Polonia, Europa, Mondo. Un nuovo attacco internazionale contro le donne, le loro lotte e le lotte di tutti gli sfruttati – Comitato 23 settembre

Abortion law reform was the last straw, say campaigners – EURACTIV.com

Riceviamo e volentieri rilanciamo.

Polonia, Europa, Mondo. Un nuovo attacco internazionale contro le donne, le loro lotte e le lotte di tutti gli sfruttati.

La Polonia è oggi la punta di lancia dell’attacco internazionale che ha di mira non solo l’autodeterminazione delle donne in tutto il pianeta, ma anche il controllo e l’irregimentazione del mondo degli oppressi, a cominciare da chi si oppone ai governi e ai loro programmi di ripresa dell’accumulazione dei profitti.

Che la Polonia sia la patria dell’oscurantismo è ormai noto, che le donne polacche stiano conducendo da anni una battaglia di massa per ottenere il diritto di decidere sui loro corpi ed essere assistite nell’interruzione di gravidanza anche. Ma ora è in atto un nuovo, più forsennato attacco di cui si è fatto promotore il movimento Pro-right to life (Per il diritto alla vita), guidato da una delle più influenti organizzazioni oscurantiste polacche, ampiamente collusa con la chiesa cattolica e il governo di quel paese.

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25 novembre: si accendono per un giorno i riflettori sul femminicidio – Comitato 23 settembre

25 Novembre. Si accendono per un giorno i riflettori sul femminicidio.

Si danno numeri e dati. Diminuiscono gli omicidi, cresce il numero delle donne uccise, per lo più da mariti e compagni, donne uccise da uomini. Molta attenzione viene data anche alla “rieducazione” degli uomini maltrattanti. Tutto si riduce alla contrapposizione all’interno della famiglia e della coppia.

Si tace o si trascurano le mille violenze quotidiane che colpiscono le donne e le bambine nei paesi occidentali e in tutto il resto del pianeta. Esse sono il terreno di coltura che produce gli atti estremi, di cui si occupa la cronaca, insistendo spesso sugli aspetti più truci. Ma è violenza una educazione sbagliata, compressa sugli stereotipi e sulle aspettative caricate sulle bambine. Sui modelli che fin da piccole devono imitare. Sulle tensioni familiari cui devono assistere, che sfociano in comportamenti aggressivi, e spesso silenziose sottomissioni. Si impara così come essere madri e mogli.

Le difficoltà e le frustrazioni, la precarietà e la competizione dei maschi si scarica in richieste di “risarcimento” materiale e affettivo sulle donne che vivono con loro. C’è sempre qualcosa che potrebbero fare, e non fanno. C’è sempre un servizio in più che dovrebbero rendere, e poi un altro e un altro ancora.

Una somma di infelicità, che sfocia spesso in maltrattamenti e vessazioni. E in reazioni estreme davanti al tentativo di sottrarsi.

Periodicamente si passano in rassegna le violenze subite dalle donne nei paesi “arretrati”, (possibilmente islamici), che secoli di colonialismo non hanno contribuito ad eliminare, anzi! Giusto per lanciare il messaggio: “voi che volete, qui in occidente? Siete fortunate al confronto…”.

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Verso lo sciopero generale dell’11 ottobre: le rivendicazioni delle lavoratrici e delle donne oppresse – Comitato 23 settembre

Riceviamo dalle compagne del Comitato 23 settembre e volentieri pubblichiamo il testo dell’intervento presentato all’assemblea di Bologna dalla compagna Annamaria, disponibile sulla loro pagina facebook (vedi qui):

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VERSO LO SCIOPERO DELL’11 OTTOBRE

le rivendicazioni delle lavoratrici e delle donne oppresse sono parte essenziale delle lotte di tutti gli sfruttati!

Oggi qui rappresento il Comitato 23 settembre che nasce col proposito di allargare a quante donne e uomini che lottano, la condivisione e l’approfondimento di tutti gli aspetti che gravano sulla vita quotidiana delle donne, in particolare delle sfruttate e delle immigrate, attraverso non solo le prese di posizione sulla nostra pagina FB, ma con il sostegno concreto alle lotte delle occupate e delle disoccupate ogni qualvolta possibile, senza distinzioni di tessere.

Cercherò di contenere l’esposizione di questi aspetti nella seconda parte di questo intervento, che necessariamente deve essere breve, e che ci vede innanzi tutto qui oggi sostenere e condividere l’importanza e la costruzione di questo sciopero come prima tappa di una lotta senza quartiere contro il capitalismo ed il patriarcalismo su cui pervicacemente esso si fonda.

