Il favoloso mondo della Brexit, 8. “Cari britannici, rassegnatevi ad essere più poveri”…

Mancava la pietra tombale sulle illusioni dei proletari britannici di migliorare la propria condizione con una semplice scheda deposta nell’urna (anni fa) per dire “sì alla Brexit”, ed è puntualmente arrivata prima ancora di quando noi – i soli a prevederne lo scontato esito finale – prevedessimo.

L’ha posta Huw Pill, capo economista della Banca d’Inghilterra con il seguente messaggio, contenuto in un podcast apprestato da lui per la Columbia Law School: “Brits need to accept they are now poorer”, i Britannici [inutile dire: anzitutto i lavoratori britannici] debbono accettare di essere ora più poveri. Perché? Per una ragione elementarissima, che a suo tempo richiamammo: perché uscire dall’UE non poteva significare uscire dal mercato mondiale e dalle sue immodificabili leggi. E nel mercato mondiale, nell’economia mondiale e nella politica mondiale sono accadute negli ultimi anni, ricorda Pill con la smisurata profondità degli economisti, tre cosucce: la pandemia, la guerra in Ucraina (con il balzo all’in su dei prezzi dell’energia determinato in larga parte dall’imposizione statunitense all’intera Europa, UE e non UE, di rompere i rapporti di fornitura con la Russia e piegarsi ad acquistare il costosissimo gas liquefatto made in the Usa), la scarsità dei raccolti agricoli (la Gran Bretagna importa il 50% del suo fabbisogno alimentare). Insomma: dove credevate di essere andati con la grande trovata della Brexit, poveri fessi che ci avevate creduto?

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Il favoloso mondo della Brexit, 7. Tre bambini su dieci sono poveri, e non hanno da mangiare a sufficienza

Un’altra puntata della nostra piccola serie sul “favoloso mondo della Brexit”. Nel Regno Unito l’allarme povertà dei bambini non è di oggi, ma quello che rileva è la tendenza all’espansione di questa povertà, e alla crescita continua della percentuale di bambini e di ragazzi che debbono ricorrere al pasto gratis a scuola (e subire le relative umiliazioni da parte dei loro compagni coltelli): erano il 12% nel 2016, sono diventati il 22% nel 2022, quasi un raddoppio. In alcune aree urbane del depresso Nord o anche nei quartieri periferici di Manchester, si arriva al 40%.

Oggi (31 gennaio) il corrispondente di Repubblica A. Guerrera è ben contento di azzupparci il pane, ma non per questo mente:

“Che tragico paradosso. Il Regno Unito è uno dei sette paesi più ricchi e potenti al mondo, il primo ministro Rishi Sunak è il parlamentare più paperone del paese, anche se non ha ancora presentato l’attesa dichiarazione dei redditi. Eppure la povertà minorile dilaga: oggi sono 4,3 milioni i bambini poveri oltremanica, ossia 3 su 10, secondo l’associazione Children’s Society. E a causa di crisi energetica ed inflazione, nel 2023 potrebbero arrivare a 5 milioni. Del resto, solo nel 2020 c’era stato un aumento del 107% di piccoli che le famiglie non riescono a sfamare.

“E’ il lato oscuro di un paese civile [!!??], con un (limitato) sistema di welfare nonostante i tagli, e una capitale come Londra all’avanguardia globale. Eppure nel giorno del terzo anniversario della concretizzazione definitiva della Brexit (31 gennaio 2020), sembra di rivivere la Brutale Inghilterra di Charles Dickens. Si susseguono allarmi e segnalazioni di bambini che arrivano a scuola nervosi, indeboliti, con scarsa capacità di concentrazione, vestiti male, affamati. Per i presidi quest’ultima ragione è la causa principale di furti di denaro e di cibo nelle scuole.”

Evviva, dunque, la Brexit, che ha spalancato alle masse lavoratrici del Regno Unito, e ai loro bambini in particolare, le porte del paradiso in terra. Avanti tutta! Grandi notizie per voi, sostenitori “di sinistra” dell’Italexit…

Per gli altri articoli dedicati alla Brexit, clicca qui.

