Nel mezzo del crescente rumore di grandi guerre inter-capitalistiche in arrivo (o in preparazione) ben al di là dell’Ucraina, è inevitabile il confronto con il passato, in particolare con le due guerre mondiali alle nostre spalle. Ed altrettanto inevitabile il ritorno in campo degli argomenti portati a giustificazione delle nuove guerre inter-capitalistiche in preparazione. Tra questi spicca, negli ambienti militanti “rosso”-bruni, dichiarati o dissimulati (i peggiori), il tema del “difesismo”. La Russia “difende” il suo diritto ad esistere, messo in discussione dall’asse imperialista euro-atlantico, la Cina “difende”, sempre dagli attacchi dello stesso asse, il suo sforzo per risalire la “catena del valore”, l’Iran difende il suo diritto a difendersi dalle manovre occidentali che sicuramente stanno dietro gli scioperi operai (avete mai visto uno sciopero operaio che non fosse comandato da Washington?) e le lotte delle donne (idem), e così via.
In questa orgia di “difesismi” ci è successo di veder chiamato in causa perfino Amadeo Bordiga, degradato al rango di un qualsiasi personaggetto anti-yankee di Visione Tv. E benché non siamo “bordighisti”, la cosa ci ha fatto girare le scatole. Per cui ci è venuto in mente di pubblicare questo suo testo che ribadisce con mirabile chiarezza di esempi storici qual è il criterio con cui i comunisti rivoluzionari, da Marx a Engels a Lenin a Liebknecht, hanno classificato le guerre del passato distinguendo quelle progressive da quelle reazionarie – il “criterio sociale“ della natura e funzione di classe di ogni singola guerra – e quanto sia spesso ingannevole il richiamo al “difesismo”.
Davanti alle guerre capitalistiche che hanno per oggetto la spartizione del mercato mondiale, o di parti di esso, com’è la attuale guerra in Ucraina, la posizione dei comunisti non può che essere quella del disfattismo rivoluzionario – da più di un secolo. E’ evidente che in questo testo il ragionamento di Bordiga è circoscritto all’Europa, e non riguarda le guerre rivoluzionarie dei popoli delle colonie e delle semi-colonie che hanno cambiato il volto del mondo dal 1945 al 1976.
A noi pare incontestabile anche il suo inquadramento della seconda guerra mondiale, come guerra imperialista a tutti gli effetti, dalla quale è emerso non a caso lo strapotere dell’imperialismo “finanziario e termonucleare” a stelle e strisce, che ancora oggi, benché sempre più barcollante, continua a soffocare l’esistenza degli sfruttati di tutti i continenti, e minaccia di farne strage. Il limite della ricostruzione di Bordiga – presente anche nella formidabile serie di scritti raccolti in “Struttura economica e sociale della Russia d’oggi” – è il mancato interrogativo su dov’era il proletariato russo e internazionale, e sul perché si batté con tanto eroismo contro il nazi-fascismo in Spagna, a Varsavia, in Russia, in Jugoslavia, in Grecia, in Italia… illudendosi al contempo in modo crudele sul conto delle democrazie imperialiste “liberatrici”/”alleate”.
L’invito a leggere è rivolto in particolare ai più giovani compagni con i quali ci ritroviamo fianco a fianco nelle poche iniziative contro la guerra in Ucraina in corso in Italia su posizioni di coerente internazionalismo proletario. A loro rivolgiamo anche una domanda: come mai, istintivamente (un istinto sanissimo), il vostro richiamo va alla prima guerra mondiale e al disfattismo rivoluzionario, e non invece alla seconda e al “difesismo” con annesse alleanze con stati capitalistici e imperialisti? Eppure, chi affermasse oggi che i nuovi “nazi-fascisti globali” sono gli euro-atlantisti della NATO avrebbe le sue buone ragioni, altro che! (Red.)
P. S. – I corsivi sono nel testo originale, i neretti li abbiamo inseriti noi.
***
Onta e menzogna del “difesismo”
Ieri
A detta dei mestieranti del riformismo e dei parlamentari da “programma minimo”, che guidavano le masse operaie europee al principio del secolo, i socialisti “non si occupavano di politica estera” e non avevano idee sul problema della guerra tra gli Stati. Naturalmente, fino a che la guerra non dominò la scena ed il campo, “erano contro tutte le guerre”, ed in merito non seppero dire di più del generico “pacifismo” quale era coltivato da borghesi o da anarchici.
Questo andazzo fu la degna premessa della politica di “appoggio a tutte le guerre” in cui rovinarono i principali partiti socialisti europei quando il ciclone del 1914 si scatenò. Allora i furfanti dell’opportunismo, divenuti alleati e ministri dei poteri imperiali borghesi, cominciarono a sofisticare e a barare sul fatto che il marxismo “non condannava tutte le guerre” ma alcune ne ammetteva: era naturalmente il caso della loro, di quella che a fautori ebbe in Germania Scheidemann & C., in Francia Guesde & C., in Austria Renner & C., in Belgio Vandervelde & C., in Russia Plechanov & C., in Gran Bretagna Macdonald & C., in Italia Mussolini &… nessuno.
Lenin, collo stesso ordine mentale e la stessa assenza di demagogia e di posa, lavora instancabile a rimettere le cose a posto, dal 1914 al 1917 nella più solitaria ombra, dal 1917 in poi nella abbagliante luce.
Prima preoccupazione del grande rivoluzionario è quella di ricollegare solidamente la trattazione del problema alle basi della dottrina e della politica socialista, ai suoi testi come ai suoi precedenti di battaglia.
La continuità del “filo” è la prima preoccupazione di Lenin. Egli stesso, che fu il più grande studioso della “più recente fase del capitalismo” nel suo svolgersi economico e sociale verso le forme imperiali, dimostra sopra tutto che solo per i traditori si trattò di “inattese prospettive”, di “imprevedute situazioni” che suggerissero e autorizzassero “nuove analisi” e “nuovi metodi” del socialismo.
Continua a leggere Contro il “difesismo”, per il disfattismo rivoluzionario nelle guerre imperialiste. Parla Amadeo Bordiga