In risposta a Marco Ferrando, sulla guerra in Ucraina, di Pasquale Cordua. Replica del PCL e contro-replica

Il testo messo in rete da Marco Ferrando (d’ora in poi M.F.) inizia con una serie di citazioni di Lenin sull’autodeterminazione sulle quali l’accordo è talmente scontato da non doversi commentare. Altrettanto scontate sono le prime righe che propongono una linea di demarcazione dal campismo filoputiniano (ma io direi: da tutta l’impostazione campista!) e dal puro pacifismo. E se il testo continuasse su questa falsariga proponendo “…iniziative unitarie e caratterizzate”, si potrebbe davvero fare una discussione salutare. Invece, non senza avvitamenti e zig-zag, il testo, insieme alla condanna di imperialismi di ogni tipo, indefiniti nel tempo e nello spazio, va a parare a dare il sostegno all’armamento dell’Ucraina, il che significa alla prosecuzione e all’allargamento della guerra. Non lo imbarazza affatto, così sembra, che dietro e al fianco (o al comando?) dell’Ucraina di Zelensky ci sia l’intero schieramento delle potenze imperialiste occidentali, poiché a suo avviso è “naturale” che nei conflitti inter-imperialistici una potenza sfrutti il terreno della resistenza di una nazione contro l’aggressore rivale – naturale, senza altra aggettivazione.

Ciò che rende per me inaccettabile nel metodo e nel merito l’analisi di M.F. è l’incomprensione della natura e delle caratteristiche del conflitto in atto, che non è tra l’imperialismo russo e la nazione ucraina sottomessa (forse si pensa ancora alle borghesie nazionali invocate da Stalin?). Le dichiarazioni dei massimi rappresentanti dei paesi NATO, fino a quella odierna di Stoltenberg e al gran consulto di guerra di Bruxelles, avrebbero dovuto far capire a chiunque che si tratta di una guerra USA-NATO contro Russia (non trascurando una strizzatina d’orecchio alla Cina) condotta militarmente sul territorio dell’Ucraina, usando cinicamente la popolazione ucraina in una guerra per procura.

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Per un’opposizione internazionalista alla guerra in Ucraina e al militarismo, fuori e contro ogni schieramento imperialista – SI Cobas (italiano – english)

Report dell’assemblea nazionale di domenica 13 marzo

Nella mattinata di domenica 13 marzo più di 150 tra lavoratori, militanti sindacali, politici e attivisti hanno risposto all’appello lanciato dal SI Cobas prendendo parte all’assemblea nazionale (su zoom) contro la guerra in Ucraina e più in generale contro il clima di escalation bellicista in atto su scala internazionale.

Ascolta la registrazione dell’assemblea

Dopo l’introduzione del SI Cobas, hanno animato il dibattito compagne e compagni di Pasado y presente del marxismo rivoluzionario, Centro di documentazione contro la guerra di Milano, Comitato immigrati in Italia di Roma, Carmilla on line, Comitato 23 settembre, Jacobin (redazione per l’Europa), Tendenza internazionalista rivoluzionaria, Laboratorio Politico Iskra, delegati operai e dirigenti del SI Cobas, Collettivo operaio Gkn, Movimento No Muos, Fronte della gioventù comunista, Sinistra anticapitalista, Pcl, Comitato contro le guerre e il razzismo di Marghera, Movimento dei disoccupati 7 novembre, Sgb.

Dagli oltre 20 interventi è emersa una sostanziale omogeneità di intenti riguardo la necessità di dar vita a uno spazio comune di confronto, orientamento e iniziativa che abbia come sua discriminante l’opposizione a tutti i fronti in campo, con la ovvia priorità di denunciare l’apporto dato dal “nostro” capitalismo, dal “nostro” stato, dai “nostri” governi, e dalle alleanze di cui l’Italia è parte (NATO, UE), allo scoppio della guerra in corso.

