Giù le mani dal reddito. Tagliare la guerra ed i profitti! Per un movimento autonomo di classe – Movimento 7 novembre

Foto archivio

Dopo una settimana intera in piazza a Napoli, oggi siamo a Roma alla manifestazione nazionale contro le politiche di taglio al reddito, salari da fame, criminalizzazione dei disoccupati e lavoratori poveri.

Ci siamo espressi molte volte sul tema del Reddito di Cittadinanza, una misura di per sé limitata e che nonostante questo a Sud ha contrastato la concorrenza dei salari da fame. Purtroppo non c’è stata la risposta necessaria all’attacco al Reddito di Cittadinanza.
Mentre le istituzioni locali continuano a non dare risposte alle richieste di formazione ed inserimento a lavoro in progetti di pubblica utilità per la necessaria rivendicazione di un salario garantito e per un lavoro stabile e sicuro di pubblica utilità in una città che necessità urgentemente di tutto ciò, l’nflazione è al 13%, il lavoro nero e precario dilaga insieme ai salari da fame.
C’è una campagna che vuole dare l’immagine dei disoccupati che vogliono rimanere sul divano o i furbetti portata avanti h 24 a reti unificate dagli stessi incollati da decenni a poltrone di lusso da 15.000 euro al mese che, a loro volta, altro non sono altro che la voce dei padroni seduti su poltrone ben più remunerate.

Come si campa con 500/600 euro pagando fitto, carovita, spese sanitarie, beni di prima necessità?

Il taglio al reddito con l’introduzione della Mia (Misura di inclusione attiva) in Campania taglia a metà la mega platea di percettori tra potenziali lavoratori e famiglie con disabili e minori, metten a rischio i primi. Sono circa 118 mila gli ” occupabili” di cui 70mila a Napoli e provincia, persone ritenute abili al lavoro tra i 18 e i 60 anni.

Non solo questo governo come i precedenti contro i quali siamo sempre scesi in piazza – continuando a finanziare ulteriori risorse per le spese militari – non promuove nulla che assomigli ad un serio piano per la formazione e il lavoro come stiamo rivendicando da anni, troppi anni. Le istituzioni locali si limitano ancora a gestire i programmi GOL per la formazione senza tenere conto delle specificità, delle urgenze sociali e dei lavori socialmente necessari dando ancora fiumi di denaro pubblico ad enti di formazione privati, agenzie private per il lavoro ed aziende che usano la forza lavoro Just in Time a convenienza.

Cambiando la durata del nuovo sostegno ci sarà la divisione in due categorie con quote a scalare: gli occupabili e le famiglie povere non in grado di lavorare.

Il governo risparmia togliendo risorse e sostegni ai disoccupati e finanzia la guerra in Ucraina.

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Il taglio del cuneo fiscale: una partita di giro. Anzi, una partita a perdere.

Il governo Meloni – piaccia o non piaccia – manovra per accrescere la propria popolarità con il taglio del cuneo fiscale, che sotto la ingannevole apparenza di un regalo dello stato ai lavoratori, è in realtà una “partita di giro”, anzi una partita a perdere. Il beneficio materiale e politico è tutto per i padroni, e per il governo che in questo modo legittima ulteriormente la sua ricetta fiscale rigorosamente anti-operaia: il cammino verso la flat tax. Un cammino avviato con il reaganismo e proceduto in avanti di tantissimo, sia nell'”Occidente collettivo” che nella Russia putiniana, che l’ha fissata al 13% per padroni e operai (dal 2001 al 2020 – salvo un piccolo ritocco al 15% dal 2021 per i redditi superiori ai 75.000 dollari).

Su questo tema pubblichiamo una nota di redazione e l’efficace volantino del SI Cobas di Genova. (Red.)

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Il taglio del cuneo fiscale: una partita di giro. Anzi, una partita a perdere.

Nella contabilità la partita di giro è mettere in bilancio una certa somma in entrata e contemporaneamente in uscita. La manovra del governo ha esattamente lo stesso effetto perché detassa una parte dei contributi a carico dei lavoratori e finanzia la minore entrata fiscale con uno stanziamento che verrà pagato dalla tassazione generale.

Il governo Draghi aveva già tagliato del 2% quei contributi portando in busta paga un aumento quasi invisibile. Il governo Meloni, manovrando abilmente per accrescere consensi, ha incrementato il taglio di altri 4 punti. La stampa è piena di dettagli, ma tace sulla questione essenziale: gli aumenti in busta paga non saranno quelli indicati dalla propaganda governativa. I mesi di fruizione del “beneficio” sono cinque, la tredicesima è esclusa, l’incremento dell’entrata che i lavoratori riceveranno avrà come conseguenza una maggior tassazione e questo produrrà un’erosione del “beneficio”. Ma soprattutto, come detto: 1) la spesa per compensare le minori entrate del fisco verrà coperta dalla tassazione generale, quindi tornerà ad essere pagata dai lavoratori; 2) la riduzione del gettito fiscale comporterà una simmetrica riduzione di servizi sociali parzialmente gratuiti indispensabili per chi non ha entrate e strumenti per ricorrere alla sanità privata e a tutti i servizi e sistemi pubblici che si avviano alla privatizzazione e commercializzazione sempre più spinta, che potrà essere sopportata solo da quegli strati sociali che riescono, per ora, ad avere dei margini di reddito con i quali assicurarsi una risposta individuale ai propri bisogni (polizze assicurative per malattia, integrazione della propria pensione, vigilanza privata, scuola privata). 3) la spesa di cui si parla è finanziata in deficit, il che vuol dire che bisognerà tener conto degli “interessi” dell’indebitamento che è sempre stato pagato, per l’essenziale, dagli operai e dai lavoratori salariati.

