Per uno sciopero generale vero – Si Cobas

Dopo 7 anni di letargo i bonzi di CGIL e la UIL hanno indetto uno sciopero generale.

Uno sciopero vero, di quelli che fanno male a padroni e governo? Non pare proprio.

Uno sciopero vero non si prepara in 6 giorni, senza fare assemblee in tutte le fabbriche e luoghi di lavoro.

Non si chiamano i lavoratori a scioperare su obiettivi fumosi mentre l’inflazione manda in fumo i salari. Non si indice uno sciopero generale contro la politica antioperaia del Governo dicendo che il suo capo, Mario Draghi, “è una risorsa per il paese”.

Non si fa sciopero generale per un mancato contentino, promesso da Draghi a Landini e Bombardieri per salvare loro la faccia, e bocciato dalla maggioranza del governo (il rinvio di un anno dello sgravio IRPEF a chi guadagna più di 75mila euro, in cambio riduzione di mezzo punto dei contributi in busta paga)!

Questo sciopero pare più un attestato di sopravvivenza, senza nessun progetto di lungo respiro, senza avere al centro i bisogni di milioni di lavoratori e lavoratrici, le cui condizioni materiali peggiorano rapidamente e quotidianamente.

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Sullo sciopero generale indetto da CGIL e UIL

E allora, a meno di una revoca dell’ultimissimo momento a fronte di concessioni insignificanti da sbandierare come conquiste dovute alla minaccia dello sciopero, il prossimo 16 dicembre si terrà lo sciopero generale convocato da CGIL e UIL.  

Se così sarà, siamo stati smentiti, ed è bene riconoscerlo. Forse, però, è altrettanto vero affermare che non siamo stati smentiti.

Partiamo dalla smentita.

Avevamo predetto che non ci sarebbe stato alcuno sciopero generale indetto dalla CGIL: “Né sulle pensioni, né contro i licenziamenti. Né contro la disoccupazione, né contro il carovita e l’assalto a quel che resta di pubblico e di non totalmente aziendalizzato nei servizi pubblici. Né per protestare contro la strage di morti sul lavoro, né contro il discriminatorio “green pass”. Né per denunciare l’esistenza in tanti luoghi e settori di una Textprint in via di estensione con orari di lavoro fino a 12 ore (formalizzati anche in alcune Usl del Veneto). Né contro le ripetute violenze della polizia e dei carabinieri ai picchetti e le restrizioni al diritto di manifestare. Né per l’insulto di un PNRR che incentiva ulteriormente l’aziendalizzazione della sanità e l’allontanamento di ogni rapporto personale tra medico e paziente. Né per protestare contro il balzo in avanti (+8%) delle spese militari mentre si ritorna a lesinare sulla spesa sociale. Né – ovviamente – per tutti questi temi assieme. Niente di niente, ad eccezione di qualche sciopero di settore obbligato, una tantum, e rigorosamente separato da ogni altra vertenza.”

Ora, davanti alla proclamazione dello sciopero, la prima domanda da porsi è: chi ha obbligato i vertici di CGIL e UIL a questo passo? La loro base fremente di sdegno per la macelleria sociale messa in atto dal governo Draghi e per l’illimitata arroganza di Confindustria? Non pare. Nelle fabbriche e negli altri luoghi di lavoro c’è scontento ed anche rabbia per il modo in cui sono trattati nella finanziaria i “lavoratori essenziali”, ma – al momento – prevalgono la sfiducia e la tendenza a cercare delle minime “compensazioni” a livello aziendale, con straordinari e premi di produzione. Né si può sostenere che la decisione sia stata presa per la paura di essere messi all’angolo nell’immediato dal sindacalismo di base – infatti, senza nulla togliere al valore della partecipazione degli operai dell’Elettrolux di Susegana e della Gkn, dobbiamo ammettere che gli scioperi dell’11 e 15 ottobre non sono riusciti a coinvolgere una quota minimamente significativa degli operai e proletari iscritti alla CGIL, inclusi quelli che si riconoscono nell’opposizione ‘il sindacato è un’altra cosa”. Che a sua volta non può certo intestarsi una vittoria, rivendicando che la proclamazione dello sciopero generale è il frutto della sua protesta ferro-e-fuoco (nessuno l’ha vista, francamente).

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Altri 750 miliardi sulla schiena dei lavoratori di tutta Europa (e non solo)!

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Ci siamo: il progetto della Commissione von der Leyen è diventato realtà. Ci vorrà ancora qualche mese, e si abbatterà sulle schiene dei lavoratori di tutta Europa e sulle schiene degli oppressi dei paesi dominati e controllati dall’Unione europea, un macigno dal terribile peso di 750 miliardi di nuovo debito di stato che dovremo ripagare per decenni, con gli interessi – a meno che non rovesciamo il tavolo e facciamo a pezzi il suddetto progetto.

Dovremo ripagare a chi? Elementare: ai padroni dei debiti di stato. Cioè a quella masnada (detta élite) di banchieri, finanzieri, imprenditori, speculatori “puri”, super-burocrati civili e militari super-pagati, capi mafia, etc., che hanno nella loro disponibilità, in ogni paese europeo, la quasi totalità dei titoli di stato, che ora si arricchiscono di una nuova figura: i titoli del debito UE, di questo finto-vero-finto super-stato.

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FIOM. Marchionne e Renzi ordinano, Landini esegue!

