Assassinato il coordinatore SI Cobas di Novara, Adil Belakhdim, mentre era al picchetto dello sciopero – un crimine collettivo dei padroni e del governo Draghi – TIR

Stamattina, durante lo sciopero alla Lidl di Biandrate, un camionista ha forzato il picchetto dei lavoratori in sciopero, travolgendo e schiacciando sotto le ruote del camion Adil Belakdim, il coordinatore SI Cobas di Novara.

Criminale è stato il comportamento del camionista, come lo fu quello del camionista che travolse anni fa a Piacenza, in circostanze del tutto simili, Abd Elsalam Ahmed Eldanf, un lavoratore dell’Usb.

Sarebbe troppo facile, però, attribuire ad un singolo la colpa di questo assassinio.

L’uccisione di Adil Belakdim è un crimine collettivo che chiama in causa direttamente il padronato della logistica, con FedEx in testa, il padronato intero, il governo Draghi.

Il padronato della logistica perché, con FedEx alla sua testa nel ruolo che fu della Fiat/FCA di Marchionne, appare intenzionato a sferrare un attacco frontale a quel proletariato immigrato della logistica che in un ciclo di lotte durato un decennio, di cui il SI Cobas è stato protagonista di prima fila, ha saputo infliggere colpi importanti (benché non definitivi) al sistema mafioso degli appalti e dei sub-appalti, conquistando livelli di salario, orari, libertà di organizzazione sui posti di lavoro a lungo negata, rispetto della propria dignità – un sistema mafioso, che è l’arma attraverso cui le imprese multinazionali super-sfruttano il lavoro operaio (non solo della logistica, pensiamo a Fincantieri, primatista mondiale nell’uso dei sub-appalti), imponendo livelli di precarietà, di intensità del lavoro, di orari, talmente devastanti che nell’arco di 10-15 anni logorano e spezzano i muscoli e i corpi di tanti lavoratori, per paghe che sono state spesso, fino a ieri, al di sotto dei livelli di sussistenza.

Questo padronato, con la statunitense FedEx in testa, che è all’opera da tempo per costruire e mettere in azione contro gli scioperi operai le proprie squadracce private, ha le mani sporche di sangue.

Ma non si tratta solo del padronato della logistica.

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Piacenza: un gruppo di iscritti alla CGIL contesta il proprio sindacato, e appoggia la lotta contro FedEx – TIR

Una buona nuova da Piacenza: una trentina di iscritti alla CGIL sconfessano il proprio sindacato.

Da Piacenza arriva una buona notizia: una trentina di iscritti alla CGIL (della “mozione Landini” – notabene) contestano dalla a alla zeta la posizione assunta dal loro sindacato nello scontro tra i facchini del SI Cobas e la multinazionale statunitense FedEx. Lo fanno con una lettera aperta, non nelle segrete stanze del sindacato dove la loro critica sarebbe stata soffocata. È un atto coraggioso e non deve passare sotto silenzio. Soprattutto per quello che i dissidenti dicono:

1)la CGIL deve cambiare rotta, e appoggiare i lavoratori della logistica che si stanno battendo contro la chiusura del magazzino di Piacenza, anziché attaccarli;

2)la CGIL deve riconoscere che “i SI Cobas hanno fatto il loro mestiere, con scioperi e picchetti” [un sindacato degno del suo nome fa questo -n.], e prendere posizione netta “contro la repressione poliziesca che ne è derivata, con arresti, divieti di dimora e revoche del permesso di soggiorno”;

3)la CGIL, di conseguenza, deve ritirare l’esposto contro i picchetti del SI Cobas che ha fatto agli organi repressivi dello stato;

4)la CGIL deve incontrarsi con il SI Cobas per ricomporre il conflitto tra le due organizzazioni sindacali, per “unire il fronte dei lavoratori” contro FedEx, impedendo al padrone di portare avanti le sue manovre di divisione.

Auguriamo a queste compagne e compagni che la loro sortita sia raccolta dal più gran numero di iscritti alla CGIL, e ottenga davvero un cambio di rotta. Anche se su questa seconda cosa nutriamo forti dubbi, data la dura risposta, quasi una minaccia, arrivata a stretto giro dalla segreteria del sindacato: “Risponderemo alle richieste a tempo debito e nelle sedi opportune”. Ci auguriamo che non demordano dalla loro iniziativa, perché è il miglior contributo che possano dare a quell’unità del fronte di classe contro il fronte padronale a cui mostrano di tenere quanto noi.

Due parole in più, invece, sulle polemiche sorte intorno alla protesta dei lavoratori del SI Cobas davanti alle sedi della CGIL di Piacenza e di Bologna. Piovvero critiche, in certi casi sull’iniziativa in sé (non si manifesta contro altri sindacati), in altri casi sui toni “esagerati” o “eccessivi”. Alla base di queste critiche ci sono due radicali errori politici.

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TNT Fedex: una lotta che parla a tutti (SI Cobas)


Da tre giorni tutta la filiera Tnt/Fedex è in sciopero e dove il SI Cobas è presente, l’adesione è altissima. La lotta è partita quando, nonostante un accordo sindacale, Fedex si è rifiutata di assumere 66 lavoratori interinali, dapprima spremuti come limoni durante il lockdown e poi licenziati e rottamati come la peggiore delle merci.