Contro l’attacco al reddito di cittadinanza, per il salario garantito a tutti i disoccupati – Movimento 7 novembre

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa nuova presa di posizione del Movimento dei disoccupati di Napoli 7 novembre sul significato dell’attacco “politico, ideologico e materiale” che ha infuriato negli ultimi mesi contro il reddito di cittadinanza. Un attacco promosso da tutti i settori del padronato, che beneficiano tutti del suo taglio deliberato dal governo Meloni.

Questa presa di posizione rilancia, in modo molto opportuno, i temi generali del salario garantito ai disoccupati/e, della riduzione generalizzata e drastica degli orari di lavoro a parità di salario, e del lavoro socialmente necessario – che, in termini agitatori, può ben essere espresso come “lavoro utile ad una esistenza sociale sana” (quella che oggi manca).

Il governo Meloni, che subito abbiamo battezzato “governo dei padroni”, sta godendo di una calma sociale incredibile. Al momento soffre più delle divisioni interne tra FdI, FI e Lega che dell’opposizione sociale alla sua politica e alla sua offensiva ideologica contro gli immigrati, contro le donne, contro ogni posizione che non esalti il militarismo e la patria.

Siamo tra i pochissimi che insistono sulla necessità stringente di raccogliere, concentrare le forze disponibili a battersi contro questo governo delle destre bellicista, atlantista e confindustriale al massimo grado, e indirizzarci verso la massa degli sfruttati ancora paralizzati dalla paura e dalla sfiducia in sé stessi e chiamarla alla lotta. Con il convegno del 16 ottobre contro la guerra in Ucraina e il suo indirizzo internazionalista, con la manifestazione a Roma del 3 dicembre indetta dal SI Cobas e dall’USB era stato lanciato un doppio segnale. Se continua questa stasi, nella quale vediamo prendere corpo derive territorialiste, il rischio concreto è che vada disperso. Sveglia! (Red.)

[Per chi voglia approfondire l’esame di tutta questa tematica clicca qui.

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Contro l’attacco al Reddito di Cittadinanza

Salario garantito per disoccupati/e!

Salario minimo per i lavoratori e lavoratrici!

L’escalation bellica e l’aumento dei conflitti militari tra potenze capitalistiche e scontri inter-imperialistici comporta sempre di più l’economia di guerra negli stessi paesi capitalistici. Costi sociali che ricadono su di noi con il carovita, l’inflazione, la disoccupazione, il lavoro sfruttato e sottopagato oltre che le conseguenze nefaste dal punto di vista ecologico, ambientale e sulle condizioni di vita.

Da anni e soprattutto negli ultimi mesi assistiamo alla violenza dell’attacco, politico, ideologico e materiale contro il meccanismo del cosiddetto Reddito di Cittadinanza.

La caccia del “furbetto del divano” ci ha accompagnato per tutta l’estate fino ad oggi mentre a pioggia continuavano i sostegni e le defiscalizzazioni alle imprese in cerca di manodopera a basso costo.

I soldi per queste regalie insieme alle spese militari verranno trovati anche tramite la cancellazione totale del Reddito di Cittadinanza per tutti i percettori a partire dal 2024.

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Gran Bretagna: lavoratori in lotta contro il carovita (Combat-COC)

Mentre la sanguinaria Truss sconfessa se stessa annullando il provocatorio abbattimento delle tasse sui più ricchi, quelli con oltre 160.000 sterline di guadagni l’anno, deciso pochi giorni fa, costretta dagli stessi gnomi della City che trovano folle un programma ultra-liberista in questo momento, e dal montante malcontento dei lavoratori, è molto utile questo aggiornamento sullo stato delle lotte contro il carovita in Gran Bretagna, che riprendiamo dal blog Combat COC, curato dai compagni e dalle compagne di Pagine marxiste.

Istruttivi sono anche i rilievi critici contenuti nell’articolo: 1) pur avendo le lotte obiettivi quasi sempre comuni, non c’è un ancora coordinamento delle lotte; 2) ci si batte contro il carovita, ma manca un’adeguata iniziativa contro la guerra; 3) i sindacati stanno svolgendo una sorta di supplenza politica (vista la posizione anti-sciopero, o comunque di non sostegno al movimento degli scioperi, assunta dal Labour, e l’inesistenza di altri organismi politici capaci di essere la guida di queste ampie agitazioni), ma questa supplenza non può essere certo risolutiva della questione dell’autonomia di classe. (Red.)

