Lo sfruttamento del lavoro domestico non ha nazione – Comitato 23 settembre

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa documentata denuncia della ‘sorte’ delle lavoratrici domestiche etiopi costrette all’emigrazione.

Lo sfruttamento del lavoro domestico non ha nazione!

L’emigrazione delle donne e delle ragazze del sud del mondo è sempre più un fenomeno internazionale e di massa. L’Etiopia, uno dei paesi africani più popolosi e più poveri, non sfugge a questa legge: basato su un’economia agricola di sussistenza, per gli 11 milioni di giovani in cerca di lavoro l’emigrazione è spesso una scelta obbligata. Per le ragazze, in particolare, le possibilità di lavoro sono ancora inferiori, mentre incombe su di loro la minaccia di matrimoni precoci. Le famiglie stesse le spingono a cercare lavoro nelle città e nei centri urbani, ma soprattutto all’estero, nei ricchi paradisi degli stati del Golfo e in Libano. Il lavoro di ragazze e bambine viene utilizzato per sopravvivere e saldare i debiti. Molte, anche giovanissime (13/15 anni), partono spinte dal desiderio di aiutare le loro famiglie ma anche di rendersi indipendenti dalla miseria e dalle costrizioni dell’ambiente in cui sono vissute.

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1° Maggio. I lavoratori in lotta in tutto il mondo sfidano Covid-19 e repressione

Riprendiamo qui il Comunicato del SI Cobas sul 1° maggio nel mondo. Ci sarebbe molto da ragionare sulla polarizzazione sociale e politica in atto in particolare negli Stati Uniti che a noi sembra anticipare gli sviluppi prevedibili anche in altri paesi dell’Occidente. E, per altro verso, sullo svolgimento dello scontro di classe nei paesi arabi e in Medio Oriente , là dove i fatti libanesi sembrano anticipare l’inevitabile ripresa dello scontro di classe in Algeria, in Iraq, in Iran, in Sudan e a seguire. Torneremo su questi temi, perché anche se domina tuttora il disinteresse verso gli svolgimenti internazionali della lotta di classe, anche se va di moda l’insipida ‘sapienza’ geo-politica ‘di sinistra’, da questi svolgimenti dipende molto della nostra sorte.

Photos: Workers Across The World Mark May Day, Even During Coronavirus

La doppia crisi, sanitaria ed economico-sociale causata dalla pandemia da COVID-19, ha sottoposto i lavoratori e le lavoratrici di tutto il mondo agli stessi problemi: difendersi dal contagio e rischio della vita per sé e i propri familiari mentre si è costretti a lavorare, difendersi da impoverimento e fame per chi è rimasto disoccupato a causa della chiusura di attività.

Il Primo Maggio, la giornata internazionale di lotta dei lavoratori, ha colto i lavoratori di ogni paese e le organizzazioni sindacali nella condizione di non poter tenere le tradizionali manifestazioni; in gran parte dei paesi i governi, prendendo a pretesto la prevenzione del contagio, non hanno permesso di tenere neppure piccole manifestazioni nel rispetto delle misure di distanziamento sociale e con le mascherine.

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L’uccisione di Soleimani: un colpo all’Iran e un monito terroristico rivolto alle masse iraniane, arabe e medio-orientali.

ENGLISH VERSION

Torniamo in piazza contro le nuove guerre in gestazione, contro il governo Conte che è complice di questi preparativi, per il ritiro immediato di tutte le truppe italiane all’estero! Sostegno incondizionato alle piazze arabe e iraniane in ebollizione contro l’imperialismo e contro i propri regimi oppressivi!

L’uccisione del gen. Soleimani da parte del Pentagono non è rivolta solo contro un uomo e un regime politico che negli ultimi anni avevano saputo abilmente erodere spazi, in Iraq, Siria, in Yemen, agli Stati Uniti di Obama e di Trump e ai loro alleati. È un monito terroristico rivolto alle masse del mondo arabo e dell’intera area medio-orientale in ebollizione in Sudan, in Algeria, in Libano, in Iraq e altrove affinché abbiano ben presente chi comanda in quella regione, e tengano bene a mente che gli interessi statunitensi sono intoccabili. Questo monito va insieme al tentativo di rilanciare la falsa divisione tra “sunniti” e “sciiti” che tanto ha giovato agli interessi delle classi dominanti, globali e locali.

Non a caso Trump si è immediatamente precipitato a chiarire due cose:

  1. ”non vogliamo un regime change in Iran, non vogliamo buttare giù il regime islamico” – l’obiettivo è di limitare la sua sfera di influenza e renderlo più malleabile al tavolo dei negoziati;
  2. se ci sarà una risposta iraniana forte, la contro-risposta statunitense sarà “sproporzionata”. Il terrorismo imperialista degli Stati Uniti e della NATO – dello stesso genere di quello che Israele attua contro le masse palestinesi – mira oltre che a dare un avviso ai governanti di Teheran e delle altre capitali dell’area amiche della Russia, a generare paura tra i rivoltosi che da due anni riempiono le piazze di questa area per cambiare radicalmente la propria condizione attraverso l’abbattimento dei rispettivi regimi. Perché questo cambiamento radicale si può realizzare solo tagliando le unghie, le ali e infine la testa alla dominazione imperialista sull’area.

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Tutta la nostra solidarietà alle piazze arabe in rivolta!

SI Cobas nazionale, 21 dicembre 2019

النسخة العربية

Da molti mesi, da Algeri a Khartum, da Beirut a Baghdad, le piazze arabe sono in rivolta.

Centinaia di migliaia, milioni di dimostranti, in grande maggioranza giovani proletari e semi-proletari, con la forte presenza e l’altrettanto forte protagonismo delle donne, sono scesi in campo per farla finita con i loro regimi politico-militari-confessionali, accusati di impoverire e opprimere le classi popolari ad esclusivo beneficio di piccole élite di profittatori e dei capitalisti stranieri.

Ancora una volta con la loro “marcia del ritorno”, la nuova coraggiosa sfida a Israele,  sono stati gli irriducibili palestinesi di Gaza a dare l’avvio ad un seguito di movimenti sociali che sono in continuità con le grandi sollevazioni del 2011-2012. La terribile repressione di quelle sollevazioni avvenuta in Egitto, in Siria, in Bahrein, in Arabia saudita, etc. non è riuscita a intimidire a lungo le masse sfruttate e oppresse del mondo arabo.

Ed eccole di nuovo in campo, a ribellarsi ad una condizione di disoccupazione e di impoverimento diventata insostenibile, all’imposizione di nuove tasse volute dal FMI, al dispotismo, alla brutalità, alla corruzione dei propri governi, al saccheggio delle ricchezze dei loro paesi da parte delle multinazionali.

La grande novità di queste sollevazioni del 2018-2019 rispetto a quelle precedenti è che la sfiducia di massa verso i poteri costituiti coinvolge in pieno anche i militari e le formazioni islamiste, viste ormai quasi ovunque per quello che realmente sono: non l’alternativa, ma una componente organica degli apparati di potere che difendono gli interessi dei più ricchi, dei grandi parassiti di stato, dei pescecani dei capitali globali che imperversano in questa regione strategica del mondo. Continua a leggere Tutta la nostra solidarietà alle piazze arabe in rivolta!