Fincantieri, Marghera. Un episodio grave e indicativo di dispotismo padronale

Il ruolo dei manager è difendere gli interessi della proprietà, degli azionisti. Se davvero volete preservare salute, diritti e dignità dei lavoratori non c’è che una via: l’organizzazione e la lotta.

Leggete attentamente il comunicato FIOM qui sopra per toccare con mano fino a che punto sta arrivando la protervia padronale in un importante stabilimento di quell’industria di stato che, secondo certi illusionisti innamorati pazzi delle mitiche nazionalizzazioni, dovrebbe essere l’emblema della democrazia (operaia?) e delle “buone prassi” nelle relazioni industriali.

Il luogo del fatto/fattaccio è Marghera. Il 23 maggio scorso la RSU Fiom chiede al direttore dello stabilimento un incontro per discutere dei problemi di sicurezza sul lavoro e di orario di lavoro (“disagi”) vissuti dai lavoratori comandati per le prove a mare nei giorni precedenti.

Un mese e mezzo dopo la richiesta (l’8 luglio) il direttore dello stabilimento si degna di ricevere i rappresentanti FIOM (FIM e UILM non pervenuti) per prenderli a calci in faccia nel seguente modo:

1) La prova a mare di maggio è passata, quindi è inutile parlarne;

2) Di stabilire con il sindacato una procedura per i turni di guardia agli impianti nelle navi in esercizio non se ne parla neppure, perché tempi, carichi di lavoro, salute dei lavoratori sono materie non trattabili, di proprietà padronale esclusiva.

A chiudere l’incontro: insulti, volgarità e la minaccia di licenziare l’intera struttura.

Alla Fincantieri di Marghera non si costruiscono, finora, navi da guerra, bensì grandi navi da crociera, con una divisione del lavoro – che attacchiamo, in solitudine purtroppo, da venticinque anni – insieme semi-schiavistica per i carichi e gli orari di lavoro, e per i salari da fame e spesso al nero, e razzista per la differenziazione di trattamento tra i dipendenti diretti (quasi tutti italiani) e la massa degli operai degli appalti, in grandissima maggioranza immigrati dall’Africa, dall’Asia e dall’Est Europa.

Eppure anche se lo stabilimento non è (ancora?) coinvolto nella produzione bellica, c’è già un clima da economia di guerra. Questo episodio è molto indicativo della nuova fase.

Compagni della FIOM, come potete credere che un dispotismo padronale così sprezzante, che si fa forte dell’aggressione confindustriale permanente alla classe operaia e del governo Draghi che la asseconda, venga abbandonato a seguito della vostra gentile, quasi implorante, richiesta di “un comportamento più consono al ruolo e più collaborativo (come in passato)”?

Il ruolo dei manager è difendere gli interessi della proprietà, degli azionisti. Stop. Se davvero volete preservare salute, diritti e dignità dei lavoratori non c’è che una via: l’organizzazione e la lotta. Ma se escludete questa via, come avete fatto progressivamente nell’ultimo decennio anche in questo stabilimento, dopo gli scioperi riuscitissimi di luglio-agosto 2013 (nei quali fummo in prima fila con Il Comitato di sostegno ai lavoratori della Fincantieri), allora non sorprendetevi se il rappresentante del padrone vi prende a calci in faccia. L’avete voluto anche voi.

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Fincantieri di Marghera: due delegati Fiom puniti per avere ricordato, durante la pausa mensa, un loro compagno di lavoro morto

Profittando della stasi dell’iniziativa operaia, l’arroganza e il cinismo padronale oltrepassa giorno dopo giorno ogni limite. In questo caso si tratta del padrone di stato, che in nulla si differenzia da quello privato. A Marghera la direzione Fincantieri è arrivata al punto da infliggere una sanzione disciplinare a due delegati Fiom che, durante la pausa mensa, si sono “permessi” di ricordare un loro compagno di lavoro morto. Qui di seguito il comunicato della Fiom di Venezia che da un lato definisce, giustamente, quanto accaduto vergognoso, e dall’altro, mostrando un livello di servilismo verso l’azienda altrettanto vergognoso, si meraviglia di questa “mancanza di sensibilità” del padrone. Ma come? Ci si può aspettare “sensibilità” da una direzione che ha organizzato il cantiere, scientificamente, come un campo di concentramento per migliaia di lavoratori immigrati, dall’estero e dal Sud dell’Italia, pagati anche 4-5 euro l’ora e costretti ad orari di lavoro illimitati? L’ultima volta che fu costretta a mostrare una certa “sensibilità” alle istanze operaie fu nel luglio-agosto 2013 quando gli operai bloccarono totalmente per tre giorni il cantiere, e noi ai picchetti con loro, contro l’introduzione generalizzata del lavoro al sabato con il 6×6. Salvo che il dignitoso accordo strappato allora con la lotta venne nei tempi successivi svuotato non solo dall’opera di crumiraggio di Fim e Uilm, ma anche dalla stessa struttura esterna e interna della Fiom, nonostante la tenace resistenza di un piccolo gruppo di delegati e operai di avanguardia. Lacrime di coccodrillo, quindi. Per ricacciare in gola al padrone di stato questi ed altri soprusi, ci vorrà ben altro che qualche “comunicato” di strutture sindacali colluse. Da parte nostra, non ci stancheremo di portare ai cancelli dello stabilimento l’esempio di lotta e di organizzazione dei proletari della logistica organizzati con il SI Cobas.