Se da un lato diciamo con nettezza che la lotta durerà fino a quando i lavoratori non torneranno al loro posto, altrettanto chiaramente diciamo che sarebbe sbagliato pensare che ciò che succede a Peschiera Borromeo sia una anomalia, un fatto isolato. Il problema non sono solo i licenziati o il mancato rispetto di un accordo, bensì il disegno che sta cercando di portare avanti Fedex, che prevede un attacco generalizzato e violentissimo a tutti gli operai della filiera, innanzitutto per eliminare i lavoratori più combattivi e sindacalizzati, per ridurre il costo del lavoro, per decretare il proprio dominio e cancellare ciò che si è ottenuto con le lotte che in questi anni hanno attraversato non solo la filiera Tnt/Fedex, ma tutta la logistica.

Gli scioperi di questi giorni, dunque, parlano a tutti e pongono con forza la necessità di ampliare il conflitto. La fase che stiamo vivendo e quella che dovremo affrontare tra qualche mese sarà priva di qualunque mediazione: da un lato i padroni che vorranno riprendersi tutto, e dall’altra parte i lavoratori, i disoccupati, i precari, che dovranno organizzarsi per riprendersi tutto quello che è loro. La migliore solidarietà per i lavoratori di Tnt/Fedex, non sono i comunicati o lo sdegno, ma l’allargamento del conflitto.


SI Cobas nazionale

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La guerra non detta dell’Europa contro gli immigrati, e cosa fare per vincerla

Trovate qui sotto la trascrizione dell’intervento di P. Basso (Cuneo rosso) fatto all’assemblea generale della International Migrants Alliance Europe (6-7 dic. 2019, Como) su “Migrants, Refugees and displaced People Building Unitiy, Organizing to Reclaim Rights”.

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Como, 7 dicembre 2019 – IMA Europe

Buongiorno, e molte grazie per il vostro invito.

L’ho accettato con piacere perché condivido totalmente il vostro impegno per i diritti degli immigrati e per l’unità alla scala internazionale degli emigranti, dei rifugiati e degli sfollati al di là delle differenze di nazionalità, di genere, di cultura, di religione. Questo impegno è oggi più importante che mai perché qui in Europa, qui in Italia, siamo nel mezzo di una vera e propria guerra agli emigranti e agli immigrati. Una guerra che negli ultimi 20 anni ha già fatto decine di migliaia di morti nel mar Mediterraneo e lungo le frontiere di terra europee, altre decine di migliaia di morti nel deserto del Sahara, e un numero ancora maggiore di torturati, di feriti, di prigionieri, di donne stuprate, di persone comprate e vendute come oggetti dai grandi e piccoli trafficanti di esseri umani.

Questa guerra, come ogni guerra, è combattuta anche sul terreno della propaganda – una propaganda sempre più sfacciatamente razzista che presenta gli emigranti e gli immigrati come un pericolo, un danno, una minaccia, i primi responsabili di tutto il malessere sociale che cresce ogni giorno di più nella ricca Europa occidentale, non certo per colpa degli emigranti e degli immigrati, sotto forma di disoccupazione, precarietà, perdita di diritti acquisiti, umiliazioni sui posti di lavoro, super-sfruttamento, diffusione delle droghe e della criminalità, perdita di futuro, etc.

Le premesse, le radici di questa guerra affondano nello stesso accordo di Schengen del 1985, che è alle origini dell’Unione europea. L’accordo di Schengen ha avviato la libera circolazione delle merci e dei capitali prima in centro Europa, poi in tutta l’Europa occidentale, e ha sancito la libera circolazione dei cittadini degli stati firmatari. Nello stesso tempo, però, ha introdotto un principio di sospetto europeo, statale, istituzionale nei confronti degli immigrati. La circolazione degli emigranti-immigrati non può essere libera, deve essere attentamente controllata dalle polizie. Manco a dirlo: la figura prescelta per giustificare un simile principio di sospetto è stata quella dell’immigrato cd. “clandestino”, presentato come una minaccia da tenere sotto controllo perché fonte di insicurezza e di criminalità – vedi gli articoli 7 e 9 dell’accordo di Schengen.

Questo schema originario di inquadramento della “questione migratoria” è rimasto immutato nei 35 anni successivi sia per l’Unione europea che per i singoli stati. E ha colpito prima gli emigranti provenienti dall’Est-Europa, poi quelli provenienti dai paesi di tradizione islamica, e da alcuni anni gli emigranti dall’Africa sub-sahariana. Ma in tutto il periodo che va dal 1985 ad oggi, ad essere coperto di sospetto, inferiorizzato, discriminato, criminalizzato, in qualche caso demonizzato, è stato l’intero mondo delle popolazioni immigrate. E in questo processo l’Italia ha conquistato un primato che non le fa onore, con la creazione dei centri di detenzione amministrativi, con la legge Bossi-Fini che subordina il permesso di soggiorno al contratto di lavoro, con la serie dei “decreti sicurezza” (Maroni, Minniti e Salvini) pieni di misure di carattere discriminatorio contro i nuovi e i vecchi immigrati, con gli accordi con le bande della malavita libica.

Come mai questa guerra? Forse l’Unione europea e l’Italia non hanno bisogno di lavoratrici immigrate e di lavoratori immigrati? Al contrario! Continua a leggere La guerra non detta dell’Europa contro gli immigrati, e cosa fare per vincerla