Nelle scorse ore è stata assassinata a Jenin, in un raid dell’esercito israeliano, Shireen Abu Akleh, l’amata voce dei palestinesi su Al Jazeera. Secondo il suo giornale, è stata uccisa a “sangue freddo”, colpita da un proiettile al volto ed è morta pochi minuti dopo il trasporto in ospedale, dove è arrivata in gravissime condizioni. Ali Samoudi, un altro giornalista palestinese che lavora per il giornale Al-Quds, è stato ferito alla schiena.
“Quello che sappiamo per ora è che il ministero della Salute palestinese ha annunciato la sua morte. Shireen Abu Akleh stava raccontando gli eventi che si stavano svolgendo a Jenin, in particolare un raid israeliano nella città, che si trova a nord della Cisgiordania occupata, quando è stata colpita da un proiettile”, ha dichiarato un rappresentante dell’emittente del Qatar.
Nelle ultime settimane questi raid sono diventati abituali perché lo stato di Israele ritiene che gli attentati compiuti di recente siano opera di palestinesi residenti a Jenin e dintorni. Jenin, una delle città più martirizzate dalle forze di repressione israeliane, ed in particolare il suo campo profughi, sono considerati un bastione delle componenti più militanti del movimento di lotta palestinese.
Appena pochi giorni fa, in un post ripreso anche da “Sinistra in rete” avevamo denunciato le crescenti provocazioni sioniste nella città di Gerusalemme, accompagnate dal consueto tributo di sangue, e altrettanto regolarmente coperte dal silenzio della famigerata “comunità internazionale”. Questa volta, trattandosi dell’assassinio di un volto molto noto in tutto il mondo arabo e temendo l’impatto della notizia, sia il premier israeliano Bennet che i suoi protettori di Bruxelles si dicono ufficialmente rattristati (immaginiamo quanto) e pronti a “indagini congiunte” per “fare luce” (!) sull’accaduto.
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