L’impero delle sanzioni: il caso del Nord Stream 2 (italiano – English), di Bruno Vitale

Riceviamo da Bruno Vitale, uno scienziato da tempo immemorabile impegnato in campagne anti-militariste, autore con Anne Gut, tra l’altro, dell’importante studio Depleted Uranium. Deadly, Dangerous and Indiscriminate. The Full Picture [Spokesman, 2003], la ricostruzione del boicottaggio messo in atto dagli Usa del nuovo gasdotto Nord Stream 2, che avrebbe consentito di raddoppiare le forniture di gas russo all’Europa occidentale attraverso il mar Balticoun testo scritto inizialmente per “la Bottega del Barbieri“, che volentieri pubblichiamo.

Anche questa vicenda mostra come la guerra in atto sia stata preparata da una furiosa battaglia economica tesa non solo a demolire le velleità di potenza del governo russo, ma anche ad abbattersi sulle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori russi, già colpiti da una stagnazione economica e dalla partecipazione coatta ai combattimenti in Ucraina. E mentre questi ultimi eventi godono di ampia spettacolarizzazione, ben poco si sa degli effetti delle sanzioni messe in atto dagli Usa e dai suoi alleati.

Come sottolinea il testo di Bruno Vitale, le sanzioni sono un’arma letale usata sistematicamente dagli Stati Uniti e dall’Occidente tutto nei conflitti presenti e passati, i cui effetti si misurano nel tempo, proprio su quella parte della popolazione che spesso si sostiene ipocritamente di voler proteggere. Basti pensare alle centinaia di migliaia di bambini iracheni morti in seguito alle criminali sanzioni che hanno preceduto lo scatenamento della seconda guerra all’Iraq che ha devastato quel paese [le sanzioni benedette dal famigerato “Ne è valsa la pena” della iena Albright], o al sequestro dei beni afghani seguito alla fuga delle milizie Usa e occidentali dall’Afghanistan.

La messa in evidenza di questo aspetto della politica imperialista statunitense e occidentale è un contributo utile a sottolineare come la guerra in atto sia una guerra di rapina e di distruzione di massa, contro cui è necessaria la più ampia mobilitazione e il sostegno a quanti, in Russia e in Ucraina, si rifiutano di fare da carne da cannone per il profitto di questa o quella sezione del capitale globale. (Red.)

L’intervista di Chomsky, pubblicata sulla Bottega del Barbieri del 5 marzo, è esplicita sul contesto in cui è nata l’invasione dell’Ucraina dalle forze di Putin (ammiro troppo i popoli dell’immenso paese Russia per parlare di ‘invasione russa’, dato che anche loro saranno vittima dell’invasione ordinata da Putin), un contesto di continue violazioni – mai punite – delle leggi internazionali dalla parte dei ‘potenti’: “… Kosovo, Iraq e Libia hanno connessione diretta con il conflitto in Ucraina…”.

Ma purtroppo Chomsky non parla di un’arma più subdola, ammantata di pretesa legalità, che gli Stati Uniti hanno usato a dismisura per ricattare e paralizzare nel mondo i ‘meno potenti’: le cosiddette ‘sanzioni extraterritoriali’, probabilmente illegali nell’ambito delle relazioni internazionali, a meno che esse non siano state decise dall’ONU (cap.VII, art. 39-42 della Carta).

Una breve sintesi sulla definizione e applicabilità delle ‘sanzioni USA’, da lexology.com:

Sanzioni primarie USA. Sono bloccate e considerate illegali (rispetto alla legislazione USA) tutte le transazioni o enti economici che hanno “a nexus to US jurisdiction”; il “nexus” è così definito: ogni relazione economica con uno degli enti economici organizzati negli USA, comprese le loro agenzie all’estero; con tutti i cittadini USA e i residenti permanenti; con ogni persona residente, indipendente da dove negli USA; con transazioni monetarie (anche in dollari) attraverso il sistema finanziario USA (Perdere tutte queste possibilità di attività economica in contatto e/o in interazione col mondo USA può naturalmente portare al fallimento di molti operatori; di qui, il loro ritiro precipitoso da ogni iniziativa che potrebbe motivare una sanzione USA; basta la minaccia).

Sanzioni secondarie USA. queste sanzioni sono rivolte agli operatori economici che hanno rapporti con l’Iran, la Russia, la Corea del Nord e la Siria: già in partenza, non hanno accesso ai mercati USA.

Vale ora la pena di esplorare da vicino l’esempio più recente e, si direbbe, più efficace dei fulmini economici imperiali USA: il sabotaggio – a soli 4 mesi da una sua ‘certificazione’ definitiva da parte della Germania – del progetto russo-tedesco di costruzione di un gasdotto sottomarino per la distribuzione di gas naturale dalla Russia verso l’Europa occidentale: Nord Stream 2.

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Se trionfa l’islamofobia ne pagheranno il prezzo tutti gli immigrati e i lavoratori europei. Intervista con P. Basso

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Pubblichiamo qui di seguito l’intervista fatta dal sito argentino Ideas de Izquierda a P. Basso, della redazione del Cuneo rosso, sulla situazione degli immigrati in Europa dopo gli attentati del 13 novembre a Parigi.

Domanda – Quali effetti hanno avuto gli attacchi jihadisti di Parigi lo scorso 13 novembre sulla condizione degli immigrati in Europa?

Risposta – Di sicuro effetti pesanti, negativi, perché il governo francese, gli altri governi europei e l’Unione Europea hanno colto immediatamente l’occasione propizia per intensificare i loro attacchi contro l’intero campo delle popolazioni immigrate. I mass media europei, pressoché alla unanimità, hanno diffuso questo messaggio: bisogna chiudere le frontiere dell’Europa e tenere gli immigrati che già sono in Europa sotto il più stretto controllo perché sono un pericolo per la ‘nostra sicurezza’ e le nostre libertà. Naturalmente i più stigmatizzati e demonizzati sono stati gli arabi e gli ‘islamici’, ma l’islamofobia che oggi impazza in Europa, coinvolge, in un modo o nell’altro, anche tutte le altre nazionalità.

D. – In particolare: com’è cambiata la politica dell’Unione europea nei confronti dei rifugiati? In una precedente intervista tu hai messo in evidenza il contrasto tra i paesi che vogliono rifugiati in quanto forza lavoro qualificata a basso prezzo (la Germania, ad esempio) e i paesi che sono per una totale chiusura delle frontiere. Sembra che questo contrasto si sia acuito, e che anche in Germania e nei paesi scandinavi cresca il ‘partito’ della chiusura totale delle frontiere. E’ così? E se è così, perché è avvenuto questo cambiamento?

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