Lacrime di coccodrillo – Comitato 23 settembre

Un distratto commento compassionevole è riservato alle foto dei bambini uccisi nell’ennesimo attacco assassino contro il popolo palestinese. Più che una notizia, un trafiletto infilato tra le beghe elettorali e le notizie sull’Ucraina, in una fase di stanca. Come se questo ennesimo orrore non meritasse che qualche lacrimuccia per essere al più presto archiviato come un episodio di una guerra che continua da oltre 70 anni, teso ad affermare il primato indiscusso di Israele nello schiacciamento di tutte le masse oppresse dell’area. A Gaza, in particolare, la popolazione tutta deve essere mantenuta in uno stato di sotto umanità. Nei territori occupati, è necessario imporre l’erosione costante dello spazio di vita e delle risorse, sotto la minaccia delle armi.

Qualcuno cercherà di obiettare: la guerra è guerra, e la Jihad Islamica è un gruppo armato, ma… i bambini dovrebbero essere risparmiati. E perché mai? In base a quale codice d’onore si vincono le guerre? Perché siamo chiamati a commuoverci (con moderazione, si capisce) per la morte dei bambini, da quelle stesse forze che non battono ciglio per la povertà estrema, la disoccupazione senza via d’uscita, la lotta quotidiana per la sopravvivenza, gli abusi, i soprusi, la vita due volte infame che conducono le donne che quei figli li hanno fatti e che continueranno a farli per non farsi cancellare dalla faccia della terra? Che subiranno a loro volta abusi e oppressione, costrette al silenzio per non incrinare il fronte di resistenza popolare che finora li ha mantenuti in vita?

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Lo stato di Israele procede con i massacri di palestinesi, come e più di prima

Per coprire di silenzio e omertà i crimini di Israele, ci sono sempre “ottime ragioni”.

Da cinque mesi la più recente, “ottima ragione”, è la guerra in Ucraina tra Usa/Nato e Russia sulla pelle e il futuro delle sfortunate popolazioni ucraine. C’è questa guerra in prima pagina, tutto il resto va in un angolo, se c’è posto.

Eppure ne stanno accadendo di fatti drammatici in terra di Palestina!

L’ultimo massacro in corso è quello che il governo Lapid ha motivato con l’azione per “neutralizzare” la dirigenza militare di Jihad Islami – in un linguaggio dalle assonanze nazistoidi, “neutralizzare” sta per assassinare. Peccato che in questa operazione “mirata”, dopo alcuni giorni di bombardamenti sull’area di Gaza, all’alba dell’8 agosto si contassero 44 palestinesi uccisi, di cui 15 bambini e 4 donne, che stentiamo a credere siano alla testa delle operazioni militari di Jihad. I feriti sono più di 350.

Massacri a Jabaliya, massacro ad Al Bureji, dove la distruzione della famiglia Nabahin ha provocato la morte di tre adolescenti e del loro padre. Mentre a Gaza, il territorio-bersaglio dei raid punitivi, la centrale elettrica che alimenta anche gli ospedali riesce a produrre solo 4 ore di elettricità al giorno, e c’è una gravissima carenza di medicine e macchinari medici…

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Gaza, per noi, è la più bella – Mahmud Darwish

Gaza non è la più bella delle città, la sua spiaggia non è la più azzurra delle città arabe, le sue arance non sono le più belle del Mediterraneo. Non è la più ricca, la più raffinata o la più grande delle città. Gaza però vale la storia di una nazione. Perché è la più brutta, povera, disperata e furiosa agli occhi del nemico. Perché, tra noi, è la più capace di disturbare l’umore del nemico, perché è l’incubo del nemico, perché è arancio minato, bambini senza infanzia, anziani senza invecchiamento e donne senza desideri. E’ per questo che Gaza, per noi, è la più bella, pura, ricca e la più meritevole di amore.

Mahmud Darwish

(traduzione di Saleh Zaghloul)

Gaza. Le donne in prima linea

“Tu, donna con la kefiah, se ti avvicini di nuovo al recinto ti spareremo alla testa”. “Non ho paura e la prossima volta bruceremo la loro bandiera e alzeremo la nostra”

Di Sarah Helm, 22 aprile 2018

[Fonte: https://www.invictapalestina.org/archives/32202%5D

Nella micidiale terra di nessuno della zona cuscinetto di Gaza, un piccolo gruppo di manifestanti palestinesi nascosto da fumo nero, ha sfidato un cecchino israeliano e ha raggiunto la recinzione perimetrale. Strappandone via un pezzo sono tornati alla sicurezza, tenendo il loro trofeo.

La prodezza è stata notevole, viste le morti di quasi tre dozzine di manifestanti nelle ultime settimane per mano dei soldati che sparavano attraverso la barriera.

Dall’inizio della Grande Marcia del Ritorno di quattro settimane fa, in cui i rifugiati di Gaza chiedono il diritto di tornare nelle loro terre ora all’interno di Israele, 32 manifestanti disarmati, tra cui un bambino, sono stati uccisi dai tiratori scelti di Israele appostati dall’altra parte.

Ma questo atto era tanto più notevole dato che quelli che l’hanno eseguita erano donne. Continua a leggere Gaza. Le donne in prima linea