[Segnaliamo anche la denuncia del Nucleo isontino del Pcl di fenomeni di caporalato e botte per gli operai dell’indotto Fincantieri a Panzano, riguardante la Pad Carpenterie, una delle innumerevoli imprese di super-sfruttamento del lavoro in appalto impiegate nei cantieri del gruppo che, manco a dirlo, si dichiara “estraneo ai fatti” – il testo di questa denuncia è sul sito del Pcl.]

Il sistema Fincantieri: schiavismo, razzismo, mafia, tangenti ai dirigenti

Questa presa di posizione, che pubblichiamo in italiano e in inglese, e’ stata distribuita ai lavoratori Fincantieri – dipendenti diretti e lavoratori degli appalti – lo scorso 27 novembre. A questo link e’ possibile scaricare il volantino originale, tradotto anche in romeno e in albanese; qui e’ invece disponibile la versione in arabo.

La coraggiosa denuncia di alcuni operai bengalesi e albanesi ha costretto la magistratura e la guardia di finanza di Venezia ad aprire un’inchiesta sulla Fincantieri di Marghera, e a scoprire quello che noi denunciamo da anni.

  1. Schiavismo e supersfruttamento: operai e operaie pagati anche 3-4 euro l’ora; orari di lavoro di 10, 12, 14 ore al giorno; niente ferie, niente malattia, straordinari non pagati, poche misure di sicurezza sul lavoro.
  2. Razzismo: la gran parte di questi operai e operaie sono immigrati da tutto il mondo, costretti ad accettare queste infami condizioni per ottenere o conservare il permesso di soggiorno, o sono immigrati dal Sud Italia per sfuggire alla disoccupazione. Fincantieri ne approfitta.
  3. Mafia: diversi titolari delle ditte di appalto e sub-appalto appartengono a giri mafiosi, e sono mafiosi i metodi con cui vengono ricattati gli operai per costringerli ad accettare buste paga false, e a lavorare tanto e velocemente – per questo alcuni di loro assumono anche droghe.
  4. Tangenti e corruzione – 12 tra i massimi dirigenti dello stabilimento e del gruppo (Quintano, De Marco, Reatti, Cardella, etc.) sono accusati di avere imposto ai padroni delle ditte di appalto e sub-appalto un sistema di tangenti in denaro (fino al 10% del valore delle commesse) e in regali (orologi con brillanti, smartphone, champagne, penne Montblanc, tablet).

La Fincantieri, a cominciare dal superboss Bono, fa finta di niente. Con i mezzi finanziari che ha, è sicura di insabbiare l’inchiesta. Intanto, tutti gli accusati restano ai loro posti.

Fim e Uilm, più servili che mai, restano mute. La Fiom chiede a Fincantieri di rispettare gli “accordi di legalità” che per Bono&Co. sono solo carta straccia – la cosa non serve a nulla.

È grave, però, anche il silenzio e la passività degli operai italiani dipendenti diretti di Fincantieri. Se credono di difendere in questo modo la propria condizione, si sbagliano di grosso. Certo, qualcuno diventerà capo-reparto, ma un passo dopo l’altro super-sfruttamento e metodi mafiosi toccheranno anche a loro!

Una sola è la via da battere: organizzarsi, auto-organizzarsi, lottare uniti contro questo sistema, operai degli appalti e operai Fincantieri, prendendo esempio dalle lotte dei facchini e dei driver immigrati e italiani della logistica, organizzati intorno al SI Cobas e altri sindacati di base, che con il loro coraggio e i loro scioperi hanno migliorato molto la loro condizione.

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The Fincantieri System

Due to some Bengali and Albanian workers’ courageous denunciation, the judicial authority and the finance police were recently forced to open up an inquiry into Marghera’s Fincantieri, resulting in what we’ve actually been denouncing for years. Continua a leggere Il sistema Fincantieri: schiavismo, razzismo, mafia, tangenti ai dirigenti

Dopo l’accordo tra padroni Fincantieri-Stx, a quando l’accordo tra i lavoratori?

