Oggi, la polizia israeliana ha annunciato la sua intenzione di arrestare oltre 500 cittadini palestinesi dei territori del ’48 nelle prossime 48 ore. Questa ondata di arresti di massa avverrà come parte di quella che l’entità sionista chiama una campagna di “legge e ordine”. Migliaia di agenti di polizia eseguiranno arresti violenti, sfondando porte, brutalizzando famiglie e rapendo i nostri fratelli, sorelle, compagni e compagne.
Questo non è solo un tentativo di intimidire e ”disciplinare” coloro che hanno partecipato alle rivolte popolari per la giustizia e la liberazione. Questa è una dichiarazione di guerra. È il modo in cui il progetto coloniale dei coloni tenta di schiacciare lo spirito, la resistenza e la resilienza del nostro popolo.
Oltre 1400 sono già stati arrestati dal 9 maggio. Almeno 200 persone verranno accusate e sentenziate. Le campagne di arresto israeliane hanno preso di mira principalmente minori e ragazzi della classe lavoratrice provenienti dalle comunità povere.
Non restiamo in silenzio. Parliamo di questo e rendiamolo una priorità. Scriviamo ai rappresentanti, ai politici e alle istituzioni e costringiamoli a condannare tutti questi crimini. Facciamo di tutto per non fare passare tranquillamente questa operazione contro i palestinesi!
New York, 15 maggio, per il Nakba Day (David Dee Delgado / Getty Image)
Un compagno ci ha segnalato questo interessante articolo dagli Stati Uniti, che riprendiamo dal sito Invicta Palestina. Il grande movimento dello scorso anno BLM, protagonista il giovane proletariato nero, con il contributo di giovani marroni e bianchi, ha ispirato il moto di questa nuova generazione di palestinesi e arabi, in gran parte anch’essi proletari, che a sua volta sta alimentando una più generale ripulsa non solo del sanguinario colonialismo israeliano, ma di tutto il colonialismo (del passato e del presente) – con inevitabili riflessi – positivi – tra la numerosa gioventù ebraica statunitense. Non a caso il New York Times di oggi registra con preoccupazione un cambiamento di atteggiamento di molti di questi giovani nei confronti dello stato di Israele. Avanti così – con un modesto consiglio: non delegare mai la lotta negli Stati Uniti contro il proprio governo/stato e contro Israele alla sinistra del partito democratico.
Questa generazione rifiuta l’idea che Israele come entità sionista possa essere riformata, proprio come il movimento BLM rifiuta che istituzioni intrinsecamente e strutturalmente razziste come la polizia possano essere “riformate”.
In questi giorni, noi palestinesi di tutto il mondo stiamo vivendo un déjà vu, mentre guardiamo nuovamente il nostro popolo resistere alla cancellazione che Israele chiede con la forza di accettare, e sapendo che molti di noi moriranno.
Come madre ho pianto, leggendo il tweet di una madre di Gaza che fa dormire i suoi figli con lei “così che se dovessimo morire, moriremo insieme e nessuno di noi sopravviverebbe per piangere la perdita dell’uno o dell’altro”; o mentre leggevo di un padre che cercava di rassicurare sua figlia che gli chiedeva se la loro casa potesse essere distrutta durante la notte, dicendole che le bombe ” al buio non ci vedono “; mentre immagino l’indicibile terrore di essere una dei 2 milioni di persone stipate come sardine in una prigione a cielo aperto mentre le più avanzate armi di distruzione di massa vengono sganciate su di te. Avendo vissuto da bambina l’invasione israeliana e l’assedio di Beirut nel 1982, questo tipo di terrore è radicato nella mia memoria.
Insieme a questo dolore disperato e a questa rabbia impotente, provo anche un’energia familiare, la sensazione che “questo è” . Che non c’è ritorno. La verità è nuda. Il nostro popolo non può più contenere il bisogno di resistere a uno stato colonialista che da generazioni ha esercitato espropriazioni, oppressione e menzogne, vendute per giustificare la nostra disumanizzazione.
È simile ai sentimenti che sono emersi negli Stati Uniti la scorsa estate, quando l’ennesimo nero – George Floyd – è stato ucciso dallo stato in pubblico, in video, per 9 atroci minuti, e le comunità nere si sono alzate per dichiarare la fine della loro oppressione in una società profondamente razzista, una società costruita con il sudore e il sangue dei loro corpi sulla terra rubata ai popoli indigeni.
Questi sono i momenti in cui un popolo oppresso non ce la fa più. I neri e gli indigeni hanno sempre resistito alla loro cancellazione e oppressione. E così anche i palestinesi.
Quest’ultima rivolta palestinese rifiuta fermamente la conquista e la divisione del nostro popolo, legalmente e geograficamente, in appezzamenti di terra separati, assediati e discriminati, simili ai Bantustan dell’Apartheid in Sud Africa. Quest’ultima rivolta dichiara che tutta la Palestina storica è sotto qualche forma di occupazione e che ciò deve finire.
Gaza non è la più bella delle città, la sua spiaggia non è la più azzurra delle città arabe, le sue arance non sono le più belle del Mediterraneo. Non è la più ricca, la più raffinata o la più grande delle città. Gaza però vale la storia di una nazione. Perché è la più brutta, povera, disperata e furiosa agli occhi del nemico. Perché, tra noi, è la più capace di disturbare l’umore del nemico, perché è l’incubo del nemico, perché è arancio minato, bambini senza infanzia, anziani senza invecchiamento e donne senza desideri. E’ per questo che Gaza, per noi, è la più bella, pura, ricca e la più meritevole di amore.