, facendone cosi’ un focolaio epidemico, e anche perche’ “creare subito una zona rossa tra Alzano Lombardo e Nembro avrebbe significato bloccare quasi quattromila lavoratori, 376 aziende, con un fatturato da 700 milioni l’anno”; questo avrebbero anche esplicitamente paventato colossi come Persico Group e Polini Motori, menzionati nell’articolo. Come detto, questa situazione riguarda le fabbriche e i magazzini a livello nazionale: il fatturato viene prima della salute o addirittura della vita delle persone che lavorano. Il protocollo governo-padroni-confederali e’ una mano di vernice su questa situazione: difende i profitti, non la vita. I lavoratori devono allora prendere nelle loro mani la difesa della salute e della vita. Qui di seguito un comunicato del Si-Cobas del 16 marzo.

Il SI Cobas respinge l’accordo Governo – Industriali – CGIL, CISL, UIL che per non fermare i profitti tiene aperte fabbriche, magazzini, negozi, mette a rischio la vita dei lavoratori e lascia proseguire il contagio tra la popolazione.

SI COBAS E ADL COBAS TRADUCONO LO STATO DI AGITAZIONE GIA’ PROCLAMATO NELL’INDICAZIONE DI RESTARE TUTTI A CASA PER TUTELARE IL DIRITTO ALLA SALUTE E ALLA VITA, RIVENDICANDO LA CHIUSURA IMMEDIATA DI TUTTE LE ATTIVITA’ NON ESSENZIALI E IL SALARIO PIENO A TUTTI I LAVORATORI.

Chiediamo la chiusura per almeno due settimane di tutte le attività e servizi ad eccezione di quelli essenziali, quali il rifornimento alimentare e di medicinali, dove devono essere pienamente garantite tutte le misure e dispositivi di sicurezza. Continua a leggere Non siamo carne da macello. Fermare tutte le attivita’ non essenziali per fermare il contagio (SI Cobas – AdL Cobas)

Stati Uniti: pandemia e disuguaglianze (M. Davis – R. Reich)

Pubblichiamo di seguito due testi sulla situazione della pandemia Covid-19 negli Stati Uniti, Il mostro e’ alle porte di Mike Davis e Negli Stati Uniti non esiste un sistema sanitario di Robert Reich. Quella di Reich è essenzialmente una confessione, essendo egli stato un ministro del lavoro con Clinton; l’analisi di M. Davis e’ una denuncia forte, che mostra quali conseguenze – differenziate per le diverse classi sociali e differenziate tra Nord e Sud del mondo – avrà questa epidemia.

Versione scaricabile in formato .pdf

Mike Davis, Il mostro è alle porte, 12 marzo 2020

Fonte: Haymarket Books

L’unica certezza e’ che paesi e classi ricche baderanno a salvare se’ stessi a scapito della solidarieta’ internazionale e dell’assistenza sanitaria

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I. Il Covid-19 è finalmente il mostro alle porte. I ricercatori lavorano giorno e notte per caratterizzare lo scoppio dell’epidemia, ma devono affrontare tre enormi sfide. In primo luogo la continua carenza o indisponibilità dei kit per i test ha sconfitto ogni speranza di contenimento dell’epidemia. Inoltre, essa impedisce di fare stime accurate dei parametri chiave come la velocità di riproduzione, la dimensione della popolazione infetta e il numero di infezioni benigne. Il risultato è un caos di numeri.

Come le influenze annuali, questo virus sta mutando, mentre si diffonde attraverso popolazioni con diverse composizioni di età e immunità acquisite. La varietà del virus che gli americani hanno più probabilità di avere, è già leggermente diversa da quella dell’epidemia originale a Wuhan. Un’ulteriore mutazione potrebbe essere banale o potrebbe alterare l’attuale distribuzione della virulenza che cresce con l’età: mentre i neonati e i bambini piccoli mostrano scarso rischio di infezione grave, gli ottuagenari affrontano un pericolo mortale dovuto alla polmonite virale.

