Palestina. E’ alle porte una grave crisi alimentare, di Ramzy Baroud (italiano – english)

Una bambina a Gaza (UNWRA)

Simili aumenti dei prezzi possono essere gestibili in alcune parti del mondo, ma in una società già impoverita, sotto un serrato assedio militare israeliano da 15 anni, si profila una crisi umanitaria di grandi proporzioni.

Riprendiamo da Invicta Palestina questa analisi-denuncia dell’impatto devastante che l’aumento dei prezzi dei prodotti agricoli legato alla guerra NATO/Russia in Ucraina e alle immonde speculazioni delle imprese transnazionali che li controllano, sta avendo sulle masse palestinesi: anzitutto a Gaza, ma anche in Cisgiordaniacome del resto (in gradi differenti) in tutto il Nord Africa e nei paesi della mezzaluna fertile. Proprio oggi il FMI ha lanciato un allarme che riguarda l’intera Africa nera.

Mentre condividiamo l’analisi e la denuncia di Ramzi Baroud circa le responsabilità di questa situazione – anzitutto lo stato di Israele, ma anche la subordinata e corrotta ANP -, non possiamo condividere la sua illusione che i conciliaboli tra ONU, stati arabi e non meglio precisate “altre parti” (UE? Usa? Israele stesso?) siano in grado di “risolvere l’insicurezza alimentare della Palestina”, e allontanare la fame alle porte. Ancora una volta tutto è nelle mani dell’indomita resistenza delle masse sfruttate e oppresse della Palestina e dell’intero mondo arabo, e di quanti in Israele, in Occidente e nel mondo sono attivamente solidali con la causa palestinese.

Un amico, un giovane giornalista di Gaza, Mohammed Rafik Mhawesh, mi ha detto che nelle ultime settimane i prezzi dei prodotti alimentari nella Striscia assediata sono aumentati vertiginosamente. Le famiglie già povere faticano a mettere il cibo in tavola.

“I prezzi dei generi alimentari stanno aumentando drammaticamente”, ha spiegato, “in particolare dall’inizio della guerra Russia-Ucraina”. I prezzi degli alimenti essenziali, come grano e carne, sono quasi raddoppiati. Il prezzo di un pollo, ad esempio, che in ogni caso era accessibile solo ad un piccolo segmento della popolazione di Gaza, è passato da 20 a 45 shekel (da 5,70 a 12,80 euro).

Tali aumenti dei prezzi possono essere gestibili in alcune parti del mondo, ma in una società già impoverita, sotto un serrato assedio militare israeliano da 15 anni, si profila una crisi umanitaria di grandi proporzioni.

L’ente di beneficenza internazionale Oxfam ha lanciato l’allarme l’11 aprile quando ha riferito che i prezzi dei generi alimentari nella Palestina occupata sono aumentati del 25% e, cosa più allarmante, le riserve di farina di frumento nei Territori Palestinesi Occupati potrebbero “esaurirsi entro tre settimane”.

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Cisgiordania: coloni e soldati israeliani uniti per ammazzare palestinesi – Invicta Palestina

Riprendiamo dal sito Invicta Palestina un dettagliato rapporto su quanto è avvenuto il 14 maggio scorso, pochi giorni dopo l’esplosione della nuova Intifada, in alcuni villaggi della Cisgiordania: Urif, Asira Al-Qibliya, Iskaka, Al Reihiya, Burin. Leggetelo senza fretta! Potrete toccare con mano l’intreccio sempre più forte tra l’esercito e i coloni, che è maturato nell’era Netanyahu, e non finirà certo con l’avvento del nuovo governo Bennett. Vedrete pure come si fa strada, tra i poliziotti palestinesi, la percezione di “avere sbagliato” nel disarmare la popolazione dei villaggi, lasciandola così alla mercé delle bande dei coloni e dell’esercito israeliano, e nell’agire da forza ausiliaria dell’occupante.

A seguire pubblichiamo una lettera aperta di 100 soldati dell’esercito di Israele che protestano contro gli episodi criminali qui illustrati e, in generale, contro la violenza dei coloni e la copertura, se non l’attiva complicità con loro, dell’esercito. L’ideologia e la prospettiva della lettera è lontanissima dalla nostra – ma una cosa è certa: l’irriducibile resistenza delle masse sfruttate e oppresse di Palestina sta generando dissensi e contrasti anche nelle fila dell’esercito coloniale.

Un’indagine di Local Call rivela come in un solo giorno di maggio coloni e soldati israeliani abbiano collaborato in attacchi che hanno provocato la morte di quattro palestinesi. L’ondata senza precedenti di assalti congiunti ha inaugurato una nuova era di terrore.

Fonte: english version

Di Yuval Abraham – 15 luglio 2021

Nidal Safadi era un uomo tranquillo, hanno detto i suoi vicini. Viveva a Urif, un villaggio palestinese di alcune migliaia di abitanti in Cisgiordania. A soli 25 anni, Safadi e la moglie avevano tre figli e un quarto, una femmina, in arrivo.

Urif non è sempre tranquillo. Con la città palestinese di Nablus a meno di 16 chilometri di distanza, l’esercito israeliano occupante ha stabilito una base su una vicina collina nel 1983. Un anno dopo, è stata adibita a scopi civil come parte del programma di insediamento illegale di Israele nei territori palestinesi. Dal 2000, l’insediamento, chiamato Yitzhar, ospita una yeshiva (istituzione educativa religiosa ebraica) nota per le sue ferme opinioni nazionaliste ebraiche; l’insediamento è diventato noto per il suo estremismo. I cosiddetti avamposti di insediamento che ha stimolato, illegali anche per la legge israeliana, ma comunque difesi dalle Forze di Difesa Israeliane, hanno gradualmente invaso villaggi come Urif. Negli ultimi 10 anni, le aggressioni dei coloni hanno dato luogo a violente recriminazioni tra israeliani e palestinesi che vivono nelle vicinanze.

Il 14 maggio, tuttavia, Urif era tranquillo, a differenza di gran parte della Cisgiordania. In decine di luoghi nel territorio, i palestinesi hanno protestato contro le recenti provocazioni israeliane: la polizia ha preso d’assalto il complesso della moschea Al-Aqsa a Gerusalemme ed effettuato pesanti bombardamenti, in risposta al lancio di razzi di Hamas, sulla Striscia di Gaza.

“Ci sono state molte proteste nella zona, ma Urif era tranquillo,” ha detto Mazen Shehadeh, capo del consiglio del villaggio. “È un piccolo villaggio e i residenti sono rimasti a casa. Se i coloni non fossero arrivati ​​ad attaccare le case, non sarebbe successo nulla.”

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