Iran: les travailleurs du pétrole continuent de résister malgré la répression

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo aggiornamento (all’8 novembre) sulle iniziative di lotta degli operai dell’industria petrolifera iraniana “contro la povertà, le discriminazioni, le disuguaglianze e le brutalità su larga scala contro le donne e i lavoratori”. Iniziative che impattano anch’esse con la repressione del regime borghese islamico, come le manifestazioni di strada delle donne e di quanti sono solidali con esse. Rassicuriamo i nostri insonni censori che siamo in grado di distinguere tra le differenti classi e condizioni sociali e le loro diverse traiettorie storiche e contingenti, e lo facciamo a partire dall’inequivoco schieramento al fianco delle lotte dei proletari e delle masse oppresse (in questo caso femminili) di tutti i paesi del mondo senza chiedere l’autorizzazione per iscritto ai loro governanti. Se è vero che sull’esito di ciascuna di esse gravano sempre molteplici variabili e incognite, lo è doppiamente che nessun avanzamento della coscienza e dell’organizzazione di classe è possibile senza lottare. (Red.)

Les travailleurs du pétrole en Iran continuent de résister malgré la répression. Agir dans la poursuite des revendications ouvrières, dans le système capitaliste infernal de la République islamique, n’est pas sans risques, ni sans innombrables obstacles. C’est particulièrement le cas pour les travailleurs iraniens d’aujourd’hui, ceux qui tentent de lier les grèves ouvrières au mouvement de protestation actuel. Les travailleurs du pétrole avec leur conseil d’organisation et les travailleurs de la canne à sucre de Haft Tappeh ont fait les premiers pas courageux. Les déclarations ci-dessous montrent comment les travailleurs du pétrole luttent pour surmonter ces obstacles. Les contrats temporaires d’un mois qu’ils ont été contraints de signer, ainsi que la dispersion
de leurs lieux de travail à des centaines de kilomètres l’un de l’autre, montrent à quel point la voie à suivre est difficile.
En publiant ces déclarations, nous visons à renforcer la participation, la solidarité et l’intégration internationale des travailleurs, qui façonnent nos positions internationalistes fondamentales et critiques.

Nous faisons la grève en solidarité avec la lutte populaire

Un groupe de nos collègues travailleurs des projets pétroliers et pétrochimiques, sous le titre d'”artisans du pétrole et du gaz”, a annoncé une campagne pour une grève nationale dans le secteur du pétrole et du gaz en solidarité avec les luttes populaires et contre les répressions gouvernementales. La grève débutera le samedi 29 octobre par un débrayage dans les ateliers. Le Conseil pour l’organisation des manifestations des travailleurs contractuels du pétrole exige également la libération des travailleurs récemment arrêtés et détenus, ainsi que de tous les prisonniers politiques détenus lors des manifestations contre la répression gouvernementale. Il a donné un ultimatum aux travailleurs de ne pas rester silencieux face à ces conditions, annonçant la préparation de protestations de masse. Parallèlement à l’annonce de cette campagne, nous appelons à une grève nationale à partir du samedi 29 octobre. Le conseil d’organisation appelle tous les travailleurs travaillant dans les centres pétroliers et liés au pétrole, y compris tous les travailleurs contractuels et officiels et les collègues travaillant dans les services opérationnels, techniques et d’état-major et les chauffeurs d’approvisionnement en carburant, à se joindre à cette grève nationale. Ainsi, avec le peuple scandant « Femmes, vie, liberté », nous, les travailleurs du pétrole, ferons également grève le 29 octobre. L’une de nos revendications immédiates est la libération des collègues récemment arrêtés et détenus et de tous les prisonniers politiques, et nous crions de toutes nos forces, « les prisonniers politiques doivent être libérés » ! avec les gens scandant «Femmes, vie, liberté », nous, les travailleurs du pétrole, ferons également grève le 29 octobre. Nous devons souligner que, contrairement à ceux derrière la campagne de “l’artisan du pétrole et du gaz”, nos protestations n’ont rien à voir avec Cyrus le Grand Jour (1) et des célébrations comme celle-ci. La protestation de nos travailleurs est contre la pauvreté, la discrimination, l’inégalité et toute l’ampleur de la brutalité anti-femmes et antitravailleurs.

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La pandemia: uno sguardo dall’Africa e sull’Africa – Hamza Hamouchene

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa analisi-denuncia a tutto tondo dell’impatto devastante che la combinazione tra crisi pandemica e crisi economica sta avendo sull’Africa del Nord e sull’Africa nera in termini di disoccupazione e impoverimento di massa, specie sull’enorme massa del lavoro informale (pari ad almeno il 50% del totale delle forze di lavoro).

