Il favoloso mondo della Brexit, 3. Abbassamento dei salari, allungamento degli orari

Londra, 18 giugno – manifestazione indetta dal TUC per chiedere aumenti salariali

In questo disastro sociale, che viene da lontano e la Brexit ha aggravato, emerge qualche segno di reazione: “tagliamo la guerra, non il welfare”, era il messaggio di molti cartelli e dichiarazioni di manifestanti sabato 18.

Non abbiamo mai avuto dubbi sul fatto che la Brexit sarebbe stata una solenne fregatura per i proletari britannici. Ancora più amara per chi se ne era fatto illudere. Ma, abituati ai “tempi lunghi”, in questi decenni di disordinatissimo arretramento del movimento di classe, non contavamo di avere ragione così in breve. E di vedere, in così breve tempo, i lavoratori reagire e portare in piazza le proprie impellenti necessità.

Continua a leggere Il favoloso mondo della Brexit, 3. Abbassamento dei salari, allungamento degli orari

Stati Uniti. Le 8 ore sono lettera morta: la lotta operaia alla Dana e l’offensiva padronale alla Stellantis

Su segnalazione della compagna Angela, riprendiamo dal sito WSWS di agosto-settembre (i link sono in coda) un articolo sulla resistenza operaia in atto, negli stabilimenti statunitensi del gruppo Dana, nei confronti di un’intesa di svendita conclusa tra la proprietà e lo United Auto Workers, e sulla loro protesta contro un orario settimanale monstre di 84 ore a settimana e i bassi salari – un trattamento che i padroni di Stellantis vorrebbero estendere anche ai loro impianti. “La giornata di otto ore, combattuta da generazioni di lavoratori, è diventata lettera morta nell’industria automobilistica [statunitense – n.] a causa di decenni di collusione della UAW con il management aziendale”. Quanto sono lontani i tempi in cui gli Stati Uniti potevano vantarsi di avere, a livello di massa, i più alti standard di vita del mondo! E quanto si stanno avvicinando i tempi di una ripresa di combattività a più largo raggio del proletariato industriale statunitense…

DANA INCORPORATED in lotta

Ai primi di settembre i lavoratori della Dana Incorporated (in tutto 3.500 sparsi su 16 stabilimenti) hanno respinto, in 12 stabilimenti, con voto unanime, un contratto pro-management negoziato dalla United Auto Workers e dalla United Steelworkers (nota 1). La sera prima del voto un lavoratore a Dry Ridge è morto senza assistenza dopo aver avuto un attacco di cuore sul lavoro.

Gli operai vogliono porre fine a un contratto che li costringe a una settimana lavorativa di 7 gg per 12 ore (un giorno di riposo tocca a qualcuno dopo 20 gg a qualcuno dopo 60), a salari molto bassi (13$ all’ora, quando senza alcuna esperienza al McDonald’s si prendono 15$ e un pasto gratis al giorno).

I sindacati collaborazionisti non vogliono saperne di sostenere questi obiettivi.

In passato i lavoratori di Dana, una fabbrica di ricambi auto, godevano degli stessi livelli salariali degli operai di Ford, Chrysler e GM. Dopo il fallimento del 2007, il sindacato ha accettato “per salvare i posti di lavoro”, clausole ignobili; ad esempio che l’azienda potesse imporre straordinari illimitati e decidere liberamente come pagare le varie mansioni. In cambio il vertice sindacale ha ottenuto dall’azienda la gestione del fondo sanitario pensionati (780 milioni di $).

Quando l’azienda è tornata competitiva, tutto è rimasto uguale. In particolare un odioso sistema di livelli salariali arbitrari che fanno oscillare la paga da 13 a 26$ l’ora, per lo stesso tipo di lavoro, differenza che poi incide anche sulle pensioni. In questo modo l’azienda risparmia e divide i lavoratori mettendoli gli uni contro gli altri.

L’amministratore delegato dello stabilimento di Dry Ridge, invece, ha preso 10 milioni di $ nel 2020 e gli azionisti hanno intascata decine di milioni di dividendi.

