L’uccisione in Congo dell’ambasciatore italiano e della sua guardia del corpo hanno riportato per qualche giorno l’attenzione dei mass media sull’Africa sub-sahariana. E’ stata l’occasione per un’altra spudorata campagna di criminalizzazione delle popolazioni africane, e – in parallelo – l’occasione per rilanciare il rancido mito degli “italiani brava gente” (quali che fossero le caratteristiche personali di Attanasio – ogni ambasciatore, per obbligo di funzione, è ambasciatore degli interessi del “proprio” capitalismo, in esecuzione di quelli che il gelido custode della ragion di stato Mattarella ha definito “doveri professionali”).
Su “L’Espresso” di oggi, 28 febbraio, Fabrizio Gatti, che pure fu autore in passato di inchieste interessanti, arriva al punto da ipotizzare che l’agguato sia una rappresaglia anti-italiana per le meritorie iniziative dell’ENI di De Scalzi (“l’avvio di un progetto per la produzione di elettricità da fonti rinnovabili e la sua distribuzione per usi civili e industriali e anche lo sviluppo di iniziative per difendere le foreste dal commercio illegale di legname”)! L’umanitaria ENI, attiva in Congo da più di dieci anni alla ricerca di petrolio e di gas, che ha arraffato, insieme con l’Hedge Fund statunitense Och-Ziff, la lucrosa licenza Marine XII, dopo essersi assicurato il mega-giacimento di Marine XI; l’ENI protagonista della spoliazione del Delta del Niger e della causazione, lì, di una devastante catastrofe ecologica; l’ENI corruttrice internazionale di primissimo livello … (cfr. https://gliasinirivista.org/leni-in-africa/ – al netto dell’idiotismo legalitario sottotraccia, che non vuol prendere in considerazione il fatto che le tangenti sono il modus operandi ordinario delle multinazionali).
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