Rotte le trattative dei metalmeccanici. La parola deve passare alla lotta! (SI Cobas)

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Lo stallo delle trattative sui rinnovi contrattuali non viene dal nulla, ma è il prodotto di un’offensiva padronale di lunga durata tesa a scardinare definitivamente impianto e significato dei CCNL, e a cancellare l’organizzazione operaia sui luoghi di lavoro.

Proprio mentre scrivevamo quest’articolo, abbiamo appreso della rottura delle trattative sul rinnovo del CCNL metalmeccanici, con l’abbandono del tavolo da parte di Federmeccanica e la proclamazione di 6 ore di sciopero da parte di Fiom, Fim e Uilm, suddivise in 2 ore di fermo nell’immediato sotto forma di assemblea e 4 di sciopero nazionale di categoria per il prossimo … 5 novembre.

Nel rilevare come anche di fronte a uno schiaffo di tale violenza per i vertici confederali la prudenza non sia mai troppa, va altresì evidenziato che in diverse fabbriche sono partiti scioperi spontanei non appena si è diffusa la notizia della rottura delle trattative.

Per comprendere la dinamica che ha portato a questo esito occorre però riavvolgere il nastro degli eventi degli ultimi due anni, al fine di comprendere il reale nodo della questione.

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Fincantieri: un successo dopo l’altro, un assassinio sul lavoro dopo l’altro.

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Nelle scorse settimane c’è mancato poco che Fincantieri riuscisse ad insediare al ministero degli esteri il suo presidente, l’ambasciatore Massolo, già alla testa dei servizi segreti. Sarebbe stato il coronamento di una marcia trionfale che negli ultimi anni – con il sostegno determinante delle casse statali, e cioè della fiscalità generale – ha fatto di questa azienda un’azienda globale, ai primi posti nella cantieristica mondiale, specie nella produzione di navi da crociera. Non solo sul giornale della Confindustria e sul Piccolo di Trieste, che è un bollettino di Fincantieri, ma su su tutti i giornali, non si trova altro che la celebrazione continua dei successi di Fincantieri e del suo eterno boss Bono.

L’altra faccia della medaglia, invece, il super-sfruttamento del lavoro in appalto e immigrato (dal Sud Italia e da una miriade di paesi esteri), è sistematicamente oscurata o ridotta a semplice cronaca locale quando accade qualche infortunio grave, o quando qualche ditta degli appalti viene scoperta in così forte odore (puzza) di mafia che la magistratura non può far finta di niente – come fa di solito.

Questa totale complicità tra Fincantieri e sistema dei mass media ha rapidamente silenziato anche due recenti omicidi sul lavoro, e un terzo sfiorato, verificatisi nell’arco di un solo mese. È il mese in cui è nato il governo Lega-Cinquestelle, che nelle 56 pagine di contratto non ha inserito neppure una parola sulla crescita degli “omicidi bianchi” e degli infortuni. Evidentemente, è cosa che non li riguarda: la danno completamente per scontata e necessaria. Continua a leggere Fincantieri: un successo dopo l’altro, un assassinio sul lavoro dopo l’altro.

Fincantieri: un progetto padronale lungo vent’anni

Fincantieri: un progetto padronale lungo vent’anni è andato in porto. E questo pone nuovi compiti di lotta e di organizzazione.

Con l’acquisto dei Chantiers de l’Atlantique di Saint-Nazaire (in Francia) e gli accordi con la China State Building Corporation per la costruzione in Cina di navi da crociera per il mercato cinese, Bono&Co. hanno portato a termine con successo un piano di sviluppo della Fincantieri di lungo corso, che ha rafforzato l’azienda facendone una vera impresa transnazionale nel settore cantieristico, civile e militare, anzi “il principale costruttore navale occidentale”. Bisogna prenderne atto. Le direzioni di Fiom-Fim-Uilm lo fanno per applaudire calorosamente il boss, spargere tra i lavoratori altro veleno aziendalista e formulare richieste ultra-nazionaliste (i cantieri italiani e il lavoro di qualità italiano prima di tutto!). Anche noi ne prendiamo atto. Ma convinti come siamo che Fincantieri è andata avanti solo perché è riuscita a ricacciare indietro la condizione e l’organizzazione operaia nei suoi cantieri, lo facciamo per proporre ad altri compagni e lavoratori, in Italia e fuori dall’Italia, il lavoro da svolgere insieme per la ripresa e l’internazionalizzazione dell’organizzazione e della lotta operaia contro il padrone-Fincantieri, divenuto più arrogante che mai, e contro l’internazionale del capitale, di cui è parte.