Continua a leggere Stati Uniti. Le 8 ore sono lettera morta: la lotta operaia alla Dana e l’offensiva padronale alla Stellantis

La controriforma del lavoro in Grecia. Intervista ad Antonis Ntavanellos (italiano – english)

Abbiamo pubblicato su questo blog, giorni fa, un testo di A. Ntavanellos contro l’abolizione della giornata lavorativa normale di 8 ore in Grecia. Ora mettiamo in rete l’intervista che gli ha fatto Roberto Luzzi, responsabile del lavoro internazionale del SI Cobas, nella quale si analizza in modo chiaro e completo la controriforma del lavoro varata dal governo Mitsotakis e di recente approvata dal parlamento greco – l’intervista doveva essere presentata all’Assemblea di domenica 11 a Bologna, cosa che non è stata possibile per ragioni tecniche.

***

Grecia. Con l’abolizione della giornata di 8 ore si torna all’Ottocento, di A. Ntavanellos

Dopo l’Austria (nel luglio 2018) e l’Ungheria (nel novembre 2018) anche la Grecia stravolge la propria legislazione in materia di orario di lavoro, cancellando il riferimento alle 8 ore e alle 5 giornate lavorative per settimana come orario normale di lavoro. I meno giovani tra noi denunciano la tendenza strutturale all’allungamento degli orari di lavoro, nelle loro molteplici dimensioni (giornaliera, settimanale, mensile, annuale, sull’arco della vita) da almeno tre decenni – una tendenza che si accoppia alle forme di precarizzazioni più estrema dei rapporti di lavoro, arrivati da tempo a molteplici forme di lavoro pressoché totalmente gratuito. Da qualche anno, in Occidente, siamo entrati nella fase delle modifiche legali (non semplicemente di fatto) degli orari di lavoro nel senso del loro prolungamento. In tutto ciò l’UE ha svolto la sua parte, e come! E Antonis Ntavanellos non manca di sottolinearlo, nel suo articolo, che riprendiamo dal sito Alencontre

“Benvenuti nel XIX secolo!” Così Efimerida ton Syntakton (“Il giornale dei redattori”, quotidiano rivolto a un pubblico democratico e di sinistra) ha commentato l’approvazione da parte del Parlamento del mostruoso disegno di legge del ministro del Lavoro, Kostis Chatzidakis, presentato come una “riforma” dei rapporti di lavoro che consentirà alla Grecia di cogliere le “opportunità” di crescita, dopo la crisi del 2020 e la pandemia.

Il titolo del quotidiano era legittimo. La nuova legge abolisce la giornata lavorativa di 8 ore e la settimana di 5 giorni. Elimina l’obbligo per gli imprenditori di pagare salari maggiorati quando richiedono lavoro straordinario, che vada oltre le 8 ore e i 5 giorni. Invece di una paga extra, la legge promette che gli imprenditori concederanno in seguito giorni di ferie compensativi. Probabilmente durante i periodi di scarsa domanda per i prodotti o i servizi forniti dall’azienda. Questo “accordo sull’orario di lavoro” flessibile è stato introdotto per la prima volta nel diritto del lavoro dai socialdemocratici, durante il periodo di degenerazione neoliberista dei loro partiti e sindacati. Inizialmente, all’inizio degli anni ’90, è stato implementato in settori marginali [In Tessaglia e Macedonia occidentale, i settori in crisi sono stati soggetti a questa forma di flessibilità, ma il risultato è stato un fallimento, data la Costituzione] e doveva rimanere un elemento marginale e secondario delle relazioni industriali in Grecia. Oggi il governo di Kyriakos Mitsotakis generalizza questo “accordo” estremamente liberista, estendendolo all’intera classe operaia. In base alla nuova legge, è ora legale per i lavoratori dell’industria (il cui lavoro è duro e penoso) lavorare 150 ore in più all’anno senza alcuna retribuzione aggiuntiva!

Continua a leggere Grecia. Con l’abolizione della giornata di 8 ore si torna all’Ottocento, di A. Ntavanellos