Sicché, a ben vedere, sebbene nessuno possa dare ora numeri precisi, è largamente prevedibile che il saldo finale di questa operazione spacciata per favorevole ai lavoratori apporterà, invece, un danno materiale alla gran parte dei proletari. Ancor più tangibile, da subito, è il danno politico: in quanto un governo spietatamente anti-operaio trova il modo di presentarsi pronto a rispondere all’urgenza di un recupero salariale davanti all’inflazione galoppante, mentre nella realtà viene incontro alla richiesta padronale di tagliare il cuneo fiscale per disinnescare la richiesta di forti aumenti salariali.

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Chi denuncia i crimini ambientali è… un criminale.

Mancava questa nell’elenco, ma è arrivata.

Dopo alcune/i militanti del Movimento dei disoccupati 7 novembre di Napoli, alcuni dirigenti e attivisti del SI Cobas, alcuni dimostranti del Movimento No Tav (per lo più appartenenti ad Askatasuna), ecco la denuncia per associazione a delinquere contro 5 membri di Ultima Generazione, un movimento ecologista per la “giustizia climatica”.

L’associazione a delinquere “scoperta” a Padova dalla Digos e dal prode p.m. Benedetto Roversi sarebbe “finalizzata all’interruzione di pubblico servizio, ostacolo alla libera circolazione, deturpamento o imbrattamento di immobili pubblici o privati con vernici, o di beni culturali come immobili di interesse culturale”.

Non ci interessa qui fare una ricostruzione storico-giuridica di questo reato, notoriamente proveniente dal codice penale Rocco di epoca fascista, tranquillamente trapassato nella repubblica democratica “nata dalla Resistenza” e quasi esclusivamente applicato contro movimenti e organizzazioni di sinistra o antagoniste.

Ci interessa, invece, osservare che:

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Contro il razzismo democratico – SI Cobas / Comitato di lotta di Viterbo

Foto di un CPR (luoghi di amena villeggiatura per immigrati istituiti dalla legge Turco-Napolitano, sebbene con il nome di CPT)

Oggi a Viterbo, in un’ora alquanto insolita (14-16) se si vogliono fare iniziative partecipate, l’Arci e altre associazioni hanno indetto sotto la prefettura un presidio contro la soppressione della “protezione speciale” – una questione intorno alla quale la “opposizione di sua maestà” al governo Meloni, Pd-5Stelle e satelliti vari, sta facendo un baccano demagogico (e puramente mediatico) senza minimamente chiamare in causa la legislazione e le prassi dell’Unione europea e dell’Italia democratica che da decenni rendono la vita difficile, quando non impossibile, e la schiavizzazione e la morte piuttosto “facile”, alla massa degli immigrati e delle immigrate che non hanno santi in paradiso (il 99% o giù di lì).

Ci fa piacere, perciò, pubblicare il testo giustamente polemico, tagliente dei compagni del SI Cobas e del Comitato di lotta di Viterbo che ricorda alcune cose fondamentali, e rilancia alcune rivendicazioni di lotta altrettanto fondamentali. Perciò: ovviamente contro le odiose misure del governo Meloni, senza però dimenticare per un solo attimo chi governa l’UE, e quali splendidi esempi di razzismo democratico abbia dato il centro-sinistra italiano a partire dalla Turco-Napolitano. (Red.)

La condanna a morte del compagno Alfredo Cospito

E dunque, allineandosi totalmente al governo Meloni alla faccia di tutte le fregnacce sulla divisione dei poteri in ambito democratico, la “suprema” Corte ha deciso: Alfredo Cospito deve restare al 41 bis. E poiché è nota la sua determinazione nel rifiutarlo a qualsiasi costo, lì deve morire.

Nei giorni in cui fioccano ovunque sentenze di provvidenziale assoluzione per i potenti più famosi ma anche per le più infime figure istituzionali, non importa di quali crimini o reati si siano macchiati, incluse le vere e proprie stragi; nei giorni in cui Nordio arriva a sostenere, spudoratamente, che gli indifesi davanti alle corti di “giustizia” sono proprio i ricchi e i potenti; la giustizia borghese usa il pugno di ferro contro un “irriducibile nemico del sistema” per dare un monito a quanti osino mettersi su questa strada.

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