Sul contratto della sanità pubblica, appena firmato – SI Cobas Sanità

Governo, Regioni e sindacati firmaioli hanno concordato su un punto: la sanità pubblica deve lavorare di più ma costare di meno; ovvero, gli operatori dovranno lavorare di più e costare meno. La qualità dei servizi non potrà che peggiorare e questo giustificherà un ulteriore passaggio di ampi settori di sanità pubblica (quelli profittevoli) ai privati.

Contratto Sanità firmato (però i soldi se li sono dimenticati)

Con grandi squilli di trombe e richiami retorici ai bui anni della pandemia, i sindacati Confederali (CGIL, CISL e UIL) e corporativi (Nursing UP, Nursind, e FIALS) annunciano la firma del “nuovo” contratto della Sanità Pubblica.

Cosa hanno firmato?

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Uscire allo scoperto. Mozione dell’assemblea del 2 aprile (Si-Cobas)

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L’assemblea virtuale nazionale di giovedì 2 aprile, partecipata da oltre 150 persone a nome di decine di organizzazioni politiche, sindacali e sociali, si è confrontata in maniera ampia e articolata sui temi posti all’ordine del giorno con l’appello lanciato dal SI Cobas, e sulle implicazioni drammatiche dell’emergenza sanitaria ed economica connessa alla pandemia mondiale di CoViD-19.

Questa pandemia mette a nudo la crisi rovinosa che sta attraversando ogni aspetto del dominio capitalistico; dal processo di impoverimento al quale ampi strati della classe lavoratrice e masse povere stanno andando incontro (solo in Europa le stesse fonti istituzionali prospettano 25 milioni di nuovi disoccupati e 35 milioni di persone costrette a vivere sotto la soglia di povertà) al tentativo di governi e padroni di occultare le loro responsabilità storiche nell’aver determinato la crisi sanitaria globale. Continua a leggere Uscire allo scoperto. Mozione dell’assemblea del 2 aprile (Si-Cobas)

Stati Uniti. La lotta di classe ai tempi del coronavirus è già cominciata, di J. Heer

Riprendiamo da The Nation del 1 aprile un articolo molto interessante di Jeet Heer sui conflitti che si stanno aprendo in diversi luoghi di lavoro. Siamo tra quelli che hanno sempre visto due Americhe, e puntato le nostre fiches tutte su un solo numero: quello della inevitabile ripresa in grande dello scontro di classe in questo paese, l’esempio perfetto della smisurata brutalità del capitalismo. Verranno belle sorprese, belle per noi, da oltre Atlantico…

Workers walking out of an automobile factory
Workers leave the Warren Truck Assembly, a Chrysler automobile factory, during a shift change in Warren, Michigan. (Carlos Osorio / AP Photo)

Le catastrofi generano nazionalismo. Una costante storica vuole che ci si raduni [come nazione] di fronte a un nemico comune, si tratti di una potenza straniera o di un disastro naturale. Nell’attuale crisi del coronavirus, i leader politici di tutto il mondo stanno assistendo ad un picco di popolarità. Questo accade anche al polarizzante e impopolare Donald Trump. Il desiderio di un leader forte in un momento di difficoltà sta producendo ogni sorta di strani effetti collaterali, che vanno dal nuovo entusiasmo mediatico per Andrew Cuomo [governatore dello stato di New York] ai complimenti dei giornalisti a Trump per il suo “nuovo messaggio e nuovo tono”, dopo che il presidente ha riconosciuto, in una conferenza stampa, che i decessi per la pandemia potrebbero essere tra 100.000 e 240.000.

La combinazione di salvataggi plutocratici, da un lato, e la crescente precarietà e il crescente pericolo fisico per la classe operaia è esplosiva. È difficile vedere come questo possa durare a lungo senza provocare una rottura dell’ordine sociale.

Tuttavia, l’unità nazionale prodotta dalla crisi può anche essere un’apparenza che inganna. Anche durante il fervore patriottico nella seconda guerra mondiale, non vennero meno le divisioni sociali dei tempi normali. Durante il periodo di guerra Detroit fu teatro sia di scioperi selvaggi (da parte di lavoratori del settore auto che sentivano di essere stati spinti a fare sacrifici senza un equo compenso) sia di scontri razziali (da parte di bianchi che usavano la violenza contro la immigrazione dei neri provenienti dal Sud).

La crisi del coronavirus sta mostrando una simile intensificazione della lotta sociale. Aumentano gli attacchi razzisti contro gli americani di origine asiatica, grazie in gran parte al fatto che Donald Trump ha chiamato il virus “China virus”. Continua a leggere Stati Uniti. La lotta di classe ai tempi del coronavirus è già cominciata, di J. Heer

Io non ci sto! Lettera di un’infermiera su Corona virus e distruzione della sanità pubblica

Pubblichiamo di seguito la lettera di un’infermiera che lavora in un ospedale della Toscana, dove alcuni reparti sono stati riconvertiti per l’emergenza corona virus, anche per alleggerire la pressione sugli ospedali lombardi. Questa lettera racchiude tutta la tensione e la rabbia di questi momenti da una parte, ma anche la consapevolezza dello scempio operato negli ultimi vent’anni e più sul sistema sanitario pubblico.

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Sono già diversi giorni che ho in testa l’idea di scrivere questa lettera, un’idea maturata perché l’emergenza coronavirus ha scoperto ogni nervo di un sistema che, se ancora oggi è in grado di dare una risposta, lo deve solo all’abnegazione del personale sanitario. Il sistema sanitario è un sistema complesso, se prendiamo a esempio l’ospedale, perché funzioni ha bisogno oltre che di medici, infermieri e OSS, anche delle lavoratrici e dei lavoratori delle pulizie, delle mense, delle lavanderie, dei centralini, degli amministrativi, dei tecnici, dei laboratori, dei lavoratori della logistica, del trasporto, etc.; insomma, di tutto un complesso di figure che fanno sì che quando un paziente arriva possa ricevere la giusta risposta sanitaria. Invece cosa è successo in questi anni? I piccoli ospedali sono stati chiusi, i letti ridotti, le mense, le cucine, le sterilizzazioni esternalizzate, i laboratori analisi accorpati, i medici costretti alle dimissioni precoci. Il personale sanitario si è trovato stretto fra le decisioni dei vertici aziendali e i bisogni dell’utenza.

Io non ci sto ad essere trasformata in un angelo, quando fino a ieri e proprio grazie a quelle scelte, oggi ci troviamo nella così detta “merda” di fronte all’emergenza coronavirus. Per anni si e lavorato sistematicamente per distruggere la sanità pubblica, privatizzando, chiudendo ospedali, diminuendo posti letto, dirottando il pubblico verso il privato.

Decisioni che tagliando i servizi e distruggendo quasi il territorio hanno reso difficili e in molti casi inaccessibili le cure a chi ne ha bisogno. Continua a leggere Io non ci sto! Lettera di un’infermiera su Corona virus e distruzione della sanità pubblica