Riparte la produzione degli F35: decisione inaccettabile sulla pelle dei lavoratori

Gli F-35A della Hill AFB conducono una massiccia esercitazione al ...

Il 29 marzo è ripresa la produzione degli F35 alla Leonardo di Cameri (riportiamo qui sotto il comunicato della campagna Sbilanciamoci!). Una produzione di “beni” che la società e il governo italiano ritengono essenziali e fondamentali! Non possono certo essere messe a rischio le commesse (di morte), ripetono all’unisono, ma la salute degli operai, come quella della maggior parte dei lavoratori, disoccupati, donne, sfruttati e lavoratori immigrati che, in questi mesi, si ammalano e muoiono nei campi, nelle fabbriche e nei posti di lavoro, a casa e in ospedale: quella sì!

Non curanti di tutto ciò, gli stessi responsabili di questa ennesima e profonda crisi sanitaria, padroni e governo, nei prossimi 6 anni promettono di produrre nuovi blindati, elicotteri e missili, con una spesa pari all’acquisto di 4.200 letti ospedalieri in più che potremmo e dovremmo avere e che invece vengono sacrificati a favore della spesa militare “essenziale”. Come da copione in questi anni Cgil, Cisl, e Uil, a produzione ripresa, si sono affrettati e stretti intorno al signor padrone per non mettere a rischio le commesse e il sistema Italia, preannunciando e assicurando che sarebbero stati solerti nel fare controlli costanti per garantire che fossero garantite le misure di sicurezza per i lavoratori.

Garantite le misure di sicurezza? E il bollettino di guerra, del capitale contro il lavoro vivo, delle migliaia di morti di lavoratori/trici all’anno per mancanza di sicurezza? Dai, non prendeteci per i fondelli! Costoro, insieme a Confindustria e al governo, fanno orecchie da mercante fingendo di non sapere quello che è oramai una verità triste sulla bocca di tutti: cioè che la catena esponenziale dei contagi e dei ricoveri è avvenuta e sta avvenendo proprio perché le fabbriche continuano a restare aperte e i lavoratori italiani e immigrati a stare non a casa, ma sulle catene di montaggio, nei magazzini, nei campi, nei posti di lavoro. C’è un 10% del Paese, costituito dai banchieri, dai paperoni italiani, dai finanzieri, dalla Confindustria, dai palazzinari, dai pescecani delle assicurazioni, dai manager delle aziende italiane che hanno portafogli strapieni di denaro estorto dal lavoro gratuito degli operai che possono tranquillamente scegliere in quale clinica privata curarsi.

C’è, invece, un’altra parte del Paese, il l’90%, fatta da milioni di lavoratori, disoccupati, sfruttati, immigrati, medici, infermieri, OSS, donne delle pulizie che non hanno, invece, mascherine, guanti, dispositivi di protezione, posti letto, ventilatori per non ammalarsi e morire. E’ questo 10% il responsabile per i tagli operati in 30 anni al sistema sanitario pubblico compromettendo pesantemente il nostro diritto alla salute. È sempre questo 10% che invoca, ora, per ripartire, di aumentare la spesa militare, e non interrompere la produzione di F35.

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Comunicato Sbilanciamoci!, Rete Disarmo e Rete della Pace ( 30 marzo 2020)
Riparte la produzione degli F35: decisione inaccettabile sulla pelle dei lavoratori!

Da oggi è ripartita nello stabilimento di Cameri la produzione dei cacciabombardieri F35.

Nonostante le richieste di questi ultimi giorni delle nostre campagne e reti, da associazioni e organizzazioni della società civile il gruppo Leonardo ha deciso – sfruttando il consenso preventivo e “in bianco” ottenuto dal governo – di riaprire lo stabilimento di assemblaggio e certificazione finale in provincia di Novara, con circa 200 operai presenti.

E’ inaccettabile che – rischiando di far ammalare centinaia di lavoratori – sia stata presa la decisione di continuare le attività industriali relative a un cacciabombardiere d’attacco che può trasportare ordigni nucleari: non è certamente una produzione essenziale e strategica per il nostro Paese, in particolare in questo momento di crisi sanitaria.

Leonardo fornisce come motivazione il rischio che – in caso di sospensione delle attività – si possano perdere commesse e posti di lavoro. Giustificazioni risibili e poco realistiche: le commesse in corso sarebbero solo sospese e inoltre con tutto il mondo fermo per coronavirus è difficile ipotizzare che si realizzino fantomatiche cancellazioni motivate da semplice ritardo.

Ne deriva dunque anche la falsa motivazione legata alla perdita di posti di lavoro, che invece è il solito stratagemma del “ricatto occupazionale” da sempre utilizzato dall’industria militare. E comunque si tratterebbe dello stesso rischio che stanno vivendo migliaia di imprese e milioni di lavoratori e professionisti che sono a casa seguendo correttamente le indicazioni di distanziamento sociale del governo, ma che rischiano di finire in cassa integrazione e poi – magari – di perdere davvero il posto di lavoro.

Mentre il Paese avrebbe bisogno di mascherine, ventilatori, professionalità e materiale sanitario si rischia di far ammalare i lavoratori per un cacciabombardiere. Una scelta sbagliata e inaccettabile.

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