Anche se il virus rimane stabile e muta poco, il suo impatto sui gruppi di età inferiore ai 65 anni può differire radicalmente nei paesi poveri e tra i gruppi sociali ad alta povertà. Consideriamo l’esperienza globale dell’influenza spagnola del 1918-19, che si stima abbia ucciso dall’1 al 2% dell’umanità. Contrariamente al coronavirus, essa fu molto mortale per i giovani adulti, e questo fatto è stato spesso spiegato come effetto del loro sistema immunitario relativamente più forte, che ha reagito in modo eccessivo alle infezioni scatenando micidiali “tempeste di citochine” contro le cellule polmonari. L’originale H1N1 notoriamente trovò un luogo di diffusione preferito nei campi dell’esercito e nelle trincee dei campi di battaglia, dove decimò giovani soldati a decine di migliaia. Il crollo della grande offensiva di primavera tedesca del 1918, e quindi l’esito della guerra, è stato attribuito al fatto che gli Alleati, in contrasto con il loro nemico, potevano rimpiazzare i loro eserciti malati con truppe americane appena arrivate.

Raramente si tiene conto, tuttavia, del fatto che il 60% della mortalità globale si verificò nella parte occidentale dell’India, dove le esportazioni di grano in Gran Bretagna e le brutali pratiche di requisizione coincisero con una grave siccità. La conseguente carenza di cibo spinse milioni di poveri alle soglie della fame. Continua a leggere Stati Uniti: pandemia e disuguaglianze (M. Davis – R. Reich)

Il Covid-19 visto dall’Africa da un epidemiologo coi fiocchi. Due interviste di P. Cecconi a L. Salmaso

1. Il virus del terrore

Patrizia Cecconi, 16 Febbraio 2020

Fonte Comune.info

Per i gufi e le civette, si sa, il crepuscolo è l’ora della colazione e dove gli indù vedono una vacca sacra c’è chi guarda invece un gigantesco hamburger. Eduardo Galeano ci ha raccontato come nessun altro quanto sia importante tener presente il proprio punto di vista, l’angolazione da cui si guarda la realtà. Poi, sarà bene renderlo pubblico e fare dei paragoni. Perché anche saper mettere a confronto le cose aiuta a capire ciò che stiamo guardando.

La prospettiva da cui guarda la psicosi mediatica sul coronavirus “cinese” Leopoldo Salmaso, specialista padovano in malattie infettive che ora vive e lavora in Tanzania, è quella di un medico. Si tratta di un infettivologo che ha collaborato con Carlo Urbani, il microbiologo italiano che per primo ha identificato e classificato la SARS, da cui poi sarebbe stato ucciso. Salmaso, però, è un medico che non vive di realtà “percepite”(quelle che, secondo autorevoli opinion leader valgono quanto i numeri e i fatti), sa dunque che l’invasione delle locuste in corso – di cui si parla forse un po’ poco – potrebbe fare 20 milioni di morti nel continente in cui vive. Quella, in Africa, pianeta terra, è un’emergenza. Non si tratta certo di sottovalutare l’aggressività del virus “cinese”, nessun medico con le sue conoscenze lo farebbe, ma Salmaso non può evitare di ricordarci che nel mondo i morti di morbillo sono ben più di centomila l’anno e che le comuni influenze stagionali arrivano a uccidere mezzo milione di persone. Sarà utile trarne le debite conseguenze, sul piano della comunicazione. Anche di quella politica.

Una lunga e straordinaria intervista, realizzata in due tempi, per riscoprire che quando si parla di malattie killer non è lecito dire o ripetere fesserie come si trattasse di giudicare un calcio di rigore sospetto o le incontinenze verbali di qualche divo (anche politico) dello spettacolo. A qualcuno sembrerà strano, ma non conviene farlo neppure se si è firme illustri del commento televisivo o del giornalismo da bar. Sarà utile invece, per esempio, conoscere bene il numero delle persone che quelli presi in esame e altri virus uccidono. Poi, però, arriverà inevitabilmente il momento di decidere se classificare l’impossibilità di accedere al cibo sano e all’acqua pulita come una “malattia” oppure come una sfortunata condizione naturale. Questione di punti di vista.

Da oltre un mese il virus del terrore occupa un posto di primo piano nei media occidentali, ed esperti di diversa caratura vengono intervistati più o meno ovunque. Tutto giusto, i cittadini hanno il diritto di essere informati per potersi difendere dal virus che ha aggredito la Cina e che si teme infetti il mondo. Però, a ben guardare, facendo un rapporto con la popolazione, i numeri delle vittime e dei contagiati  rappresentano percentuali irrisorie rispetto a quelli di batteri o virus “banali” come le comuni influenze stagionali per le quali si arriva fino a 500.000 morti l’anno nel mondo. Senza sottovalutare l’aggressività del virus e la sua capacità di diffusione, visto in un’ottica comparativa il suo impatto verrebbe a ridimensionarsi e non si arriverebbe alla psicosi che ha fatto emergere fenomeni di razzismo anti-cinese da un lato e teorie complottistiche dall’altro, oltre a irresponsabili  esternazioni di politicanti e pennivendoli, finalizzate a creare insicurezza e conseguente intolleranza.