Dobbiamo però aggiungere una valutazione, condivisa al nostro interno, sull’impatto del lavoro del Comitato fino ad oggi, prendendo atto del fatto che gli obiettivi e le tematiche, tutt’altro che ideologiche, non hanno avuto adeguato riscontro nelle assemblee in cui le abbiamo presentate e nei documenti che ne sono scaturiti. Riteniamo che questo fatto sia fortemente divisivo nei confronti della classe, che amputi e mortifichi la possibilità di lotta e la forza della classe stessa.

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Afghanistan: le donne ribelli di Rawa contro l’occupazione Usa/Nato e contro i talebani

Riprendiamo dalla pagina facebook del Comitato 23 settembre e dal sito dell’Osservatorio Afghanistan due interviste fatte negli scorsi giorni alle militanti di RAWA (Revolutionary Association of the Women of Afghanistan – Associazione Rivoluzionaria delle Donne Afghane).

Non sempre, e non necessariamente, la loro analisi delle ragioni della guerra imperialista condotta dagli Stati Uniti e dalle potenze occidentali, con l’Italia in prima fila, e della funzione dei taleban, coincide con la nostra. Ma il loro audace grido di lotta rivoluzionario democratico va ascoltato e raccolto, rispondendo ad esso nel solo modo possibile: con la denuncia sia della infame guerra dei vent’anni che delle nuove manovre “di pace” italiane, statunitensi, europee in corso per continuare, anche dopo la disfatta subita, l’opera di manomissione e schiavizzazione dell’Afghanistan; in combutta, magari, con il nuovo potere talebano e i suoi vecchi e nuovi protettori – manovre “di pace” che hanno come loro bersaglio designato, allo stesso modo delle operazioni di guerra, tutte le masse sfruttate e oppresse di questo paese, maschili e in un modo tutto speciale, come sempre, femminili.

https://www.facebook.com/comitato23settembre/

https://www.osservatorioafghanistan.org/articoli-2021/2979-contro-l%E2%80%99occupazione-usa-e-contro-i-talebani-la-resistenza-delle-donne-afgane.html

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Parlano Nadja e Bibinur, delegate al Congresso dei popoli dell’Oriente di Baku – 7 settembre 1920

Dal 31 agosto al 7 settembre 1920 si tenne a Baku, già allora un importante centro petrolifero e di lotte operaie, il Congresso dei popoli dell’Oriente, convocato dall’Internazionale comunista. Vi convennero, dopo lunghi, pericolosi e avventurosi viaggi, 1.891 delegati, di cui 1.273 comunisti, gli altri “senza partito”. Erano fortemente presenti i militanti turchi, persiani, armeni, georgiani, azeri, ceceni, ma anche molti provenienti dall’area asiatica centrale (Afghanistan, Turkestan orientale, Khiva, Buchara, Fergana, Samarcanda, Turkmenistan), dall’India e dalla Cina.

55 di loro erano donne. Non furono protagoniste di questo Congresso, ma fecero sentire – qui è il caso di dire: chiara e forte – la loro voce nell’ultima giornata dei lavori; una voce polemica anche nei confronti degli stessi delegati maschi, non pochi dei quali erano contrari ad integrarne tre di loro nell’ufficio di presidenza del Congresso (come poi, a maggioranza, e tra forti applausi, avvenne).

Abbiamo voluto qui riportare i due interventi delle delegate Nadja (del Partito comunista della Turchia) e Bibinur, delegata turkmena, ed affiancare ad essi l’appello delle donne partecipanti alla prima Conferenza panrussa delle attiviste comuniste dell’Oriente alle operaie e contadine della Russia dei soviet, tenutasi pochi mesi dopo. Sono documenti di un’alba rivoluzionaria per le masse femminili sfruttate e oppresse che, nei termini espressi da queste compagne un secolo fa, è durata troppo poco. Come si può vedere, le proletarie dell’Oriente e dei paesi di tradizione islamica non hanno certo atteso i bombardieri dell’alleanza delle democrazie occidentali, né le Ong e le truppe, o le troupe televisive “femministe”-coloniali al loro seguito, per tracciare la prospettiva della propria liberazione. L’hanno tracciata da un secolo, e ribadita in innumerevoli lotte, anche contro di loro.

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