Lavoratori/lavoratrici,

dopo mesi di tensioni, qualche giorno fa, a Lione, Macron e Gentiloni hanno trovato l’accordo sui Chantiers de l’Atlantique: a Fincantieri non andrà il 66% delle azioni della nuova società ma il 51%; l’1% decisivo sarà prestato, a date condizioni, dallo stato francese. È un compromesso che può esser letto in modi diversi. Sta di fatto che l’accordo tra governi e padroni italiani e francesi è concluso.

Bono lo ha subito celebrato con parole grosse: “siamo grandi tra i grandi”. E ne ha approfittato per sollecitare i dipendenti della Fincantieri a stringersi intorno alla direzione. L’entusiasmo di Bono e dei suoi scagnozzi è del tutto giustificato dai milioni di euro di prebende che gli pioveranno in tasca (così potranno sfuggire ai morsi della fame che li minacciava), e dai miliardi di profitti attesi dall’incremento della produzione di navi civili e di navi da guerra. L’accordo di Lione, infatti, apre la strada a un secondo accordo nel campo delle produzioni per la guerra, a cui sono interessate tanto Fincantieri e Finmeccanica quanto le francesi Dcns e Thales.

In questa vicenda le direzioni di FIOM-FIM e UILM hanno tenuto un comportamento vergognoso perché hanno soffiato sul fuoco della contrapposizione tra “italiani” e “francesi”, e quindi anche tra i lavoratori italiani e i lavoratori francesi. Di più: hanno attaccato il governo italiano perché non ha tutelato abbastanza la produzione bellica nazionale, che garantisce maggiori profitti rispetto alla produzione civile, sollecitando addirittura il ministro della guerra Pinotti ad alzare la voce. Il tutto, naturalmente, in nome della difesa dei posti di lavoro nei cantieri italiani. Ma allora: come mai hanno consentito a Bono&C. di tagliare negli anni scorsi migliaia di posti di lavoro? come mai il cantiere di Marghera, invece dei previsti 1.550 dipendenti diretti, ne ha 1.020? e quali “garanzie di occupazione” dà la produzione di fregate e sommergibili? L’unica “garanzia” è che così i nostri governi compiranno altre stragi nei paesi arabi, africani e asiatici, costringendo altri milioni di donne e uomini ad emigrare e a svendere quindi il proprio lavoro sul mercato del lavoro europeo… Continua a leggere Dopo l’accordo tra padroni Fincantieri-Stx, a quando l’accordo tra i lavoratori?

Contratto dei metalmeccanici. Cinque ragioni per dire NO e voltare pagina

Qui sotto trovate il testo sul contratto dei metalmeccanici che nei prossimi giorni il Comitato di sostegno ai lavoratori Fincantieri distribuirà insieme al SI-Cobas.

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Lavoratori, lavoratrici,
ci sono cinque ragioni forti per dire NO al contratto firmato da Fiom-Fim-Uilm.

1. Questo contratto impoverisce i lavoratori.
Non c’è alcun aumento salariale certo. E’ previsto solo il recupero dell’inflazione, cioè dell’aumento dei prezzi. Ma il recupero sarà soltanto parziale (per il 2017 8,87 euro lordi!) perché è escluso il costo dell’energia, che sta di nuovo salendo e farà salire tutti i prezzi. La sola cosa certa è che il potere di acquisto dei salari, da oggi alla fine del 2019, si ridurrà, come si è già ridotto nel 2016. I 41 euro in ‘welfare aziendale’ e formazione che Fiom-Fim-Uilm sbandierano come fosse aumento di salario, non sono reali aumenti di salario, non vanno in paga-base, non hanno effetti sul tfr, le ferie, etc., né sono garantiti a tutti. Inoltre, il contratto appena firmato abolisce i premi di produzione assicurati per molto tempo a prescindere dai risultati delle aziende, e questo comporta una netta riduzione del salario, come è già avvenuto con l’accordo aziendale ultimo di Fincantieri.

2. Questo contratto incatena i lavoratori alle aziende.
Infatti da ora in poi i ‘premi di risultato’ – che sostituiscono i vecchi premi di produzione – saranno totalmente variabili e dipendenti dagli obiettivi di produttività e di profitto che le singole aziende si daranno. Attenzione: non basterà che le aziende abbiano bilanci in attivo. Ci sarà qualche briciola per i lavoratori esclusivamente se le aziende centreranno gli obiettivi di profitto che si sono dati in modo unilaterale. Per avere un po’ di salario in più attraverso i ‘premi di risultato’, gli operai e gli impiegati dovranno lavorare sempre di più, di più, di più. E in molti casi non basterà. La sola cosa certa è l’aumento dello sfruttamento del lavoro attraverso l’aumento della produttività del lavoro, da sempre la prima pretesa della Confindustria. Continua a leggere Contratto dei metalmeccanici. Cinque ragioni per dire NO e voltare pagina