Sabato 17 aprile l’Assemblea delle lavoratrici e dei lavoratori combattivi terrà un’importante iniziativa di contro-informazione, denuncia e organizzazione della lotta in difesa della salute delle masse sfruttate e della vita, a fronte di un capitalismo che si manifesta sempre più come necro-capitalismo, per dirla con i compagni sud-americani. L’intervento introduttivo – dedicato alle cause di questa pandemia – sarà tenuto da Rob Wallace, autore di due studi, Big Farms Make Big Flu e Dead Epidemiologists: on the Origins of Covid-19, giustamente considerati dei riferimenti necessari per inquadrare le cause strutturali della catena di epidemie con cui si è aperto il ventunesimo secolo. Per questa ragione riproponiamo qui un saggio di Wallace e altri (pubblicato in questo blog il 9 aprile scorso), che riassume i temi svolti in profondità nei due libri – senza che questo voglia significare, come ha frainteso qualche nostro lettore, farne l’alfa e l’omega della materia.
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Traduciamo dal sito della Monthly Review un saggio di Rob Wallace, Alex Liebman, Luis Fernando Chaves e Rodrick Wallace, un’anticipazione dal numero di maggio della rivista. Può suonare accademico l’approccio degli autori alle questioni macro- economiche e politiche, e si avverte l’assenza di un riferimento politicamente concreto alla classe che deve vivere del proprio lavoro, in tutta la complessità sociale, di genere, e “razziale” che ne definisce l’oppressione, materiale e simbolica, nella società contemporanea. Solo un concreto riferimento alla classe può infatti sostanziare le proposte di lotta degli autori. Ma la profondità della loro analisi, che rompe i confini disciplinari mostrando l’intreccio tra il ‘naturale’ e il ‘sociale’ nella genesi delle epidemie moderne, ed il repertorio di proposte che ne conseguono – proposte che rimandano alla necessità della rivoluzione sociale anti-capitalista – ne fanno un saggio di grande spessore.

Fonte: Monthly Review, 1 aprile 2020
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Il calcolo
Il Covid-19, la malattia causata dal coronavirus Sars-CoV-2, la seconda sindrome respiratoria acuta grave dal 2002, è ora ufficialmente una pandemia. Da fine di marzo le popolazioni di intere città sono chiuse in casa e uno ad uno gli ospedali vanno in fibrillazione congestionandosi per l’impennata dei ricoveri.
Al momento la Cina respira meglio, dopo che all’iniziale scoppio è seguita una contrazione (1). Lo stesso vale per la Corea del Sud e Singapore. L’Europa, in particolare Italia e Spagna, ma sempre più anche altri paesi, si piega già sotto il peso dei morti, sebbene si sia solo agli inizi dell’epidemia. America Latina e Africa iniziano solo ora ad accumulare casi; alcuni paesi si stanno preparando meglio di altri. Negli Stati Uniti – un punto di riferimento, anche se solo perché si tratta del paese più ricco nella storia mondiale – il prossimo futuro si presenta nero. Si prevede che il picco non verrà raggiunto prima di maggio, e già gli operatori sanitari e i visitatori degli ospedali fanno a cazzotti per accedere alle scorte in esaurimento di dispositivi di protezione individuale (2). Gli infermieri, a cui i Centri per il controllo e la protezione dalle malattie (CDC) hanno raccomandato – la cosa è allucinante– di usare bandane e sciarpe come mascherine, hanno già dichiarato che “il sistema è condannato” (3).