Riceviamo e molto volentieri pubblichiamo questo testo il cui significato di fondo e la cui passione internazionalista militante sentiamo profondamente nostri. (Red.)
La causa della crisi economica, ecologica, politica, sociale è il sistema produttivo, è l’economia capitalistica mondiale che dalla metà degli anni ’70 prova a contrastare la crisi di sovrapproduzione.
Abbiamo merci e beni ovunque ma non assorbite dal mercato ed i capitalismi occidentali procedono verso i famosi processi di deindustrializzazione trovando più utile l’accumulazione nella speculazione finanziaria che è fittizia, illusoria, produttrice di bolle speculative che esplodono ciclicamente. Parallelamente a diventare sempre più maturi sono i capitalismi “giovani”, asiatici, non senza contraddizioni ed anche loro in parte dentro la crisi di sovrapproduzione.
Il capitalismo ha poche ma chiare “soluzioni” per rinviare l’inesorabile corso catastrofico delle cose: spostando le produzioni nei paesi con salari più bassi, ingigantendo il proprio debito statale e privato, sfruttando maggiormente i lavoratori e le lavoratrici per accrescere la propria produttività schiacciando le residuali conquiste di quel che fu il movimento operaio.
Ma più si va avanti e più anche questi strumenti non sono sufficienti aprendo all’unica soluzione possibile ovvero la guerra imperialista come prodotto del sistema capitalistico e non come scelta di qualche pazzo al comando di qualche paese: distruggere infrastrutture, distruggere le merci in eccesso tra cui la stessa forza lavoro, e far ripartire con maggior ossigeno nuovi cicli di accumulazione.
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