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Sulla manifestazione di sabato 19 giugno a Roma – SI Cobas

19 GIUGNO: ABBIAMO INVASO LE VIE DI ROMA CON LA NOSTRA RABBIA.

LE VIOLENZE E GLI OMICIDI PADRONALI NON FERMERANNO LA NOSTRA LOTTA.

IL SACRIFICIO DI ADIL NON SARÀ VANO!

Sabato pomeriggio in migliaia abbiamo attraversato le vie di Roma.

Una manifestazione che era stata convocata per dar seguito allo sciopero nazionale della logistica e come un primo segnale di piazza per verificare la fattibilità del tentativo che stiamo compiendo per costruire uno sciopero generale con le forze di opposizione e contrasto al governo, e che invece si è tramutata in un corteo di sdegno e di dolore per il barbaro e inaccettabile omicidio del nostro coordinatore di Novara Adil, travolto nella mattina di venerdì dalla folle e criminale corsa di un camion crumiro fuori ai cancelli di Lidl.

Siamo giunti a Roma ancora sconvolti, confusi, increduli e atterriti di fronte al più grave, al più irreparabile tra gli innumerevoli atti di violenza che hanno colpito il SI Cobas nella sua breve ma intensa storia.

Man mano che la piazza ha iniziato a riempirsi, lo sconforto ha lasciato il posto alla convinzione di dover riaffermare con forza le ragioni che hanno portato alla morte di Adil, e il silenzio si è trasformato in un solo, gigantesco urlo di rabbia, cadenzato dagli slogan delle nostre lotte.

Abbiamo così deciso che di fronte all’assassinio di un nostro compagno non potevamo accettare passivamente il canovaccio di un corteo di poche centinaia di metri così come ci era stato imposto dalla questura di Roma, e abbiamo con forza preteso che la manifestazione marciasse in direzione di quei ministeri (Lavoro e Mise) che riteniamo a tutti gli effetti complici e corresponsabili del clima di intimidazioni e di violenze padronali che ha portato alla morte di Adil.

Dopo alcuni minuti di confronto ravvicinato con le forze dell’ordine, queste ultime sono state costrette a retrocedere e a consentire la variazione del percorso in direzione Barberini.

Pur avendo chiarito fin dal primo momento alla Questura che in una simile giornata di lutto non eravamo di certo interessati ad avere incontri istituzionali, la determinazione della piazza ha strappato una nuova convocazione del ministero del lavoro entro la prossima settimana, a seguito della quale il corteo ha ripreso il suo percorso iniziale in direzione di piazza Vittorio. Nel mentre si svolgeva la manifestazione, siamo venuti a conoscenza della disponibilità del viceministro dello sviluppo economico Alessandra Todde a prendere parte al suddetto tavolo: staremo a vedere nelle prossime ore se l’esponente pentastellata sarà coerente con i buoni propositi che in passato sono stati ripetutamente enunciati dal suo movimento rispetto alla volontà di frenare le illegalità e le bellicose intenzioni dei padroni della logistica, o se invece le logiche di potere, la “ragion di stato” e le strategie repressive avranno ancora una volta la meglio, favorendo il licenziamento dei 275 lavoratori che lavoravano nel magazzino Fedex-Tnt di Piacenza.

Per quanto ci riguarda, siamo pronti, come abbiamo già fatto per 3 volte negli ultimi mesi, a tornare a Roma sotto ai ministeri con la forza e la determinazione dei lavoratori, e senza chiedere il permesso.

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Facciamo pagare la crisi ai padroni: Sabato 6 giugno, ore 17, Piazzetta Coin, Mestre

Ritorniamo in piazza, per la giornata nazionale di iniziativa contro la Confindustria e il governo Conte indetta dal Patto di unità d’azione per un fronte unico di lotta anti-capitalista, nato su spinta del SI Cobas. Qui di seguito la lettera di invito di alcuni giorni fa, e le prime adesioni.

