Nuove presentazioni di “La guerra in Ucraina e l’internazionalismo proletario” a Lucca e a Napoli

Dopo le riuscite, molto interessanti, vivaci presentazioni a Marghera, Piacenza, Genova, Torino, Verona e Milano, arriva la volta, nei prossimi giorni, di Lucca e Napoli; qui sotto i dettagli.

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“La guerra in Ucraina e l’internazionalismo proletario”. Presentazioni a Torino (18.11) e Milano (19.11)

A Torino – venerdì 18 novembre – ore 18.30 – corso Palermo, 60

CONTINUA LA CAMPAGNA CONTRO GUERRE E CAROVITA, DAI LUOGHI DI LAVORO AI QUARTIERI PER FORTI AUMENTI DI SALARIO E PER ORGANIZZARE L’OPPOSIZIONE ALL’ECONOMIA DI GUERRA

Insieme all’inchiesta operaia per conoscere le condizioni dei lavoratori, con assemblee e presidi dai magazzini alle fabbriche continua la preparazione per la mobilitazione di sciopero generale del 2 dicembre e manifestazione nazionale del 3 dicembre a Roma.

Per unirsi alla campagna – organizzando un’azione sul proprio luogo di lavoro e diffondendo il volantino tra i lavoratori, anche usando le bacheche sindacali – contattare il sindacato: inoltre, è possibile prenotare un posto per il viaggio verso Roma di a/r.

Venerdì 18 novembre, invitiamo tutti a partecipare all’incontro “Guerra in Ucraina ed internazionalismo proletario” – alle ore 18.30 nella sede di corso Palermo 60 – allargando la partecipazione per questo primo incontro di approfondimento teorico e discussione operativa.

A Milano – sabato 19 novembre, ore 15.00, viale Monza 140

28 anni più 3 per due ordigni rudimentali, con zero feriti; Askatasuna; Collot ed altro: “giustizia” borghese da primi tempi di guerra

Atti repressivi di differente portata, ma uniti da un filo nero: l’intensificazione della repressione nei confronti di ogni forma di azione che possa dare fiato all’antagonismo di classe o, almeno, alla solidarietà di classe.

Tutto nell’arco di 4 giorni.

Il 9 luglio, a Treviso, la Corte di Assise condanna l’anarchico spagnolo Juan Antonio Sorroche Fernandez a 28 anni di carcere (il compagno è già recluso a Terni) più 3 anni di libertà vigilata per avere piazzato due ordigni rudimentali davanti alla sede della Lega Nord a Fontane di Villorba (Treviso). Non stiamo ora a dire che non la pensiamo come lui e i compagni anarchici della Federazione anarchica informale – Fronte rivoluzionario internazionale che rivendicò l’atto, sul valore e la funzione di questi gesti separati dai movimenti reali (o da essi non sostenibili). Ci interessa altro qui, mettere in luce la provocatoria enormità della pena inflitta a Sorroche Fernandez ricordando le circostanze dei fatti.

Era il 12 agosto 2018. Solo uno dei due ordigni esplose, ma doveva trattarsi di una ben modesta esplosione se gli stessi investigatori ammettono che “non era stata udita da nessuno”, e quindi – come scrive perfino la stampa corriva – “l’attentato, se concepito con la teoria del doppio colpo, era fallito”. 28 anni più 3 di carcere per un’attentato fallito…

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A Torino, Milano e Napoli la polizia attacca i cortei studenteschi, ma non riesce a disperderli

Napoli

La giornata di lotta studentesca per protestare contro la morte di Lorenzo Parelli e contro “l’alternanza scuola-lavoro”, ha visto due protagonismi contrapposti.

Da un lato settori studenteschi non numerosissimi ma incazzati e combattivi nelle principali città, affiancati da gruppi di disoccupati, di precari e in qualche caso, come a Milano, di proletari della logistica, a denunciare un andazzo della scuola sempre più aziendalista e subordinata agli interessi padronali attraverso la fornitura di lavoro gratuito spremuto in modo cinico fino anche alla morte.

Dall’altro forze di polizia intente – su ordini univoci dall’alto, evidentemente – a intimidire i dimostranti con aggressioni a freddo per impedire loro di manifestare la propria rabbia davanti alle sedi di Confindustria, degli uffici scolastici o di altri luoghi istituzionali (“assassini, assassini”, il coro più ripetuto nelle varie piazze).

Roma, Torino, Milano, Napoli – stesso scenario. Dicono bene i compagni del Fronte della gioventù comunista presenti oggi in diverse piazze: “il governo difende il lavoro minorile gratuito a colpi di manganello“. Non c’è alcun bisogno che al ministero dell’interno ci sia un Salvini perché si faccia uso dei manganelli. Da anni c’è una donna di potere con una lunga esperienza di repressione, che sa fare il suo mestiere in maniera altrettanto, se non più, scientifica. Ed è in sella un governo – che senza avere alcun bisogno di imbarcare la Meloni e FdI – è determinato a colpire ogni embrione di lotte autentico: com’è accaduto nelle scorse settimane alle lotte contro FedEx, contro Unes, ai militanti no Tav solidali con gli emigranti e, a Trieste, ad un movimento “no green pass” che rischiava di collegarsi con l’iniziativa del sindacalismo conflittuale con, e subito dopo, lo sciopero dell’11 ottobre.

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Repressione statale 2 – Operazione No Tav, Torino

Dal sito No Tav

Si sa, procura e questura torinesi non smettono mai di stupire. A quasi due anni dai fatti questa mattina la polizia ha eseguito tredici misure cautelari nei confronti di attivisti No Tav e giovani impegnati nelle lotte sociali in città nell’ambito di un’indagine sul Primo Maggio del 2019.

Fu un Primo Maggio particolare quello del 2019, il TAV era un tema centrale del dibattito politico di quei mesi. Nell’autunno precedente erano venute allo scoperto le “madamine”, operazione a freddo del sistema Si Tav per rappresentare un’inesistente base sociale favorevole all’opera. Il bluff era stato svelato e ridicolizzato con la grande manifestazione dell’8 dicembre a Torino che aveva visto decine di migliaia di persone riempire le strade della città per gridare forte il proprio NO.

La retorica che andava per la maggiore e che vedeva tra i suoi promotori il PD e i sindacati confederali nella loro interezza, insieme alle destre di ogni colore e alla Confindustria, era che la grande opera inutile avrebbe portato lavoro e progresso, pura propaganda smentita dai fatti (e persino da alcuni ormai noti rapporti europei). A quella retorica il movimento No Tav ha sempre opposto la considerazione per cui “c’è lavoro e lavoro”, cioè esistono lavori degni che si prendono cura del territorio, della salute collettiva, di ciò che è utile, bello e giusto e ci sono lavori che invece devastano, inquinano, sfruttano e riproducono la violenza dell’uomo sull’uomo e sulla natura.

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