Di interviste a virologi, microbiologi, ricercatori ed esperti di ogni tipo ce n’è stata una quantità incredibile e quindi l’ennesima intervista potrebbe considerarsi superflua, però non lo è se il medico in questione, specialista in Malattie Infettive e Tropicali, nonché in Sanità Pubblica, da 42 anni si alterna tra l’Italia e l’Africa e di epidemie ne ha viste, seguite e combattute tante direttamente sul campo. 

Per questo abbiamo deciso di intervistare il dottor Leopoldo Salmaso e riusciamo a prenderlo mentre è in partenza per la Tanzanìa, dove porta avanti progetti sanitari, in particolare per bambini. Iniziamo l’intervista in Italia il 9 febbraio, ma la concluderemo telefonicamente dalla Tanzanìa il 14.

Salmaso è di Padova e la prima domanda che gli facciamo riguarda una “direttiva” della Regione Veneto, pubblicata sui giornali regionali il 29 gennaio, secondo la quale i medici di famiglia avrebbero dovuto ricoverare tutti i pazienti sospettabili di infezione da Nuovo Coronavirus, e porre in isolamento domiciliare tutti i loro contatti, cosa che, date le comuni malattie da raffreddamento di fine gennaio, avrebbe rappresentato una situazione a dir poco kafkiana per l’impossibilità di reperire anche solo un decimo dei posti letto necessari. Inoltre, una notizia del genere lasciava intendere che l’Italia fosse gravemente minacciata e, indirettamente, alimentava la caccia all’untore, concretizzatasi proprio nel Veneto dove si sono avuti i primi fenomeni di razzismo contro alcuni cinesi.

Abbiamo letto di questa circolare della regione Veneto e le chiediamo: realmente i medici di base hanno proceduto all’internamento di tutti i pazienti con febbre?

Guardi, nel bollettino regionale non c’è ancora nulla, però i giornalisti avranno pure avuto l’imbeccata da qualcuno…

Che la circolare fosse reale, o che i giornalisti abbiano capito male, resta il fatto che il coronavirus sta terrorizzando tutti per la riferita facilità di trasmissione. Se si ascolta una conversazione al bar si percepisce una clima di inquietudine, come se il virus fosse là, pronto ad aggredire noi e i nostri figli...

Con tutta l’attenzione dovuta a questo virus, vorrei rimarcare che più della metà delle morti di bambini sotto i 5 anni, e parliamo di oltre 5 milioni e mezzo ogni anno nel mondo, è causata da banali affezioni respiratorie o da ancor più banali malattie diarroiche, che uccidono semplicemente perché aggrediscono corpi debilitati da malnutrizione.

Capisco, ma questo non ha a che fare col virus cinese che al momento sta allarmando il globo e che è considerato un vero e proprio killer.

Se parliamo di killer dobbiamo anche considerare il numero di morti che fa, allora io le dico che il primo killer in assoluto in tutta la storia del mondo e dell’umanità è stato ed è la malnutrizione.

Non ho motivo di mettere in dubbio le sue parole e so che lei ha lavorato nelle zone più povere del mondo, collaborando anche col Carlo Urbani, il medico che identificò la Sars nel 2002 e ne rimase colpito mortalmente. Però ora vorrei sapere  la sua opinione su questo coronavirus, su come poterne evitare il contagio e sulla reale portata del rischio che si corre.

Bene, allora questo coronavirus ha un tasso di contagiosità del 2,5, mentre il tasso di contagiosità del morbillo è 15. Ciò significa che, partendo dal primo contagiato, dopo quattro passaggi il Nuovo Coronavirus avrà infettato 39 persone, mentre il virus del morbillo ne avrà infettate… ascolti bene: 50.625. E sa perché un normale morbillo è un killer tanto temibile per i bambini africani? Perché sono malnutriti. Quindi il semplice morbillo rappresenta un rischio a livello globale ben più alto del coronavirus, ma non genera terrore. Continua a leggere Il Covid-19 visto dall’Africa da un epidemiologo coi fiocchi. Due interviste di P. Cecconi a L. Salmaso