Un piccolo dossier sull’Africa di oggi e di ieri

L’uccisione in Congo dell’ambasciatore italiano e della sua guardia del corpo hanno riportato per qualche giorno l’attenzione dei mass media sull’Africa sub-sahariana. E’ stata l’occasione per un’altra spudorata campagna di criminalizzazione delle popolazioni africane, e – in parallelo – l’occasione per rilanciare il rancido mito degli “italiani brava gente” (quali che fossero le caratteristiche personali di Attanasio – ogni ambasciatore, per obbligo di funzione, è ambasciatore degli interessi del “proprio” capitalismo, in esecuzione di quelli che il gelido custode della ragion di stato Mattarella ha definito “doveri professionali”).

Su “L’Espresso” di oggi, 28 febbraio, Fabrizio Gatti, che pure fu autore in passato di inchieste interessanti, arriva al punto da ipotizzare che l’agguato sia una rappresaglia anti-italiana per le meritorie iniziative dell’ENI di De Scalzi (“l’avvio di un progetto per la produzione di elettricità da fonti rinnovabili e la sua distribuzione per usi civili e industriali e anche lo sviluppo di iniziative per difendere le foreste dal commercio illegale di legname”)! L’umanitaria ENI, attiva in Congo da più di dieci anni alla ricerca di petrolio e di gas, che ha arraffato, insieme con l’Hedge Fund statunitense Och-Ziff, la lucrosa licenza Marine XII, dopo essersi assicurato il mega-giacimento di Marine XI; l’ENI protagonista della spoliazione del Delta del Niger e della causazione, lì, di una devastante catastrofe ecologica; l’ENI corruttrice internazionale di primissimo livello … (cfr. https://gliasinirivista.org/leni-in-africa/ – al netto dell’idiotismo legalitario sottotraccia, che non vuol prendere in considerazione il fatto che le tangenti sono il modus operandi ordinario delle multinazionali).

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Ricordando Patrice Lumumba, il fiero capo del movimento nazional-rivoluzionario congolese

In questi giorni di fiumi di maleodorante retorica e una valanga di immagini edificanti per coprire il feroce assalto neo-coloniale al Congo e all’Africa in corso da decenni, di cui l’Italia è parte integrante, non è stata detta una sola parola sulla resistenza a questo assalto, e sul suo retroterra storico, quello del moto nazional-rivoluzionario congolese di fine anni ’50-inizio anni ’60 che ebbe la sua più forte espressione nel Movimento nazionale congolese di Patrice Lumumba – assassinato atrocemente il 17 gennaio 1961 da soldati-macellai belgi, che ne squartarono il corpo in 34 parti e lo sciolsero poi nell’acido, per volontà di Stati Uniti, Francia e Belgio, con l’assistenza dell’ONU.

Ecco perché vogliamo ricordarlo qui, presentando la sua figura soprattutto ai giovani compagni e alle giovani compagne ignari di questa storia attraverso un suo appello radiofonico del 23 agosto 1960, e una nota scritta da un nostro redattore un po’ di anni fa sul giornale “Che fare”. Per quante vittorie provvisorie possa vantare la dominazione imperialista in Africa, specie nello scagliare africani contro africani, la sua condanna storica arriverà inesorabile – più tardi arriverà, più radicale sarà con i nemici esterni e con le élite interne aggiogate ai loro carri. Il che significa con l’epicentro della lotta sempre più spostato in profondità verso le grandi masse sfruttate.

Quarant’anni sono passati da quando, con la collaborazione determinante delle truppe dell’Onu, gli sgherri dell’ imperialismo belga assassinarono Patrice Lumumba, giovane fiero capo del movimento nazional-rivoluzionario congolese. Il popolo congolese non fece quindi neppure in tempo a vedere la luce della libertà e dell’ unità né a proiettarsi, come Lumumba già osava proporgli, al di là della propria stessa indipendenza nazionale verso l’unità e la liberazione dell’intera Africa, e al di là ancora della stessa Africa verso l’intero moto rivoluzionario afro-asiatico, non fece neppure in tempo a vedere questa luce e a gustare i dolci frutti della sua sollevazione che fu ripiombato nelle tenebre della divisione in diversi stati e staterelli e nei tormenti della schiavitù neo-coloniale.

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