Ma il governo Truss accentua il programma “meno burro, più cannoni”

In Gran Bretagna negli ultimi mesi si è diffusa un’ondata di lotte dei lavoratori salariati come non si vedevano da un quarto di secolo, a difesa del salario taglieggiato dall’inflazione. Diversi sindacati nel settore dei trasporti e dei servizi le hanno promosse e sostenute, anche contro la linea del Labour Party di Starmer, che dopo la parentesi radicale di Corbyn ha ripreso la linea filo-padronale di Tony Blair. Un esempio anche per i lavoratori italiani, parziale tuttavia perché alla lotta per il “burro” non viene affiancata quella contro i cannoni.

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Sull’attacco terroristico al reddito di cittadinanza – TIR

“Grigia è ogni teoria, caro amico. Verde è l’albero aureo della vita.” (Goethe – Faust)

Chi ci conosce, sa bene che abbiamo sempre ritenuto il reddito di cittadinanza come poco più che un’elemosina di stato, e ciò da molto prima che il governo Conte 1 lo rendesse realtà.

Per decenni la “fu” sinistra di classe si è fronteggiata duramente e si è divisa attorno al tema delle rivendicazioni immediate per il contrasto alla disoccupazione di massa, fattore fisiologico e “necessario” al normale funzionamento del modo di produzione capitalistico ad ogni latitudine.

Tale confronto si è articolato nel tempo essenzialmente attorno a 3 posizioni:

A) i sostenitori del “lavorismo a tutti i costi”, in larga parte eredi delle concezioni staliniste e togliattiane, secondo i quali “solo il lavoro nobilita l’uomo” e solo attraverso la (s)vendita della propria forza-lavoro, a qualsiasi condizione imposta dai padroni, un proletario può acquisire la “patente” di soggetto antagonista al capitale: per costoro il disoccupato, in sostanza, non è altro che un proletario di “serie B”, o peggio un “sottoproletario“, in quanto tale non meritevole di particolare attenzione politica né tanto meno portatore di interessi che vadano al di là di quello a trovare un impiego, qualsiasi esso sia.

B) la vulgata “post-operaista”, secondo la quale le trasformazioni del capitalismo contemporaneo prodotte dalla cosiddetta “globalizzazione”, e in primis dall’automazione su larga scala, avrebbero portato al definitivo superamento della centralità del conflitto capitale-lavoro e all’emergere di una “moltitudine” di esclusi dal ciclo di produzione, quindi di un “nuovo soggetto” sociale la cui ricomposizione dovrebbe avvenire principalmente attraverso la rivendicazione di un “reddito di base universale“.

C) la posizione del marxismo rivoluzionario, che individuando nella disoccupazione di massa, nella marea di contratti precari e a termine e nel lavoro nero una formidabile leva in mano ai padroni per dividere e polverizzare il fronte proletario, vede nella lotta per il lavoro stabile e/o il salario garantito a tutti i disoccupati il principale strumento per un’effettiva ricomposizione di classe, fuori e contro le due “religioni” del lavorismo e della “fine del lavoro”, opposte tra loro sul piano rivendicativo ma, nei fatti, complementari nella loro natura riformista. E, naturalmente, rilancia la prospettiva della lotta per la riduzione drastica e generalizzata dell’orario di lavoro a parità di salario, per il solo lavoro socialmente necessario – una tematica storica del movimento operaio organizzato.

Questa, a larghe linee, l’essenza del dibattito nell’iperuranio della “grigia teoria” di faustiana memoria.

Nel frattempo, negli ultimi decenni abbiamo assistito, in generale nella realtà dei paesi a capitalismo avanzato e più in particolare in Italia, a una impressionante rincorsa verso il basso del salario medio reale: smantellamento dei CCNL, proliferazione di contratti pirata e capestro, dilagare di contratti precari, a tempo parziale e intermittenti, sfruttamento sempre più sistematico del lavoro nero nei settori dell’economia “informale”, nella filiera bracciantile, nel ginepraio del commercio, del turismo e dei servizi (da sempre pilastri del sistema di accumulazione “made in Italy”), moltiplicazione dei contratti “grigi” nella logistica e nell’agro-alimentare grazie all’utilizzo delle finte cooperative e al supersfruttamento della forza lavoro immigrata, perennemente soggetta al ricatto della revoca del permesso di soggiorno.

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