Pandemia e medicina del territorio, di Visconte Grisi

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo testo del compagno Visconte Grisi, che nasce anche dalla sua lunga esperienza di medico di base e medico scolastico. Tra i suoi molti spunti che andrebbero ripresi e discussi a fondo, ne sottolineiamo in particolare due, sui quali già ci siamo espressi e su cui non sarà mai inutile ritornare: 1) lo smantellamento pressoché completo delle attività strutturate di medicina preventiva e di medicina del territorio va considerato un vero e proprio crimine sociale compiuto dalla classe dominante, in combutta tra la sua componente economica e quella politica – complici il sistema universitario e il baraccone massmediatico che l’hanno messa in pratica e difesa; 2) un’inversione di tendenza è possibile soltanto se i lavoratori e le lavoratrici riprenderanno con determinazione nelle proprie mani la difesa della propria salute ispirandosi alle importanti tradizioni di lotta del passato – tradizioni che invitiamo i più giovani a studiare, perché c’è tanto da imparare.

Consultorio familiare di Ladispoli, un bene comune - OrticaWeb

La diffusione della pandemia di Covid-19 ha messo in luce, nel nostro come in altri paesi, le carenze disastrose di una medicina pubblica sottoposta da decenni a tagli nei finanziamenti e a processi sempre più accelerati di privatizzazione.

In questo intervento vogliamo mettere però in evidenza i danni clamorosi provocati dallo smantellamento, ormai quasi completo, operato nei confronti della medicina del territorio. Intendiamo con questo termine riferirci alla rete di distretti sanitari di quartiere, agli ambulatori di medicina generale, alla medicina scolastica, ai centri vaccinali, ai consultori familiari, vale a dire a quella rete di presidi sanitari territoriali che esistevano fin dai tempi delle mutue e che, dall’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale nel 1978 in poi, sono stati progressivamente smantellati quasi del tutto. Questa rete, per quanto imperfetta, consentiva almeno di tenere sotto controllo epidemiologico le malattie infettive presenti sul territorio e di intervenire al domicilio dei pazienti in caso di necessità.

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Il disastro del sistema sanitario lombardo pubblico e privato. Intervista a V. Agnoletto

Riprendiamo da Officina Primo Maggio (www.infoaut.org) un’intervista, veramente interessante e istruttiva, al medico del lavoro Vittorio Agnoletto, nella quale viene analizzato con estrema precisione e competenza il modo in cui si è mosso il sistema sanitario della Lombardia, pubblico e privato insieme, davanti all’arrivo dell’epidemia da Covid-19. Abbiamo affrontato sul nostro blog, tra i pochi, il tema fondamentale della medicina di stato e di mercato, e dell’impossibilità che essa attui la prevenzione primaria. Questo testo conferma in pieno quanto abbiamo sostenuto mostrando anche quanto fuorviante sia la distinzione tra il privato ed un “pubblico” sempre più imbevuto della stessa logica, iper-capitalistica diciamo noi, del privato. Ciò che ad Agnoletto appare come una catena di errori, follie, assurdità, a noi appare, per l’essenziale, come un portato inevitabile della logica di fondo su cui è tarato non solo il sistema sanitario (in Lombardia e fuori), ma l’intero sistema dei rapporti sociali capitalistici. C’è del metodo in quella follìa: e qui risulta evidente la diversità tra le prospettive ideologico-politiche. Ciò detto, aggiungiamo: nonostante ciò, sono più utili per la nostra lotta testi di questo tipo rispetto a scritti dei quali, se togli un po’ di formule ideologiche, non rimane altro che un po’ di fuffa.

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Pandemia, prevenzione e prospettive di lotta (II), di Ense

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Quando la scienza diventa una questione di classe

Dobbiamo rispondere ad una domanda lasciata in sospeso : perché i governi, gli stati, a cominciare dai governi e dallo stato italiano, non hanno fatto una politica di prevenzione per la pandemia che sta infettando il pianeta, e in vista della quale già da anni erano stati approntati – sulla carta – dei piani di intervento?

La risposta non può che essere questa: perché i costi per la prevenzione o per i relativi lavori di cura non producono profitto (plusvalore diretto), o – almeno – non ne producono abbastanza da soddisfare la brama di profitti della classe capitalistica, e rappresentano perciò solo un costo passivo.

Pensiamo alle mascherine contro il Covid-19: quando le mascherine costavano prezzi esorbitanti (dato che il governo Conte aveva consentito ogni tipo di speculazione senza muovere un dito), se tu avessi risparmiato sull’acquisto per proteggere dal virus tua madre, saresti stato considerato un reietto, una persona meschina; ma se “tu” sei il proprietario di una azienda, è logico – secondo la logica spietata del profitto – che al di sopra di una certa cifra tu non possa spendere per proteggere operaie ed operai che lavorano per te.

Pensiamo alla questione della ArcelorMittal (ex Ilva) di Taranto e paragoniamola allo stare in casa con un motorino acceso.

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Pandemia, prevenzione e fase 2 (I), di Ense

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Nell’alluvione di “informazioni” e numeri diffusi dal governo Conte e dai mass media per allarmare o rassicurare, manca sempre un ragionamento sulla prevenzione di questa epidemia e sulla preparazione a contrastarne gli effetti. Già: una scienza medica che si occupi della prevenzione delle malattie e, prima ancora, della preservazione della salute come bene collettivo, sociale … è questa la grande assente. Ma se non vogliamo essere carne da macello, ora che Covindustria e governo Conte hanno decretato la “fase 2” con la riapertura di tutto, dobbiamo tornare ad impugnare quest’arma. E su questa strada andare fino in fondo.

E dunque, visto che non ne parla nessuno, mentre è questa la questione-chiave,  parliamo di prevenzione. E per farlo in modo adeguato, ci avvaliamo del contributo di Giulio Maccacaro, uno degli illustri compagni del passato che sono poco conosciuti, ma i cui scritti sono di strettissima attualità.

Maccacaro era uno scienziato, un medico, un insegnante, uno dei fondatori di Medicina Democratica, il fondatore della rivista Sapere, che indagava i rapporti tra scienza e potere, e sostenne la necessità del controllo sociale, cioe’ del controllo operaio, dei lavoratori sullo sviluppo della scienza in generale e della scienza medica in particolare.

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