Comunicato Si-Cobas del 12/4 sulle misure punitive prese dai vertici della Fiom di Landini contro dei delegati combattivi FCA, fino all’espulsione di Sergio Bellavita.

Come abbiamo già sottolineato in un ampio comunicato successivo al vergognoso processo ordito dalla burocrazia Fiom nei confronti delle RSA ribelli di Melfi e Termoli, la Fiom di Landini è oramai in maniera sempre più palese divenuta un prezioso strumento nelle mani dei padroni funzionale alla neutralizzazione delle lotte operaie.

L’epurazione di Sergio Bellavita avvenuta nelle ultime ore non fa che confermare e consolidare questa evidenza.

Proprio per questo crediamo che per i compagni vittime di questa vera e propria pulizia etnica sia giunta l’ora di tirare le somme. Come S. I. Cobas non siamo mai stati indifferenti al dibattito interno alla Fiom: al contrario, in innumerevoli occasioni abbiamo provato a dialettizzarci con le contraddizioni interne alla più grande organizzazione operaia del nostro paese (per dimensioni) con chiarezza e trasparenza, e laddove possibile organizzato iniziative di lotta comune con gli operai combattivi presenti in Fiom.

Mentre altri attaccavano la Fiom e la Cgil con una fraseologia “barricadera” e ultimatista col solo intento di raccogliere qualche iscritto in libera uscita, per poi ritrovarsi come nel caso dell’USB a firmare accordi vergognosi al pari e più della Fiom (vedi accordo sulla rappresentanza del 10 gennaio o, nelle ultime ore, nel pubblico impiego), il SI Cobas ha sempre posto quale unica discriminante per un’azione comune non certo la tessera sindacale, bensì la disponibilità o meno a lottare e scioperare contro i piani padronali.

Quel che sta accadendo nelle ultime ore impone tuttavia una seria riflessione ai compagni de “Il sindacato è un’altra cosa” e a tutte le migliaia di iscritti e delegati Fiom che non intendono capitolare definitivamente al nuovo corso filogovernativo e filo-padronale di Landini e della sua cricca: non si tratta semplicemente di rompere definitivamente con la Fiom e con la Cgil (come secondo noi sarebbe anche politicamente coerente e storicamente necessario), quanto di prendere atto che la battaglia condotta prevalentemente se non addirittura esclusivamente nelle strutture e negli organi interni sta logorando i lavoratori più combattivi e la stessa minoranza interna.

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Contratto nazionale e contratto aziendale: i padroni non si fermano.FIM-FIOM-UILM non si muovono. È più che mai necessario che a muoversi siano i lavoratori!

18m

Lavoratori, lavoratrici,

niente di nuovo sui fronti del contratto nazionale e di quello aziendale. Anche negli incontri dei giorni scorsi, infatti, Federmeccanica e Fincantieri hanno ribadito le loro pretese oltranziste.

Federmeccanica conferma: zero aumenti salariali nel 2016 e anche, di fatto, nel 2017 per il 95% dei metalmeccanici; 4 spiccioli solo per i minimi salariali. Taglio secco dei permessi. Peggioramento delle norme su straordinari, trasferimenti, trasferte. Aumento degli appalti, senza alcun limite; zero garanzie per gli occupati ai cambi di appalto. E, naturalmente, tanta produttività del lavoro in più!

Dopo aver intascato favolosi stipendi e bonus finanziati col taglio di 150/200 euro mensili alle buste paga di operai e impiegati, anche la banda-Bono conferma la sua arroganza. E’ decisa a scaricare sui lavoratori le difficoltà che ha in borsa, con la Vard (per la crisi dei prezzi del petrolio), in Canada (per i difetti della nave Gauthier), a Palermo (per la protesta dei lavoratori della mensa licenziati), in Friuli (per la vertenza legale dei dipendenti ETR). Insomma Bono&C. puntano tutto sul massimo sfruttamento del lavoro e sulle commesse militari: sul sudore e il sangue dei lavoratori.

Di fronte all’oltranzismo padronale, che si fa forte del totale sostegno del governo Renzi, i capi di FIOM-FIM-UILM sono increduli. Hanno congelato per mesi ogni iniziativa dei lavoratori, sperando che Federmeccanica e Fincantieri, riconoscenti per un tale atteggiamento ‘responsabile’, aprissero uno spiraglio per la ‘trattativa’. Risultati? Sottozero. I padroni sono più oltranzisti di prima.

C’è anche di peggio. Proprio in queste ultime settimane la FIOM ha preso una decisione gravissima: punire i delegati FIOM delle fabbriche Fiat-FCA di Melfi e di Termoli, dove la spremitura del lavoro è diventata insopportabile, per aver organizzato lo sciopero contro i sabati comandati, insieme ad altri organismi sindacali di base. E Landini, non contento di questa punizione, che fa? Si mette a lodare Marchionne per aver ‘salvato’ la Fiat!!! Sì: tagliando decine di migliaia di posti di lavoro, licenziando o confinando gli operai più combattivi, dimezzando i salari per i nuovi assunti (a Detroit), segando le pause, intensificando in modo disumano i ritmi di lavoro, azzerando le libertà sindacali. Alcuni piccoli particolari, evidentemente … Continua a leggere Contratto nazionale e contratto aziendale: i padroni non si fermano.FIM-FIOM-UILM non si muovono. È più che mai necessario che a muoversi siano i lavoratori!