Emergono in tutta la loro estrema violenza i meccanismi della dominazione coloniale, primo tra tutti il cappio del debito estero che ha già portato al default in questi mesi il Libano e lo Zambia, mentre il FMI si appresta a porre nuove condizionalità-capestro a un numero crescente di paesi in difficoltà. Il solo servizio del debito estero dei singoli paesi, ricorda Hamouchene, è pari a 10 volte la spesa sanitaria in Marocco, 7 volte la spesa sanitaria in Egitto, 4 volte la spesa sanitaria in Tunisia. La caduta del prezzo del petrolio e, al polo opposto, la crescente dipendenza alimentare dei paesi arabi e medio-orientali (innanzitutto di Egitto e Algeria, tra i primi importatori di grano al mondo) nei confronti dei paesi imperialisti esportatori (Stati Uniti, Europa, Russia) contribuiscono ad aggravare i contorni di una crisi sociale che prima dello scoppio della pandemia (nel 2018-2019) aveva visto le piazze del Sudan, dell’Algeria, del Libano, dell’Iraq riempirsi di grandissime manifestazioni. La seconda fase della pandemia si sta rivelando più terribile della prima, con un gran numero di piccoli produttori di cibo letteralmente schiantati dalle misure anti-covid. E sebbene i governi dei paesi arabi e africani ne stiano approfittando alla grande per cercare di frenare i moti di massa per un periodo di tempo indeterminato, per la ripresa delle sollevazioni arabe e dell’Africa sub-sahariana è già partito il conto alla rovescia.

Il testo mette capo, come vedrete, alla rivendicazione della incondizionata cancellazione del debito non solo dell’Africa e del Medio Oriente, ma anche per i paesi dipendenti dell’Asia e dell’America del Sud – una rivendicazione che da sempre abbiamo fatto nostra, e che ci impegniamo a rilanciare.

Di questo stesso autore e di Layla Rihai segnaliamo anche uno scritto sull’accordo in tutto e per tutto strangolatorio che l’Unione Europa sta cercando di imporre alla Tunisia, che è intitolato: Deep and Comprehensive Dependency: How a trade agreement with the EU could devastate the Tunisian economy. Il titolo dice già il suo contenuto – è vero, sarà anche un po’ vaga la sua conclusione politica (lo diciamo per i maestrini con la penna rossa e blu che ogni tanto perdono il loro tempo prezioso a visitare questo blog), ma la sua analisi-denuncia di questo nuovo crimine coloniale in gestazione da parte del grande capitale europeo, dell’UE, in cui l’Italia è in primissima fila, andrebbe fatta circolare. Segnaliamo anche un breve video:  e una versione ridotta dello scritto sulla Tunisia.

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1. Decolonising pandemic politics

Before I delve into some details from North Africa, I would like to make a few preliminary points:

My understanding of the title of this webinar, especially the ‘decolonising’ part is two-fold:

  1. To decentre our discussion from Eurocentric hegemonic discourses around the pandemic in order to see how other parts of the world are living through it, especially in the global South.
  2. Look at the fundamental root causes of the current crisis which find their origins on the capitalist exploitation of humanity and nature as well as the imperial economic recolonisation of large parts of the world in the last 3 to 4 decades.
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Note sulla crisi economica I – Il “cigno nero” e’ qui.

Crisi, guerra e prospettive dello scontro di classe
Che sia il canto del cigno del capitalismo decadente!

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Indice:

  • Un castello di carte
  • La guerra del petrolio
  • L’esaurimento della “spinta propulsiva” cinese
  • L’acuirsi dello scontro fra le grandi potenze
  • Le prospettive dello scontro di classe

Un castello di carte

Sotto la sferza dell’epidemia di coronavirus, una nuova crisi produttiva e finanziaria del sistema capitalistico internazionale è tornata a farsi estremamente vicina e, mai termine fu più appropriato, virulenta.

Se a dar fuoco alle polveri nel 2007/2008 sono stati i mutui sub-prime, oggi è il covid-19 ad aprire le danze, cioè uno shock esogeno, anche se tale aggettivo è corretto solo se utilizzato in senso stretto, cioè prescindendo da tutte le devastazioni che il modo di produzione capitalistico ha inferto all’ambiente naturale, nel senso più ampio del termine e che, negli ultimi decenni, si sono estese e approfondite con una progressione esponenziale.

In ogni caso, il coronavirus ha svolto la funzione di detonatore di contraddizioni e problemi che l’economia capitalistica porta in grembo da tempo e che, a dispetto del suo andamento ciclico – fatto di recessioni/crisi finanziarie e riprese successive e nonostante la situazione diversa in cui si collocano le differenti aree – si caratterizza per una difficoltà crescente della riproduzione capitalistica a scala globale,  che ha la sua radice nella crescente difficoltà di valorizzazione, della quale i più sofisticati artifici della finanza speculativa e l’impiego di tutte le risorse delle Banche Centrali, capaci di creare denaro – ma non valore – dal nulla non riescono a venire a capo.

Il crollo delle Borse mondiali, iniziato nelle piazze asiatiche nelle scorse settimane ed estesosi ora a tutto il mondo occidentale, da Wall Street ai mercati finanziari europei (Milano, “centro epidemico”, è addirittura sprofondata fino al record negativo di tutti i tempi: -17% in un solo giorno, ma anche Londra, Francoforte, Parigi e New York hanno subito perdite pesantissime), segnala con una potenza dirompente che una nuova edizione della crisi sistemica del capitalismo mondiale bussa alle porte, ridicolizzando le letture minimaliste che appena qualche giorno fa i portavoce del capitalismo globale si affannavano a proporre. Continua a leggere Note sulla crisi economica I – Il “cigno nero” e’ qui.