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Il progetto iniziale dell’azienda, formulato negli anni di crisi, era in realtà molto diverso da quello che, strada facendo, è venuto fuori. Ma l’orientamento iniziale di accettare il ridimensionamento dell’azienda, con la chiusura di due o addirittura tre cantieri in Italia, ha poi lasciato il posto alla politica del “presidio” di tutte le richieste provenienti dal mercato, sicché Fincantieri, con l’aiuto determinante dello stato, ha preferito tagliare alcune migliaia di posti di lavoro, mantenendo però, per ora, attivi tutti i suoi siti produttivi in Italia. Questa scelta strategica – “presidiare” tutti i segmenti della produzione navalmeccanica, dalle navi extra-lusso ai sommergibili – ha portato anche, in seguito, all’acquisizione, con alterna fortuna, di cantieri e produzioni in tutti i continenti, esclusa per ora solo l’Africa. Anche l’acquisto dei grandi cantieri francesi di Saint-Nazaire rientra in questa strategia.

La politica industriale di Fincantieri è mutata nel momento in cui il gruppo ha intuito che il comparto della cantieristica, dato per maturo o addirittura decotto, aveva invece importanti prospettive produttive, anche come indotto. E ha compreso che, per cogliere al meglio le opportunità alla scala mondiale, era decisivo costruire rapporti privilegiati con due paesi della massima importanza come la Cina e gli Stati Uniti, e  puntare sullo sviluppo del comparto militare in Italia e all’estero. Esattamente quello che Bono&Co. sono riusciti a fare negli ultimi cinque-sei anni. Ma procediamo con ordine. Continua a leggere Fincantieri: un progetto padronale lungo vent’anni

Fincantieri: il voto sull’accordo segnala lo scontento operaio e la crescente distanza tra i lavoratori e FIOM-FIM-UILM

Nei giorni scorsi si è votato negli stabilimenti Fincantieri sull’accordo siglato il 24 giugno tra il padrone e FIOM-FIM-UILM. Il no ha prevalso largamente a Monfalcone (61%) e di poco anche ad Ancona; a Marghera, Palermo e Riva Trigoso la percentuale dei no è stata vicina al 50%. Il sì ha prevalso nettamente a Muggiano (61%), Castellammare di Stabia (68%), Sestri Ponente (84%) e nella controllata Isotta Fraschini; oltre che, ovviamente, nelle direzioni di Trieste (civile) e Genova (militare), dove sono concentrati dirigenti, quadri e impiegati. La partecipazione al voto nei cantieri produttivi è stata variabile: l’85% ad Ancona, l’80% a Riva, Marghera e Palermo, sotto il 70% a Monfalcone. Nel complesso dei votanti ha prevalso il sì con il 58,5%, a fronte del 41,5% al no.

Come si vede, la situazione è molto frastagliata, con un solo dato abbastanza omogeneo: la forte quota di no da parte degli operai dei cantieri maggiori, tradizionalmente i più combattivi, che è un chiaro sintomo del malcontento operaio per quanto prevede l’intesa, e della crescente distanza tra i lavoratori e le burocrazie di FIOM-FIM-UILM – è crescente la distanza anche dagli stessi delegati RSU che si erano espressi all’84,2% per il sì, 64 su 76. Questo malcontento non è, però, omogeneo nelle sue motivazioni. A Monfalcone il tema più controverso è stata, infatti, la sostituzione dei 70 euro in busta paga con prestazioni di ‘welfare aziendale’, mentre solo a Marghera l’attenzione è stata concentrata sulla questione-chiave: il primato assoluto che l’accordo dà ai traguardi di produttività e di redditività fissati in modo unilaterale dall’azienda, a cui tutti gli aspetti della attività produttiva nei cantieri devono essere rigorosamente subordinati. Continua a leggere Fincantieri: il voto sull’accordo segnala lo scontento operaio e la crescente distanza tra i lavoratori e FIOM-FIM-UILM

Accordo Fincantieri. No! Per voi e per tutti i lavoratori!

Lavoratori, lavoratrici, le assemblee di venerdì hanno messo in mostra tutta la difficoltà dei dirigenti sindacali a sostenere che l’accordo del 24 giugno è un buon accordo, o almeno un accordo dignitoso.

In effetti, con piccole modifiche, l’accordo del 24 giugno è quello che il padrone-Fincantieri pretendeva fin dall’inizio, perche prevede: produttività, produttività, e ancora produttività, quindi il generale peggioramento delle condizioni di lavoro; un salario ridotto e sempre più incerto, perché subordinato ai profitti aziendali; deroghe (in peggio) al contratto nazionale; il pieno mantenimento della giungla degli appalti, dove la sola legalità è quella del super-sfruttamento; maggiori controlli sui lavoratori; e il cosiddetto ‘welfare aziendale’, cioè una massa di soldi tolti dal salario diretto e messi in mano a nuovi enti e carrozzoni, che dovranno lucrare sui diritti acquisiti dei lavoratori. Continua a leggere Accordo Fincantieri. No! Per voi e per tutti i lavoratori!