Care/i compagne/i e amici/amiche,

vi scriviamo per proporvi di ritornare insieme in piazza sabato 6 giugno a Mestre, alle ore 17, nella piazzetta dietro Coin, per una iniziativa che segni la fine della “quarantena sociale” (e dei movimenti di lotta) che ci è stata imposta dall’abbinata Governo/Regione.

Di temi da riportare in piazza ce ne sono fin troppi.

Anzitutto, e prima di tutto, la difesa della salute nel ritorno al lavoro e sui luoghi di lavoro, tutt’altro che garantita (e non solo nei confronti del Covid-19, basta pensare al recente “incidente” annunciato alla 3V Sigma a Marghera), sui territori (basta ricordare solo la vicenda Pfas, tuttora irrisolta, emblema di un’area piena di crimini ambientali), nelle Rsa.

In secondo luogo, davanti all’impatto di una crisi che si preannuncia devastante in termini di perdita di posti di lavoro e di estremizzazione della precarietà, la difesa dai licenziamenti, la difesa del potere d’acquisto dei salari e la rivendicazione della riduzione drastica e generalizzata dell’orario di lavoro a parità di salario e del salario garantito per i disoccupati.

E non è di scarsa importanza la questione della riapertura delle scuole e delle università contro il tentativo di stabilizzare la didattica on line, che è un pericoloso strumento di ulteriore atomizzazione della vita sociale, e colpisce in modo particolarmente duro gli studenti degli strati sociali più svantaggiati, i figli degli immigrati, e le donne che hanno sopportato il peso maggiore nella “fase 1” e sono costrette in molti casi a scegliere tra la cura dei figli e il lavoro.

Il disastro sanitario ed economico nel quale siamo stati precipitati non è frutto del caso; è il risultato scontato di uno sregolato saccheggio della natura e di un brutale taglio delle strutture sanitarie in nome della “austerità” (per le sole classi lavoratrici). Questo disastro in tutto e per tutto capitalistico non deve essere pagato dalle lavoratrici e dai lavoratori. Ed è per questo che siamo contro l’ingigantimento del debito di stato, che verrà accollato alle classi lavoratrici, per una patrimoniale che sia a esclusivo carico del 10% più ricco della popolazione che dispone di più del 40% della ricchezza nazionale, e per l’immediato abbattimento delle spese militari. Solo in questo modo si potrà mettere mano alle enormi emergenze sociali venute allo scoperto, senza ricominciare tutto come prima e più di prima con la dittatura del profitto su ogni ambito della vita sociale.

Si tratta, anche, di riaffermare con la ripresa della mobilitazione (già avvenuta in molti magazzini della logistica con il protagonismo dei lavoratori immigrati e all’llva di Genova) il diritto allo sciopero, alla manifestazione, all’organizzazione sui luoghi di lavoro – diritti tutt’altro che scontati in presenza di una Confindustria più aggressiva che mai e di una evidente stretta autoritaria e repressiva da parte del governo Conte.

Un governo Conte che non ha perso l’occasione di manifestare in questi giorni la sua piena condivisione al governo Netanyahu-Ganz impegnato ad espandere ulteriormente il territorio di Israele ai danni della popolazione palestinese, sempre più vessata a Gaza e in Cisgiordania, e a ottenere definitivamente lo status di capitale unica per Gerusalemme.

Mentre le destre si stanno mobilitando per catalizzare e deviare il malcontento di commercianti, artigiani, autonomi e settori di salariati in senso nazionalista, razzista e anti-operaio, è urgente che riprendiamo a mobilitarci lavorando per quel Patto di unità d’azione tra organismi del sindacalismo di base, movimenti di lotta nel sociale e organismi politici anti-capitalisti che si è stabilito nel mese di aprile in due assemblee telematiche molto partecipate, su iniziativa del SI Cobas.

Comitato permanente contro le guerre e il razzismo
Comitato di sostegno ai lavoratori Fincantieri (comitato.permanente@gmail.com)

Hanno aderito finora: CUB, Comunità palestinese del Veneto, PCL, Cuneo rosso, Fronte della gioventù comunista.